Così le lobby e la burocrazia stanno frenando le liberalizzazioni

ROMA – Che fine ha fatto lo sconto sull’assicurazione per chi fa mettere sulla macchina la scatola nera? Non c’è, non si sono messi d’accordo su chi debba pagare quell’apparecchietto in grado di registrare i movimenti dell’auto. E i medicinali di fascia C da vendere nelle parafarmacie? Ne sono stati sbloccati 220 ma qualche vantaggio l’avrà solo chi, poveretto, soffre di emorroidi. Nel listone ci sono il Daflon e l’Arvenum, utilizzati appunto dai pazienti di cui sopra. Gli altri sono tutti farmaci quasi inutilizzati. Per non parlare dei taxi. Il primo passo per l’aumento del numero delle licenze dovrebbe essere fatto dalla nuova Autorità dei trasporti. Ma l’Autorità non c’è perché i partiti continuano a litigare su chi debba accomodarsi su quelle poltrone. Visto che nel governo siedono diversi appassionati di musica classica, il paragone ci può stare: il decreto sulle liberalizzazioni mette insieme i nomi di due famose sinfonie di Schubert, la Grande e l’Incompiuta. Un progetto ambizioso che però è rimasto a metà. Quando il dossier stava muovendo i primi passi, e gli obiettivi erano ancora più avanzati di quelli poi approvati in consiglio dei ministri, i numeri erano davvero da Grande. Il governo citava l’Ocse e diceva che, allineandoci agli standard dei Paesi più virtuosi, sarebbe stato possibile nel lungo periodo far crescere il Pil del 11%, l’occupazione dell’8%, i salari in termini reali del 12%. Le associazioni dei consumatori stimavano un risparmio di almeno mille euro l’anno a famiglia. Un’esagerazione? Probabile. In ogni caso il Cresci Italia, nome pop per il decreto scelto direttamente da Mario Monti, ha perso per strada più di un pezzo. C’è stato l’assalto delle lobby in Parlamento, con tanto di transenna al Senato per tenere a bada i cosiddetti sottobraccisti. La mediazione con le categorie (ricordate l’assedio dei tassisti a Palazzo Chigi?), quella con i partiti, sempre più difficile con l’avvicinarsi delle elezioni e il «ritorno» della politica. E, dopo la conversione in legge del 24 marzo, la difficoltà di rendere davvero operativi quei 98 articoli. Qualche settimana fa il Sole 24 ore ha calcolato che su 53 regolamenti attuativi ne erano stati emanati soltanto 11. Da allora qualcosa è cambiato, ma non molto.Professionisti. Per avvocati e notai la legge ha cancellato le tariffe minime. Il compenso può essere fissato liberamente tra le parti anche se è stata scartata l’ipotesi del preventivo scritto. Qualche giorno fa il ministro della Giustizia Paola Severino, parlando al congresso dei notai, ha annunciato una nuova modifica. Nel decreto ministeriale sulle modalità di calcolo dei contributi, ha detto, sarà possibile «rivedere ciò che in questi mesi si è dimostrato davvero critico». Non una nuova edizione delle tariffe minime su cui «non dobbiamo tornare indietro». Ma la possibilità di prevedere qualche meccanismo, come gli scaglioni per gli atti immobiliari, che metterebbe più di un paletto alla libera contrattazione tra notaio e cliente. Farmacie. Non c’è solo il mini sblocco dei medicinali della ex fascia C, con obbligo di prescrizione e a carico del paziente, che il presidente delle federazione parafarmacie Giuseppe Scioscia definisce una «presa per i fondelli». La legge diceva anche che sarebbero state aperte altre 5 mila farmacie ma al momento i bandi sono stati pubblicati solo da quatto regioni: Lombardia, Veneto, Liguria e Lazio. Le parafarmacie hanno fatto ricorso al Tar chiedendo di poter vendere tutti i medicinali di fascia C, come il governo aveva ipotizzato in un primo momento. Hanno vinto il primo round a Milano, Reggio Calabria e Catania, la questione è stata girata alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia europea. La liberalizzazione potrebbe arrivare solo per via giudiziaria. Taxi. Il capitolo, dall’impatto limitato ma simbolico, era già stato ammorbidito in corso d’opera. All’inizio si era pensato che dovesse essere la nuova Autorità dei trasporti a decidere l’eventuale aumento del numero delle licenze, per aggirare le resistenze dei tassisti che spesso bloccano i sindaci. Alla fine il potere dell’Autorità è stato ridotto ad un semplice parere non vincolante, a decidere restano i sindaci. Ma al momento nemmeno questo è possibile. L’Autorità non c’è perché i tre componenti proposti dal governo sono stati bocciati dalla «strana maggioranza», innescando una guerra di veti incrociati tuttora in corso. L’Autorità non ha competenza solo sui taxi ma anche sul trasporto pubblico locale e sui treni.Assicurazioni. Non manca solo la scatola nera con relativo sconto. Restano ancora da attuare pienamente l’unificazione della tariffa Rc auto su tutto il territorio nazionale, e la banca dati dei danneggiati e dei testimoni, un deterrente alle truffe che come effetto finale dovrebbe abbassare i prezzi. È stato emanato, invece, il regolamento che obbliga a rendere disponibile il preventivo on line di altre compagnie al momento della firma della polizza. Ma è stato impugnato davanti al Tar che non si è ancora pronunciato. Benzinai. Entro la fine dell’anno il self service dovrebbe coprire l’intera rete e questo è un risultato anche se, prima del decreto, eravamo già all’80%. La legge dice anche che bisogna definire un percorso che consenta ai gestori di stare sul mercato in «condizioni eque e non discriminatorie». Formula vaga che indica la possibilità di comprare il carburante dalla compagnia che offre il prezzo migliore, per poi trasferire questo vantaggio al consumatore. «E invece non è cambiato nulla» dice Roberto Di Vincenzo, presidente di Fegica, la federazione dei gestori che aderisce alla Cisl. Con un altro buco: «Per legge – dice il sindacalista – chi paga il pieno con la carta di credito non dovrebbe avere nessun costo aggiuntivo fino a 100 euro. E invece si paga lo stesso. Le banche dicono che il servizio non può essere a costo zero». Un mese fa, pur riconoscendo al governo Monti di aver accelerato, l’Antitrust ha detto che sulle liberalizzazioni bisognerebbe fare di più. Resta però la vera domanda di fondo: ma tutto questo si sente poi nelle tasche dei cittadini? La Cgia di Mestre ha calcolato che dal 1990 al 2011 con le liberalizzazioni gli italiani ci hanno rimesso: nei settori aperti alla concorrenza la spesa è salita di 280 euro l’anno a famiglia. E anche questa, a veder bene, è una famosa sinfonia. Non la Grande, non l’Incompiuta. Ma un’altro capolavoro di Schubert, la Tragica.

Di – Lorenzo Salvia

Fonte Corriere della sera.

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