Il film della settimana: “Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato

Il volto di un’altra

Pappi Corsicato continua a non essere preso sul serio dal cinema italiano. Passata la sbornia per i Vesuviani, il movimento-non-movimento inventato dalla stampa per raccontare cosa succedeva a Napoli quando Corsicato, Martone, Capuano, Dionisio e De Lillo muovevano i loro passi nel mondo del cinema italiano, il regista de I buchi neri non solo ha continuato a muoversi ai margini della produzione nazionale, ma ha progressivamente sviluppato un cinema fortemente politico e formalmente avanzato.

Guai, però, a dirlo troppo forte. Per molti, troppi, Corsicato è ancora il pazzariello che gioca a fare l’Almodovar napoletano anche se fra i due esistono differenze abissali. Tanto per dirne una, lo spagnolo non ha mai osato un film visionario e sperimentale come Chimera. Ma tant’è.

A osservare da vicino la filmografia di Corsicato, dall’esordio di Libera che regalò al nostro cinema la geniale Iaia Forte, si nota una progressione formale irresistibile. Sempre renitente alla tentazione di ripetersi, il regista ha dato corpo a un universo filmico unico e originale.

Dotato di uno sguardo strategicamente impuro, in grado di coniugare la cinefilia più esigente con le innovazioni del design e dell’alta moda, Corsicato ha dato vita a un vero e proprio cinema dell’inorganico attraversato da profonde scosse di erotismo insurrezionale.

Nel suo cinema gli oggetti, in perfetta coerenza con i presupposti di una società terminalmente capitalista, hanno usurpato il posto dei corpi. I corpi, di conseguenza, diventano oggetti, del desiderio o meno, entrando, di fatto, a far parte di un’agghiacciante panorama post-umano dove la cristallizzazione della vita è messa in scena come in una sfilata di zombi d’haute couture.

In tutto questo il cinema si offre, ancora una volta, come il segno di una passione insopprimibile. Una passione che ovviamente è anche una disubbidienza, un’insopprimibile tensione al caos.

In questo senso Il volto di un’altra, ispirato alla lontana al classico Tanin no kao di Hiroshi Teshigahara, esplicita il pensiero-cinema di Corsicato con una precisione ineccepibile. Mettendo in luce, ancora una volta, per coloro che ancora non hanno compreso, la natura politica del suo cinema.

Con una leggerezza da puro genio situazionista della pop-art, Corsicato racconta la storia di una diva sul viale del tramonto dell’audience, sposata con un chirurgo plastico, che dopo essere miracolosamente scampata a un’incidente, decide comunque di fingere di essere sfigurata pur di rilanciare la trasmissione tv del cinico consorte.

Detto della geniale performance di Laura Chiatti che pronuncia probabilmente la più bella battuta dell’anno (ammesso che odiate le ballerine) e di un Preziosi che tira fuori uno charme infido e velenoso come un Karlheinz Böhm d’antan, Corsicato, giocando di citazioni e rimandi visivi, mena fendenti con gioia assoluta coadiuvato dalla complicità di Iaia Forte che si presta per una meravigliosa gag che nemmeno Bombolo e Nando Cicero dei tempi d’oro!

Il volto di un’altra è il cinema italiano che brucia gli steccati fra impegno e divertimento, producendo una geniale ventata d’irriverenza che urla il primato dello stile e dello sguardo.

Il cinema secondo Pappi Corsicato è la resistenza all’idiozia e alla banalità. È il piacere dell’intelligenza che si fa segno e provocazione. È il rifiuto di cedere al discorso dominante.
Insomma: Pappi Corsicato continua a fare cinema in un paese in cui se ne fa sempre meno ma in compenso se ne parla tantissimo.

di Giona A. Nazzaro

Da /micromega-online

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