I PAESI DEL PARCO – Viggianello

Viggianello

Viggianello

Storia

Le prime testimonianze parlano di un Castrum Byanelli, presidio romano sulla via Popilia. Il toponimo deriva infatti dal possessivo gentilizio romano Vibianus, diminutivo di Vibius. Secondo una leggenda barbarica, invece, si racconta che una regina barbara di passaggio sulle sponde del Mercure, intenta a dissetarsi alle fonti del fiume, fece cadere l’anello nuziale in acqua. Ordinò così ai suoi fedeli di setacciare in ogni dove il fondo del fiume e quando uno di questi intravede l’anello rispecchiarsi tra le acque, non può che esplodere in un urlo incontenibile di gioia: “Vidi anello, regina!” E la regina poté riprendere felice il cammino non prima di aver battezzato quel luogo in “Vidianello”.

Antica via Popilia

Nella “Bolla di Alfano”, arcivescovo di Salerno, del 1079 si trova per la prima volta il toponimoVineanellum. Dalla stessa si apprende anche che Viggianello faceva parte della Diocesi di Policastro, oggi Policastro Bussentino (frazione di Santa Marina). Il toponimo Vinea-nellum starebbe ad indicare la particolare dedizione del terreno agricolo viggianellese caratterizzato, all’epoca, dalla mancanza di vigne.

Un documento greco del 1132 riporta il toponimo Bigianitu. Dal registro della cancelleria angioina (anni1278 – 79) è riportato il toponimo Byanelli. Ma già in tempi di dominazione aragonese, documenti del1483 e del 1494 riportano il nome Viggianello. Dal XII al XV secolo si può così ricostruire la trasformazione graduale del nome, secondo questa probabile successione: Byanellum, Byanelli, “Vincianelli”, “Vingianello”, “Viggianello”.

Un’ulteriore ipotesi è che il nome potrebbe derivare da un legno speciale della zona che serviva per produrre armi da guerra, il Vincaliellum.

Le origini del paese sono poco chiare. Fonti parlano di primi insediamenti di monaci basiliani risalenti al X secolo: l’Eparchia monastica del Mercurion vi promosse un incisivo processo di antropizzazione ed evangelizzazione le cui testimonianze – cappelle ipogee e laure eremitiche – sono tuttora presenti sul territorio comunale. Ma l’origine storica è sicuramente da ricercare nei secoli precedenti. Altre fonti, infatti, assicurano che sia stato fondato da profughi achei in conseguenza della distruzione di Sibari o ai torbidi della seconda guerra punica divenendo, secondo Tito Livio, roccaforte romana sulla via Popilia. Questa è una ricostruzione storica avallata dalla presenza su tutta l’area agricola della “Spidarea” e della Serra di ritrovamenti di insediamenti abitativi di piccola-media dimensione. In particolare, nella località “Spidarea” sono venuti alla luce numerosi reperti di superficie (frammenti di vasi a figure rosse, monete, armi, fondamenti e lastricati di abitazioni). Da dicerie locali risulta essere quello il luogo in cui sorgeva in passato il “paese” distrutto da un “diluvio”. Anche la Geografia di Tolomeo riporta un insediamento preromano nel territorio viggianellese di probabile origine greco-achea. La presenza umana sul territorio si consolida con l’arrivo dei Romani. I nuovi conquistatori realizzarono sul colle dell’attuale Viggianello, proprio dove più tardi sarà edificato il castello, un castrum con funzione di contenimento e sbarramento delle popolazioni lucane che si apprestavano a conquistare l’area. I Lucani, giunti dal Sannio, approdarono presto anche nella Valle del Mercure mettendo in crisi chi in quei luoghi si era accasato.

Ai Romani subentrarono i Longobardi ed i Bizantini. Il colle viggianellese da sede di castrum diventa kastrion, ovvero luogo fortificato abitato da agricoltori. Avanzi del kastrion bizantino si notano nel rione Cella e Ravita. La presenza bizantina è attestata anche da numerose laure eremitiche abitate dai monaci basiliani e da numerosi ruderi di antiche chiese e conventi. Ai bizantini succedettero i Saraceni di Hel-Assan che si insediarono nell’attuale rione Ravita (il toponimo Ravita è presente anche a Lauria, Tricarico, Tursi e Nocara, era il quartiere dei Saraceni ed ha il significato di “borgo”). I Saraceni costrinsero i monaci eremiti a spostarsi dal Mercurion al Latinianon usando i percorsi greco-romani che dalla Valle del Mercure conducevano alla Valle del Sinni passando ai piedi del colle viggianellese lungo la collina della Serra.

Con i Normanni comincia a consolidarsi l’insediamento sulla collina di Viggianello grazie alla creazione della roccaforte con torre quadrata (tipica dell’architettura normanna) e della chiesa del castello dedicata a San Nicola (di cui restano oggi solo pochi ruderi). Viggianello rientra nei possedimenti della principessa Mabilia, figlia di Roberto il Guiscardo e moglie di Guglielmo di Grundmesnil, per poi passare alla famiglia feudale Chiaromonte che teneva nel feudo pedemontano suoi vassalli e soldati.

Successivamente Carlo d’Angiò donò il Castrum Byanelli a Goffredo Sarzin, suo cancelliere e ciambellano. Da Sarzin passò alla figlia Isabella di cui questa fu, però, presto privata. Nuovo feudatario di Viggianello diventò Roberto de Altricia (Roberto Autriasche). In età angioina Viggianello divenne luogo di asilo degli abitanti della Valle dell’alto Mercure. Gli Svevi consolidarono la roccaforte che assunse le sembianze dei tipici manieri federiciani. Nel castello di Viggianello dimorò anche l’imperatore Federico II. Dal XV secolo Viggianello è feudo della nobile famiglia dei Sanseverino, principi di Bisignano (Antonio, Giacomo, Bernardino, Luigi, PietroAntonio, Aurelia, Violante) per poi passare in mano ai Della Ratta, famiglia feudale originaria di Barcellona. Con gli Aragonesi inizia una fase negativa per il centro lucano, infeudato alla famiglia Bozzuto, la più avida del casato aragonese.

Nel XV secolo la fortezza di Viggianello fu espugnata dal Gran Capitano Consalvo de Cordoba e riannessa ai possedimenti che la monarchia diSpagna vantava in Italia. Il centro storico è costellato da numerosi nuclei abitati di diverse dimensioni, una tipologia di insediamento anomala, che caratterizza ancor oggi questo territorio, peraltro storicamente sempre documentata, come attestano alcune carte del 1797.

Durante il breve governo della Repubblica Partenopea del 1799, quando il comune era menzionato col nome di Aviglionello, rientrò nell’ordinamento amministrativo del dipartimento del Crati e, a livello più strettamente locale, del cantone di Lauria. La dinastia borbonica del Regno di Napoli, ritornata al potere, cadde nuovamente pochi anni dopo e Viggianello si organizzò in comune nel 1808 secondo i nuovi emendamenti francesi; partecipò, poi, attivamente alle fasi dell’unità d’Italia. In particolare queste terre furono teatro di scontro fra briganti ed esercito piemontese: l’oralità conserva ancora gesta ed aneddoti di uccisioni, razzie, battaglie e imboscate.

Monumenti e luoghi d’interesse

Le chiese ed i monasteri

Chiesa Madre di Santa Caterina d’Alessandria

Oltre alle numerose chiesette di campagna edificate in epoca bizantina nei diversi villaggi agricoli, si può affermare che la più antica chiesa di Viggianello, era collocata nei pressi del castello, di origine bizantina o normanna. Era dedicata a San Nicola e da qualche decennio è in rovina. Conserva tracce degli antichi affreschi.

La cappella di San Sebastiano, di origine bizantina e ristrutturata nel XV secolo ospita una preziosa statua lignea dedicata al Beato Stefano Seno. Nei pressi si trova il Calvario, opera in pietra locale, del 1611. La cappella della Santissima Trinità conserva una cupola tipica dell’architettura bizantina-basiliana. Divenne confraternita e sede di ospedale nel XV secolo. Ancora conserva tracce di affreschi.

La Chiesa di San Francesco di Paola è l’unica che ancora conserva la sua esposizione est-ovest presente in tutte le chiese bizantine.

Interno Chiesa Madre

La chiesa madre di Santa Caterina d’Alessandria anch’essa di origine bizantina ma ampliata o, probabilmente, ricostruita ex novo sotto la baronia dei Bozzuto (1634). Conserva numerose opere (tele del Seicento e Settecento, fonte battesimale in alabastro del Cinquecento, altare in marmo da attribuire allo scultore Palmieri del XVIII secolo, acquasantiere in marmo bianco del XIX secolo, un ciclo di affreschi di Alfonso Metallo, uno organo a canne del 1880, un coro ligneo del Seicento, una Madonna in pietra del Cinquecento, la statua della Santa patrona in legno di epoca rinascimentale o precedente), una reliquia della santa di Alessandria e una cripta dove si trovano, tra le tante sepolture, tre preti mummificati seduti su una panca e ricoperti di paramenti sacri d’oro.

Il convento di Sant’Antonio a “Pantana” del XVI secolo costruito dai padri di Collereto su autorizzazione del barone di Viggianello Giovanni Giacomo Sanseverino, conte della Saponara. Rifatto nel XVII secolo.Conserva una bellissima scultura in marmo bianco della madonna con bambino, realizzata dal Bernini, sul cui basamento si trovano incise le parole Virgine deipara patrona V.lli ovvero “Vergine madre di Dio patrona di Viggianello”.

Cappella dell’Assunta

La chiesa di Santa Maria della Grotta con portale in pietra bianca del Rinascimento. La cappella dell’Assunta voluta dai principi Sanseverino nel XV secolo che conservava fino a qualche anno fa l’originale pavimento in cotto del Cinquecento. Nel territorio sono sparsi ruderi di monasteri basiliani, distrutti dall’esercito e dalle leggi di Napoleone, ancora non identificati con precisione. In particolare, il Pedio conferma la presenza nel territorio viggianellese del monastero di San Pasquale; mentre si pensa alla presenza di un monastero basiliano fortificato nel luogo dove, poi, i normanni costruirono il castello.

Infine, in località “Zarafa” ancora si conservano i ruderi dell’abbazia di Santa Maria del Soccorso che ebbe grande importanza nel corso del XVIII secolo.

Il Castello

Il Castello sorge nel punto più alto dell’abitato

Torre Normanna a base quadrata

I normanni costruirono la solida torre a base quadrata e ripristinarono le mura di cinta del borgo di cui restano poche e sporadiche tracce. Gli Svevi ampliarono la struttura e l’abbellirono dei fregi tipici dell’arte federiciana. Nelle sue stanze per ben due volte soggiornò l’imperatore di Svevia Federico II nel XIII secolo. Sede di feudatario in etàangioina ed aragonese, il mastio, assunse notevoli dimensioni e divenne il centro militare ed amministrativo di un vasto territorio. Fu espugnato nel XV secolo da Consalvo de Cordoba. Nel XVI secolo i principi Sanseverino trasformarono la fortezza in palazzo, cessate ormai le esigenze di difesa.

Si conserva l’antica cisterna ma non si hanno tracce del più volte citato passaggio segreto che attraverso le viscere del paese conduceva nel canale “Carella”, permettendo ai castellani di mettersi in salvo nel caso in cui il castello venisse espugnato. Entro le mura del castello si rifugiò il generale francese Grasson con la sua guarnigione nel1806 inseguito dal brigante locale Muscariello a capo di una folta banda di filo-borbonici

Altri luoghi d’interesse

  • . Biblioteca Comunale F. Santoro, in Corso Senatore De Filpo.

    . Chiesa Madre Santa Caterina d’Alessandria ricca di numerose opere d’arte (quadri del Seicento, sculture marmoree del Settecento, statue delCinquecento, organi a canne dell’Ottocento, cripta, reliquie, affreschi di Alfonso Metallo). Prima del restauro totale dell’edificio era possibile ammirare un bellissimo pulpito in marmo policromo dei primi dell’Ottocento oggi scomparso.

    . Chiesa Beata Maria Vergine del Carmelo, in Piazza San Francesco di Paola in contrada Gallizzi

    . Tomba del Senatore del Regno d’Italia Vincenzo De Filpo (XIX secolo), in stile gotico.

    . Il Calvario (1611), ricavato da un unico blocco di pietra.

    . Palazzo Marino, conserva numerosi saloni in stile barocco e numerose sculture in pietra del Settecento;

    . Chiesa San Francesco di Paola, con esposizione est-ovest. Conserva pregevoli altari in marmo policromo di scuola napoletana e tele del ‘700 e ‘800;

    . Palazzo Caporale, dimora del chirurgo prof. Vincenzo Caporale. Arredi d’epoca e museo;

    . Convento di S.Antonio a “Pantana”. Conserva una statua in marmo bianco della Madonna con bambino di Pietro Bernini;

    . Vicoletti del centro storico, con caratteristiche piazzette.

    . Cappella Principesca dell’Assunta. Nel suo interno si può ammirare un affresco del Cinquecento attribuibile al Ferro.

    . Piazza Umberto I, con veduta sulla valle sottostante.

    . Fornace di epoca medievale, in località Piano la Pirara.

    . Palazzo De Filpo, residenza di una delle più nobili famiglie viggianellesi. È un vasto complesso architettonico che comprende, tra l’altro, biblioteche, cappella palatina, magazzini.

    . Portali in pietra lavorata (XVIII secolo), nel centro storico.

    Sorgente del Fiume Mercure

  • Ruderi degli antichi mulini ad acqua, in località “Malita”.
  • Anfiteatro, presso la villa comunale.
  • Sorgenti del Mercure–Lao, in località “Mulino”.
  • Abbazia, in località “Zarafa”.
  • Laure eremitiche in località “Gavarro-Prantalato”.
  • Cappella di Sant’Onofrio, in località Sant’Onofrio;
  • Area Faunistica dei Cervi.
  • Orto Botanico nei pressi dell’Anfiteatro Mercurion.
  • Cappella San Pasquale baylon in località “Prastio”.
  • Cappella Maria SS Miracolosa in località “Torno”

Fontane

  • Fontana di Gioia (XIX secolo) situata nel rione San Francesco.
  • Fontana di Marcaldo (XIX secolo) situata nel rione Marcaldo.
  • Fontana Malita (XIX secolo), sull’antica strada Viggianello-Pedali;.
  • Fontana Acquaro Contrada Prastio .

Siti archeologici

Pur mancando campagne di scavo da parte della Sovrintendenza numerosi sono i siti interessati da rilevanze archeologiche. Grazie agli studi condotti dall’archeologa Paola Bottini, si può affermare che per il periodo di dominazione greca e romana vanno segnalate le località “Spidarea” e “Valle Laura”, aree dense di reperti di superficie. Si possono notare numerosi frantumi di tegoloni usati per le tombe. Inoltre, si rinvengono cocci di anfore, vasi a figure rosse e piatti. Vi furono anche rinvenuti armi, armature e mura.

Altre aree interessate dalla dominazione magnogreca sono “Caloie”, “Agropoli”, “Serra”. Zone interessate da ritrovamenti di età romana sono “Capiale” (dove era presente una villa), “Campo le Rose” (vi si rinvennero elmi ed armi) e “Valle Laura” (presenza di numerose ville sul territorio). Aree che conservano memorie bizantine, a ricordo della “Nuova Tebaide Mercuriana”, sono le località Malita (laura), Capiale (gruppo di laure), Mulino (laure), i grutti i perna (laure), Valle Laura (laura), Prantalato (laure), rione Cella (avanzi delle mura di cinta del kastrion).

Sul colle Serra ancora oggi si incrociano antichi percorsi viari che conducevano in Calabria e nella Valle del Sinni utilizzati da importanti personaggi storici nei loro spostamenti (Alessandro il Molosso, Spartaco, Nilo da Rossano, San Saba, San Fantino il giovane, l’emiro El-Hassan, Guglielmo il Guiscardo, l’imperatore Federico II di Svevia, il Gran Capitano Consalvo de Cordoba e con molta probabilità anche il generale Annibale quando si diresse alla conquista di Grumentum).

La popolazione si concentrava in nuclei abitativi ubicati a valle, ai piedi degli attuali insediamenti di Viggianello e Pedali, in prossimità dei corsi d’acqua che scaricano nel Mercure-Lao. Un tempio pagano dedicato al dio Mercurio, protettore dei poeti, si trovava presso le sorgenti del Mercure, in località Mulino-San Giovanni, dove fu rinvenuta una statuetta bronzea di Mercurio e della madre Maia.

Società

Evoluzione demografica

Viggianello ha raggiunto il suo massimo storico negli anni sessanta quando la maggior parte della popolazione risiedeva nel centro storico ed era dedita ad attività commerciali, artigianali, agricole, zootecniche. Numerosi erano i liberi professionisti (avvocati, medici, notai, politici, ecclesiastici). Negli anni successivi un’inesorabile flusso migratorio verso le principali città del centro-nord Italia ha dimezzato la popolazione residente che, attualmente, si attesta intorno a 3124 abitanti.

Abitanti censiti

Tradizione e folclore

Sagra della ‘Pitu’

  • Festeggiamenti in onore di San Francesco da Paola. La prima settimana dopo la Pasqua e l’ultima settimana di agosto. La festa di San Francesco di Paola, con i complessi e riti arborei, rappresenta un unicum nel ventaglio delle tradizioni orali del Mezzogiorno. Nei boschi del Pollino e nella montagna di ‘basso’ di Viggianello vengono abbattuti gli alberi (pitu e rocca) destinati al trasporto con i buoi in paese. Prima del trasporto, gli animali (paricchi) e dei bovari (gualani) vengono benedetti sul sagrato della chiesa, in ossequio alla sacralità dei gesti che si consumano durante l’intero rito. Al giovedì avviene l’abbattimento degli alberi, al venerdì quello della rocca (l’abete), che è poi l’elemento “femminile” posto in cima alla cuccagna, al sabato avviene il faticoso trascinamento degli alberi da parte dei buoi in paese. Queste giornate sono scandite da pernottamenti in montagna, balli, canti e musiche tradizionali al suono di organetto, fisarmonica e zampogna. La domenica è dedicata all’innalzamento della cuccagna in piazza e alla processione religiosa che fa da cornice al rituale pagano. Miracoli e fatti straordinari sono legati alle spesso pericolose operazioni di taglio e innalzamento della cuccagna, sempre a mano e con l’aiuto dei buoi (animali cari al santo), come la tradizione vuole. Riti simili si svolgono in Portogallo. Questo dimostrerebbe che non è improbabile che furono i conquistatori spagnoli, nel corso del XVI secolo, ad importare questa tradizione nel centro cittadino.
  • Madonna del Carmine. La terza domenica di agosto. È legata ai raccolti, in particolare a quelli del grano, e alla fertilità dei campi. In omaggio alla Madonna, i fedeli offrono i cirii, dei covoni in legno ricoperti di grano, alcuni decorati con nastri colorati (che ricordano il corredo dei tarantolati di Galatina), alcuni di grosse dimensioni a cui si appendono animali di allevamento (galline, conigli, ecc.). Rimane ancora intatto, durante il percorso dei cirii, lo strano rituale del ballo con la falce (una danza a carattere pantomimico, che risale a pratiche pre-cristiane legate al culto di Giunone), e l’asta dei doni con il vecchio imbonitore in piazza (questua).
  • Processione del venerdì Santo. La via crucis viene riproposto ogni anno in tutta la sua drammaticità e purezza. A rendere più intenso questo particolare momento liturgico contribuiscono alcune pratiche devozionali legate ai canti in polifonia al Calvario (“pianti” o “lamenti”), a crisi di cordoglio non controllate durante il racconto della Passione o nei “lamenti”, alla gestualità rituale, soprattutto da parte delle donne, nel piangere il Cristo. I testi in dialetto sulla Passione, con riferimenti al dramma sacro e al dolore umano, all’autoidentificazione della donna che piange in Maria Addolorata, alla teatralizzazione degli eventi sia nel canto che nella mimica gestuale (la mano in faccia, lacrime vere, lutto, ipnosi collettiva, ecc.)
  • Pellegrinaggio alla Madonna dell’Alto. Santuario della Madonna dell’Alto-Centro Storico, l’ultima domenica di maggio e la prima domenica di settembre. Un semplice gesto di devozione popolare fatto di preghiere e canti che si carica di fatica e arditezza per il lungo e ripido percorso che congiunge il centro storico al Santuario (circa 15 km). A maggio, la Madonna sale al monte dove resta per tre mesi, fino a settembre, per poi essere riportata nella Chiesa di San Francesco in paese. La chiesa della Madonna dell’Alto (1775) sorge a circa 900 m s.l.m., con la porta rivolta le cime e il silenzio dei monti del Pollino.

Cucina

I piatti tipici di Viggianello sono legati alla sua storia e tradizione. Grano, peperoni, patate, fave, pomodori, ceci, mais e ortaggi vari sono i prodotti della terra. L’allevamento di bovini, ovini, suini ecaprini, produce carni e formaggi come il pecorino, il caprino, e la ricotta. Il sottobosco offre naturali delizie come fragoline, lamponi, more, che secondo la tradizione vengono lavorate per confezionare marmellate e liquori artigianali. I funghi pullulano nei boschi di Viggianello, sia sul Pollino che nella montagna di basso: porcini, ovuli, gallinacei, tartufi sono quelli che maggiormente è facile trovare. I funghi, una volta raccolti possono essere consumati freschi, oppure essiccati e conservarti, al naturale o sottolio.

Le tradizioni gastronomiche viggianellesi sono collegate ai cicli stagionali della vegetazione. Tra i primi più preparati troviamo:

  • i Rasckatìeddi (fusilli), i Kavatìeddi (gnocchi), frascàtula (polenta),
  • la Minestra ‘mbastata (minestra “impastata” con patate e verdure di stagione), Rappasciona (misto di cereali e legumi),
  • i Rafajùoli (ravioli), Tagghjulìni ku u làtt (tagliolini con il latte), Tappicèdd ku i cìciri (pasta- quadrucci- con ceci), Pàsta ku a muddica di pàn (pasta con la mollica di pane).
  • i ” Laganedd ” ( Lasagne )
  • i ” Lagan e Fasul ” ( lasagne con fagioli )

I secondi tipici della tavola viggianellese sono:

  • la Brasciòla (involtini di carne di maiale), A scòrza du pùorcu (cotica di maiale),
  • la Frittata ku zzafaràni e sauzìzzu (frittata con peperoni e salsiccia), Ciambotta (peperonata), Rummulèddi (polpette).
  • ” Lainu chi patan ” ( agnello con le patate )
  • ” Trippa e Fasul ” ( trippa e fagioli )
  • ” Pitned du puorcu arrustut supa u fuocu ” ( costolette di maiale arrostite sul fuoco )

I dolci a Viggianello sono semplici e poco elaborati, preparati per la maggior parte con farina e uova. I dolci più tradizionali sono:

  • i Cannariculi, Sanguinàcciu o Timbànu (sanguinaccio), ciciràta (struffoli),
  • le crispedd (crespelle), currìeddu (dolce pasquale), rosecatàrr (chiacchiere).

Da it.wikipedia.org/wiki/Viggianello_(Italia)

Foto RETE

Ti potrebbero interessare:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close