Stiamo diventando sempre più tristi e più soli

 

 

Star bene oggi, per la maggior parte delle persone, significa avere un buon stipendio, una bella casa, andare in palestra per essere prestanti fisicamente, andare in vacanza, avere figli che non hanno problemi, che non disturbano, meglio se sono anche bravi a scuola. In pochi sono capaci di un’analisi meno superficiale su ciò che significa ben-essere. Pochi riescono a collocare l’esistenza umana su di un piano di maggior consapevolezza dove comprendere che la serenità non si compra, che un bell’ambiente in cui vivere può diventare una gabbia, un fisico attraente non basta per nutrire l’anima, né la propria né quella degli altri, una vacanza non è eterna e i figli non sono oggetti di gratificazione ma esseri venuti al mondo per accompagnarci, insegnarci e con cui crescere e condividere percorsi di vita spesso faticosi. E forse è anche per questo, per gli obiettivi che ci si pone, che la vita oggi sta diventando sempre più difficile. E stiamo perdendo anche la capacità di esprimere i nostri sentimenti, nascondiamo le nostre emozioni, non ci abbracciamo più e se non abbiamo a portata di mano uno smart phone o un computer non sappiamo comunicare perchè anche le parole e i gesti hanno bisogno di allenamento. Ci stiamo lentamente avviando verso una solitudine emozionale, un’incomunicabilità che ci impedisce di comprendere, amare, essere disponibili, solidali, aperti.

 

Ognuno rimane chiuso nel suo guscio dal quale esce solo se gli conviene. Se non rischia niente. E come esprimeva Quasimodo nei suoi splendidi versi “ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”, ognuno ha la sua vita. Il suo lavoro. La sua casa. La sua famiglia. I suoi problemi da risolvere. Le sue cose. Qualcuno è sposato. Qualcuno single. Per scelta o per mancanza di alternative. Qualcuno ha amici e qualcun’altro invece non ha nessuno. Si va avanti. A periodi alterni. Qualcuno se la cava. C’è chi sta bene. E chi sta male. Ma c’è una sorta di routine che ci spinge in avanti e finché il quotidiano procede senza grossi scossoni sembra quasi che tutto sia “a posto” e così incominciamo a perdere la lucidità e la consapevolezza, diventiamo sempre più apatici, la vista interiore si appanna e ci avviamo, piano piano, quasi senza accorgercene, lungo una strada chiusa ai lati da barricate di indifferenza e di qualunquismo, cominciamo a non accorgerci che intorno a noi c’è un mondo “altro” che sfugge alla nostra comprensione.

 

Cresce e si alimenta dentro di noi un’insensibilità nel percepire le dinamiche della vita, nel controllare le nostre risposte agli stimoli esterni, nel comprendere cosa è importante e cosa non lo è. E così arranchiamo sospinti da un moto di inerzia che, per qualche insondabile ragione, riesce anche a rassicurarci, a farci credere che in fondo, se non ci si ferma, si può ben sperare di rimanere a galla. Si sta, e si corre facendo tanta fatica ma senza capire dove si vuole arrivare.

 

E tutto questo ci porta spesso a fare scelte sbagliate, a mancare gli obiettivi che ci siamo posti e di conseguenza a non ottenere i risultati voluti, a collezionare perdite, amarezze, sfiducia. E rabbia anche. Una rabbia che rischia di rimanere implosa nel profondo dei nostri pensieri o, peggio, viene diretta in modo inappropriato scatenando reazioni a catena e procurando ulteriori dispiaceri. Ed ecco che prende significato la bellissima poesia di Ungaretti “si sta, come d’autunno, sugli alberi le foglie” perché esprime con grande lucidità la sensazione che molti vivono nel profondo della loro anima.

Anche se non siamo in guerra, non c’è pace dentro di noi né fuori, perchè abbiamo perso la fiducia e la speranza, perché ci guardiamo alle spalle e temiamo i colpi bassi. Siamo soldati in trincea che hanno paura di sollevare la testa. Una metafora che può farci riflettere e spingerci a ridisegnare il senso della nostra vita e recuperare quella volontà di sentirci gruppo per andare avanti insieme perchè insieme è più facile e si va più lontano, per fare in modo che non sia solo fatica questa vita ma anche gioia, condivisione, amore. A volte i grandi traumi sono la goccia che fa traboccare il vaso e che, invece di toglierci le forze, ci aprono la mente, ci mostrano con una insolita trasparenza dove siamo e cosa stiamo facendo e ci regalano quell’energia che non sapevamo di avere e che si rende protagonista di un vero e profondo cambiamento. Non è mai troppo tardi per voltare pagina, per pensare in modo diverso, per recuperare ciò che pensavamo fosse perduto per sempre. Non servono soldi, occasioni, incontri. Servono consapevolezza e volontà. E’ da lì che si può ripartire. Il resto verrà da sé.

DARIA COZZI

Fonte: http://www.lundici.it/2014/02/la-solitudine-emozionale/

Foto: RETE

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