CALABRIA – Preistoria e Protostoria

 

100.000 anni fa

L’uomo ebbe origine in Africa, tra tre e due milioni di anni fa. Da lì cominciò a svilupparsi in specie e sottospecie. Fu l’Homo erectus, così detto per la postura, a conquistare la terra: lo ritroviamo prima di un milione di anni fa in tutto il vecchio mondo, dal Sudafrica, alla Spagna, al Caucaso, alla Cina e all’isola di Giava. Da allora l’evoluzione umana divenne un fatto mondiale.

Ricostruzione del volto di un anziano uomo di Neanderthal

Circa 110.000 anni fa la Terra subì uno dei periodici gravi deterioramenti del clima cui è soggetta: la glaciazione di Würm. A quel tempo, gli uomini di Neanderthal abitavano l’Europa e il Vicino Oriente; l’Homo sapiens sapiens (la razza cui apparteniamo) si diffuse in Europa circa 35.000 anni fa.


A partire da 100.000 anni fa circa, gli uomini di Neanderthal ci hanno lasciato in Calabria le tracce delle loro attività di raccolta, di caccia e di sfruttamento delle carcasse, soprattutto nei giacimenti di Scalea, Cirella e Celimarro di Castrovillari, ricchi di resti degli animali consumati. È il periodo detto Musteriano: le tecniche di lavorazione degli strumenti realizzati in selce, una pietra dura ma ben lavorabile tramite scheggiatura, erano sofisticate e, grazie ad un particolare sistema di lavorazione (detto Levallois), si ottenevano supporti per gli strumenti di forma e dimensioni regolari e controllate.

L’uomo produttore (6.100 – 2.300 a.C.)

Negli ultimi 10.000 anni l’uomo inizia a produrre il proprio cibo, costruisce abitazioni e villaggi sempre più solidi e duraturi, oggetti e strumenti sempre più sofisticati. La trasformazione fondamentale è il passaggio stabile dall’economia di predazione (raccolta di frutti spontanei e caccia) all’economia di produzione (agricoltura, allevamento), che contraddistingue il Neolitico. Il risultato più importante fu la crescita accelerata della popolazione, mentre il disboscamento massiccio iniziò a causare dissesti nel territorio. Sul piano degli oggetti, il Neolitico si lega alla comparsa della ceramica, anche raffinata, di nuovi strumenti in pietra scheggiata e levigata, di villaggi più grandi e strutturati.

Il Neolitico fu il risultato dell’incontro fra l’Europa e il Vicino Oriente, che avvenne tramite una via marittima, detta della “ceramica impressa”, e un’altra terrestre, chiamata della “ceramica a bande”, che si sviluppava dai Balcani verso l’Europa Centrale. Puglia, Basilicata e Calabria, toccate dalla corrente mediterranea della ceramica impressa, furono le prime terre italiane a sperimentare l’economia produttiva, verso il 6.100 a.C. Entro il 5.400 a.C. la strategia economica neolitica si estese a tutta l’Italia, e nel Nord la via neolitica dal mare si incontrò con quella di terra.

Alla fine del periodo neolitico, intorno al 3.500 a.C., venne acquisita dall’Oriente anche la lavorazione dei metalli più semplici da estrarre, il rame e l’argento. Nell’età del rame (il metallo più in uso nel periodo) si diffuse anche l’aratro di legno, che consentì maggiore produttività ma causò anche importanti danni ambientali. Le comunità a quel tempo erano suddivise in gruppi familiari che si spostavano di frequente in un territorio ben definito. Le tombe familiari collettive erano le più frequenti. Queste condizioni durarono fino all’inizio dell’età del bronzo (Bronzo antico).

 

 

 

Ricostruzione del magazzino seminterrato contenente 5 grandi giare per l’olio e forse altre derrate, da Broglio di Trebisacce,CS.

 

Villaggi stabili e scambi
(2.300 – 960 a.C.)

Nel corso dell’età del bronzo (2.300-960 a.C.), in tutta Europa, le comunità si stabilizzarono e crebbero di numero. I gruppi della Calabria, della Puglia e della Basilicata, verso il 1.700 a.C. (Bronzo medio) scelsero centri naturalmente fortificati a protezione degli accumuli di derrate e di beni, e adeguarono l’economia a una gestione più sostenibile, sfruttando nuove risorse (alberi da frutto, olivo) e operando per rigenerare quelle già in uso (colture a rotazione di cereali e legumi, accurata gestione dell’acqua per i campi). Fu questa l’età degli Enotri, popolo ricordato dalle fonti classiche molto più tarde.

Il bronzo è una lega di rame e stagno, facile da lavorare per fusione e colatura. In Italia il suo utilizzo si affermò dal 2.000 a.C. circa. Il fabbisogno di minerali stimolò i commerci, anche a largo raggio. Le comunità italiche entrarono infatti in rapporto di scambio con i mercanti micenei, particolarmente interessati ai metalli. Questo rapporto con un popolo più avanzato determinò l’introduzione (Bronzo recente, 1.350-1.200/1.150 a.C.) in Italia meridionale del tornio, strumento necessario a una produzione ceramica di qualità. I vasi, in Italia, venivano decorati in modo da essere uguali a quelli micenei, e appunto per questo sono detti ”italo-micenei”, ma ebbero anche proprie caratteristiche difformi dagli originali. Questa seconda tipologia vascolare è detta della “ceramica grigia” e le forme erano prettamente italiche. Con la caduta dei palazzi micenei questi rapporti commerciali si affievolirono di molto e cessarono anche i viaggi di artisti e mercenari italici verso l’Oriente.

Le aristocrazie enotrie dominavano ancora dalle loro rocche le terre della Basilicata e del Golfo di Sibari. Nel Sud, vicino a Reggio, al re Italo, da cui presero nome gli Itali, si attribuirà poi l’introduzione dei pasti consumati in comune, resi possibili da strategie di immagazzinamento, come il perfezionamento delle giare, già introdotte nel periodo precedente.

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