Chiudono le scuole. Compiti per le vacanze? Sì, ma per i genitori

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Le famiglie della nostra penisola – mediterranea,  meridiana, solare –  stanno vivendo le ferie (sempre più anoressiche) di un’estate generosa di sole e di convivenza, a tempo/pieno (24 ore su 24), con i propri pargoli: non più scolari, ma interamente figli. Pur se brevemente, si ritorna a vivere insieme. Con il tramonto dell’anno scolastico e l’avvento  delle vacanze si inaugura una relazione giornaliera che nei mesi del lavoro e dello studio è sempre più “strappata”: costretta al silenzio. Questa dinamica estiva no/stop non di rado dissotterra un’ascia-di-guerra (simbolo di contrasti e conflittualità) rimasta nascosta nei fulminei dialoghi domestici dei giorni di scuola: le lezioni, le interrogazioni, i voti, i compiti a casa et al.

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Dunque, due tempi annuali in cui si è genitori: ovvero, due modelli relazionali.

MODELLO/1. – I dieci mesi destinati al lavoro generano tendenzialmente un padre e una madre pieni di sensi-di-colpa. Soffrono del poco tempo da dedicare ai figli e di una relazione “interpersonale” frettolosa, superficiale, pignolesca: fai questo, ricordati-di, attento-a, mi raccomando-di. Peraltro, anche i figli sono desaparecidos in famiglia perché vivono la loro giornata in gabbie temporali: tot ore di scuola, tot ore di compiti, tot ore di attività pomeridiane a pagamento, tot ore di televisione e di computer.

Morale: l’infanzia “scompare” nella vita domestica. Di conseguenza, mette in crisi le dinamiche intrafamigliari (il timore di essere cattivi genitori), dando via libera all’insorgenza di modelli formativi permissivi e abbandonici. In un ambiente quotidiano “assenteista” – per la scomparsa del padre, della madre e dei figli – il padrone di casa diventa il silenzio: che avvolge tutto quando viene a mancare il dialogo, l’ascolto e la convivialità. Il clima che si respira è della non-belligeranza verbale e della resa all’incomunicabilità: che per i genitori è la fuga nella tv, per i figli il rifugio nell’elettronico (computer, play station, cd, dvd e altro).

MODELLO/2. – I tempi destinati alle vacanze generano tendenzialmente un padre e una madre insoddisfatti, rancorosi e autoritari. Al punto da scaricare i loro sensi-di-colpa sui figli: colpevoli di condizionare le scelte e i modi di trascorrere le ferie di papà e mamma. Questi ultimi, si trovano a fare i conti con giornate da overdoseda-prole. Della quale sanno sempre di meno: fino a non riconoscerla più, a causa della fugace e debole “relazione” vissuta con i figli durante l’anno scolastico.

Con l’estate, avviene il testa/coda. La villeggiatura genera dinamiche intrafamigliari “rovesciate”. Lo shock è provocato dal contatto – gomito a gomito – con i figli che porta i genitori sull’orlo di una crisi di nervi: con relativi comportamenti autoritari e dispotici, a volte anche repressivi.

GESTIRE AL MEGLIO L’AGOSTO CON I FIGLI. –  Abbiamo dato palcoscenico a due copioni teatrali di papà e mamma: per dieci mesi liberali, per due mesi intolleranti.  In queste righe, ci limitiamo ad alcuni suggerimenti pedagogici per gestire al meglio l’estate coi figli. Consapevoli della non facile impresa di redigere un “ricettario” che aiuti i genitori ad essere al top durante le vacanze. E’come quando il medico consiglia di far sorridere la bilancia mediante una rigorosa cura dimagrante. Tendenzialmente, propone una doppia lista: i cibi da ingerire copiosamente e i cibi da radiare dal menù. Così è per i genitori in vacanza: disco/rosso alle pratiche diseducative e disco/verde alla relazione educativa.

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1. In estate, papà e mamma non dovrebbero

– recitare un ruolo compensativo. Accade, quando si intestardiscono a volere recuperare (in pochi giorni) un’autorevolezza che durante l’anno scolastico è vistosamente sfuggita loro di mano. Rischierebbero soltanto di risvegliare sopiti muscoli dispotici e repressivi.

– indossare i panni delle vittime delle ferie. Accade, quando si intestardiscono a volere recuperare (in pochi giorni) una piena responsabilità educativa nei confronti dei figli. Per loro significa pagare il conto salato – di qui il vittimismo – della rinuncia alla libera scelta dei tempi e degli spazi della vita vacanziera con il coniuge.

– farsi imprigionare nell’antipedagogia da ombrellone. Spesso lo stabilimento balneare narra – in forma di romanzo/noir – storie di genitori “sbagliati”: petulanti, insicuri, invasivi, repressivi. Come dire, gridano alla luna i loro cattivi pensieri educativi: l’esasperato controllo dei tempi della tintarella, dell’immersione in acqua, del pasto, del gelato nonché l’invadenza poliziesca sull’identità degli amici e sulla tipologia degli svaghi in compagnia.

– svendere il pomeriggio al telecomando. Questo, asfalta e catrama tutto – sia la mente, sia il cuore – svuotando l’ebbrezza vitale della vacanza. In agosto, si può volare invece su una “mongolfiera” dove abitano le emozioni represse (il riso e il pianto, la gioia e il dolore, l’incanto e il disincanto) e le cose capovolte (strambe, buffe, spassose, strabilianti, bizzarre).

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2. In estate, papà e mamma dovrebbero usare l’ampio tempo di cui dispongono per

– conoscere i proprio figli. Questi, sicuramente appariranno “diversi” (più veri) rispetto all’immagine acquisita durante l’anno scolastico. Aperte le tante gabbie delle giornate standardizzate, i ragazzi potranno esprimere compiutamente la loro personalità. E’ su questa identità autentica dei figli che i genitori sono chiamati ad ascoltare e a dialogare. E a capirli.

– tenere in allenamento la mente dei propri pargoli. Il lungo pit-stop della scuola può essere un’eccellente occasione per stimolare i figli a produrre idee-pensieri-valutazioni relative alle forme dello stare insieme nonché agli eventi imprevisti e ai luoghi inediti che popolano la villeggiatura. E poi la “lettura”. Vanno invogliati a leggere di tutto: perchè la mente torna proprio di fronte alla pagina scritta. Non solo. Contribuisce ad allentare l’attaccamento dei ragazzi ai linguaggi e alle logiche del pensiero elettronico.

– per co-costruire insieme ai figli il “palinsesto” dei giorni di vacanza. Responsabilizzandoli a redigere la tabella di marcia giornaliera: il dove andare e il cosa fare. Il che significa riconoscere loro una raggiunta maturità nelle scelte e un’ampia fiducia sulla gestione degli spazi quotidiani.

– per imparare a ridere insieme. La vacanza – nel nome dell’ozio – si presta al gioco del dare-il-voto in allegria alla convivenza al mare. Se il confronto delle “pagelle” genitori/figli accende la miccia di fragorose risate (curiose, originali, intelligenti) consoliderà le relazioni domestiche. Come dire, giudicare con ilarità le dinamiche famigliari è una medicina miracolosa per guarire incomprensioni e lacerazioni annidate negli anfratti uggiosi del tempo in città.

Fonte: http://www.lundici.it/2012/08/compiti-per-le-vacanze-si-ma-per-i-genitori/

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