Vite che per esistere devono essere coltivate in più luoghi, che non stanno mai troppo bene solo da una parte, perché alcuni pezzi di queste vite esistono in altri luoghi.
É come non essere mai interi. Come se la vita fosse il movimento necessario per arrivare da un posto all’altro. “La vita è nel movimento” diceva Aristotele. Le vite in più luoghi fanno fatica a mettere radici e anche se le mettono sono sempre in bilico, sempre sulla linea sottile del confine. Può essere doloroso e stimolante allo stesso tempo.
Nulla a che fare con racconti tipo “Nelle terre estreme” di Jon Krakauer o “Sulla strada” di Jack Kerouac . Quello di cui scrivo si avvicina di più allo strazio di Pavese, l’antitesi tra “città-campagna”. I luoghi dell’infanzia e quelli della maturità.
Se fai parte di più luoghi ti sembra di non poter mai decidere definitivamente dov’è casa e non sai dove la maturità ti coglierà perché ti sembrerà sempre di poter rimandare la decisione, di avere ancora tanto tempo per crescere.
O forse, il punto è che sei già troppo grande, hai visto già tanta vita, piena di visi, di voci, di sogni, di cassetti da aprire, di mazzi di chiavi, di “Eccomi, sono tornata” e “Ciao, alla prossima”. Tanti arrivi e troppe partenze. Nel mezzo il flusso della vita.
A volte la vorresti una piazzetta al centro del paese, dove incontrare volti noti, un rito da rispettare, a volte lo senti il profumo della campagna o del mare e ti manca e rivorresti i giorni dell’infanzia o quelli aspri dell’adolescenza.
Eppure a volte, come uno schiaffo, ti resta solo da fare la strada dal lavoro a casa, l’odore del cemento intorno, lo smog in gola, e ti sembra l’unico posto per te e ti attacchi a quella realtà, all’asfalto caldo che calpesti.
Le vite in più luoghi hanno l’incertezza nell’anima, si nutrono di essa, perché il definitivo ne annullerebbe una parte. Questa incertezza sa essere ricchezza. I luoghi in cui esisti sono persone, immagini, colori, progetti. Rappresentano più mondi, più possibilità. Scambi e cambi continui.
Le vite in viaggio profumano di racconti, di novità. Sono scatole piene di occhi e nomi, di gente che ti attraversa per un attimo. Andare è crescere. E crescere può anche voler dire non fermarsi in luogo.
Ho più case. E quando devo dire “ok, ci vediamo a casa” mi resta sempre un po’ di amaro in bocca, perché per quanto sarà in una casa che ci vedremo, non sarà l’unica casa che ho. Una dualità, città-campagna, tanto cara ad uno dei più apprezzabili autori del ‘900, una dualità a cui possiamo dare altri titoli ma che resta fonte di tensione e aspirazione verso altro, qualcosa che ci avvicina al turbamento quanto alla crescita.
Fonte: http://www.lundici.it/2013/08/la-vita-e-nel-movimento/
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