I RUDERI di Cirella

Cirella città Aristèa

Secondo la mitologia greca da un rapporto tra il dio Febo (Apollo) e la ninfa Cyrene nacque Aristèo, dio contadino e pastore della Tessaglia, che insegnò l’agricoltura ai primitivi.

Innamoratosi di Eurìdice, sposa di Orfeo, la insegue causandone la morte per un morso di serpente. Le ninfe lo puniscono, facendo morire le sue api; solo per intercessione di Cyrene, e con i consigli di Proteo, poté riaverle.

Un santuario a lui dedicato sorgeva proprio nell’attuale contrada Arieste, perciò la “polis” divenne famosa come la città di Aristèo e da questo: “Cirella città Aristèa”.

Le sue origini

Cirella, attualmente frazione di Diamante distante 3 km. dal suo centro urbano con circa 1500 abitanti, vanta anch’essa origini remote che si perdono nella preistoria testimoniate dal ritrovamento di reperti fossili e litici appartenuti ad insediamenti tribali del Paleolitico medio, il periodo più antico dell’età della pietra.

Verso il 1200 a.C. fu una delle prime città della zona fondata dagli Ausoni, antiche popolazioni “Italiche” di stirpe indoeuropea che si stabilirono nell’Italia centro-meridionale.

Poi intorno al 540 a.C., durante la seconda colonizzazione greca, il suo sito, attiguo a quello di Laos (subcolonia sibarita), fu popolato dai Focesi, ivi rifugiatisi dopo la conquista di Focea (545 a.C.) da parte di Ciro II il Grande re di Persia, tramite il suo generale Arpago. Durante la permanenza focese, Cirella, fu un grosso centro commerciale, divenuto molto potente per le sue esportazioni in tutta la Magna Grecia e Roma specialmente dopo la distruzione di Sibari (510 a.C.), quando divenne un importantissima testa di ponte tra la costa tirrenica e quella ionica. Di questa “polis” (città) scrissero gli storici greci e latini come Strabone, Diodoro Siculo e Silio Italico, che erroneamente interpretato sembrava affermare la sua distruzione ad opera di Annibale, per mezzo del suo generale Annone,  nel  203  a.C., per essere stata fedele a Roma. In realtà i fatti ebbero un diverso svolgimento: subito dopo la sconfitta di Roma a Canne (216 a.C.), Cirella, seguendo le orme delle altre città meridionali, eccitata dall’eclatante vittoria del giovane condottiero cartaginese, insorse provocando così, dopo un breve tempo, la risposta punitiva del dittatore Quinto Fabio Massimo dello il <<Temporeggiatore>>, che nel 214 a.C., appunto, durante una spedizione militare nel “Sinus” la riconquistò con la forza riassoggettandola a Roma.

Cirella ormai ricostruita dai Romani, alla fine delle guerre puniche, riprese i suoi traffici commerciali, facendo anche da richiamo ai tanti navigatori che approdavano nel suo porto. Nel maggio 2000, furono portati alla luce i resti delle fondamenta di una villa risalente al II secolo d.C., presumendo che lo stesso <<Pantheon-Mausoleo>> sia stato fatto costruire dal proprietario della stessa per esservi sepolto.

La torre sull’isola Tempsa

Nel XVI secolo i viceré di Napoli, temendo incursioni piratesche lungo le coste del Tirreno, ordinarono la costruzione di torri di difesa; non si esclude, quindi, che la <<torre di guardia>> sull’isola di Cirella fu costruita da don Girolamo Sanseverino nel contesto di quell’opera di fortificazione già iniziata nel territorio di Diamante con la costruzione del torrione sugli scogli della “Punta”.

Gli attacchi Saraceni

La costa tirrenica della Calabria per diversi secoli fu devastata dalle scorrerie Saracene insidiando più di una volta  anche Cirella, che nell’850 fu teatro della sua prima distruzione, avvertendo così l’urgenza di fortificarsi. Dopo circa settecento anni, si verificarono ancora altri due assalti ad opera del corsaro turco Dorghut (o Dragùt m.1565), uomo sanguinario e seguace del terribile Khair-ad-Din (o Barbarossa 1465-1546) per questo considerato il più valoroso ed audace pirata del XVI secolo, più volte a servizio della Turchia ed anche della Francia contro la Spagna. Dorghut portò un nuovo assalto a Cirella il 2 agosto 1557 traendo in inganno i guardiani della torre sull’isola che non fecero in tempo a segnalare il pericolo. I pirati sbarcarono sulla spiaggia e, all’istante, occuparono il porto ed entrarono dalle tre porte del paese, sotto il fuoco dei loro cannoni, con una semplicità estrema.

Statuto delle Terra di Cirella

Al termine dell’ultima incursione saracena, alcuni dei superstiti ricostruirono la nuova Cirella sulle rovine di quella distrutta. La popolazione tornò al suo ritmo di vita normale con la ripresa delle attività commerciali con Napoli e col resto d’Europa; e specialmente, continuarono la produzione vinicola. Le proprietà terriere dei cirellesi erano molto estese ed arrivavano fino al confine col fiume Abatemarco. Già all’epoca dei Romani, Cirella era famosissima per la produzione del <<Cirasùlu>> o Chiarello, il celebre vino (passito), celebrato anche da Torquato Tasso, che riforniva  la mensa degli imperatori Romani; ancora oggi si possono vedere i resti del vetusto enodotto che serviva a riempire le cisterne delle navi romane. Un’altra leggenda che si racconta sull’assalto dei Saraceni è quella di un mercante romano, che avendo ricevuto una partita di vino annacquato, si convertì all’islamismo e, per vendetta, ideò e condusse l’attacco dei Turchi. Nel 1568 il 28 marzo furono emanati i “Capitoli” o <<Statuto della Terra di Cirella>>. I “Terrazzani” disponevano di una piazzetta per il mercato, di chiese e di monasteri, fra i quali il convento di San Francesco di Paola. Il duca-barone esercitava la “giurisdizione delle prime e seconde cause civili, criminali e miste, mero e misto imperio cum gladij potestate”, per cui i sotterranei del palazzo feudale, eretto nel XII secolo, erano adibiti a carcere. La difesa del territorio era affidata alla guarnigione del castello.

Ultima distruzione di Cirella

L’ultima distruzione di Cirella si ebbe nel 1806, quando veniva cannoneggiata e definitivamente quasi rasa al suolo dalla flotta napoleonica, che così rispondeva  alla ribellione del duca. Il generale che ordinò l’assalto si chiamava Championnet, e non “La Formique” come si pensava, dando origine alla leggenda che voleva Cirella distrutta dalle formiche giganti.

Nel frattempo, la presenza dei francesi, che occupavano Cirella, attirò l’attenzione degli anglo-siculi che si nascosero dietro l’isola, nella grotta del Brigantino e, nella fine d’agosto del 1808, lo scontro fra francesi ed inglesi si concluse con la distruzione della torre sull’isola, fatta saltare con polvere di mina, da una nave inglese comandata dall’ammiraglio Sir William Sidney Smith, che tenne l’assedio per quattro giorni.

Terminati gli attacchi francesi ed inglesi, Cirella venne ricostruita nella <<marina>> e dal 1876, come si è detto, divenne frazione di Diamante.

I ruderi di Cirella

I <<ruderi>>, a 172 m. s.l.m., sarebbe bene visitarli perché rappresentano la minima parte del grande patrimonio storico della città medioevale ricostruita tra la fine del IX e l’inizio del X secolo e poi conquistata dai Normanni. Questi furono abbandonati all’incuria del tempo ed il disinteresse, anche di alcune amministrazioni passate, ha fatto il resto.

Interi colonnati di templi greci e romani sono stati completamente depredati e tanti affreschi cancellati dall’intemperie.

Ci è pervenuto solo un frammento di uno di essi, che si trovava su un altare laterale della chiesa di S. Maria delle Grazie attigua al convento, raffigurante “La Madonna degli Angeli” eseguita da un anonimo nel tardo Cinquecento, staccato alla fine degli anni settanta dall’ormai cadente muro per essere pazientemente restaurato a cura della Soprintendenza ed esposto nella Sala del Consiglio Comunale, dove rimase per circa venti anni, dopo di che il 30 maggio 2000 con una solenne cerimonia è stato riconsegnato dal sindaco Caselli al parroco di Cirella che lo espose nella chiesa parrocchiale.

Salendo dal Mausoleo verso i monti, ad est s’intravedono dietro ad un vitigno ed alberi d’ulivo i resti di una chiesetta privata, successivamente usata come abitazione e, tra i cespugli, le rovine del convento e della chiesa di cui sopra, costruiti nel 1545 dai frati minimi di San Francesco di Paola e poi abbandonati nel 1810, quando il governo napoleonico, rendendo esecutivo un decreto del 7 agosto 1809, confiscò i beni dello Stato Pontificio e fece chiudere chiese e conventi. Risalendo si entra nelle rovine della città vecchia.

Anfiteatro

Poco distante dai “ruderi”, agli inizi degli anni novanta, ebbe inizio la costruzione dell’anfiteatro, dove oggi si svolgono rappresentazioni teatrali, concerti musicali e spettacoli vari.

Esso ospita durante il mese di agosto anche un “Cirella antica festival” che abbraccia quasi tutto il periodo estivo.

Sul suo palcoscenico, nei suoi primi dieci anni, si sono succeduti cantanti ed attori famosi, i quali sono stati protagonisti di indimenticabili performance ricchi di fascino, anche per il  suggestivo paesaggio che gli fa da cornice.

Nella Riviera dei Cedri durante il periodo estivo la  presenza dei turisti è notevole;  per questo motivo i circa duemila posti a sedere del teatro spesso non sono sufficienti.

Fonte: http://www.webalice.it/marsol/cirella_storia.htm

Foto web

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