L’origine delle Torri costiere del Regno di Napoli

SCALEA – Torre Talao

Le torri costiere del Regno di Napoli costituivano il sistema difensivo, di avvistamento e di comunicazione lungo la fascia costiera del regno di Napoli. Furono costruite per arginare le frequenti incursioni saracene e corsare.

Da ogni torre era possibile scrutare il mare e vedere di solito le due adiacenti, con la possibilità di inviare segnali luminosi e di fumo per trasmettere un messaggio o richiedere soccorso.

Le torri costellano gran parte delle coste dell’Italia meridionale e sono spesso interessanti dal punto di vista architettonico; si svilupparono più o meno contemporaneamente a quelle che venivano fatte costruire negli altri stati della penisola italiana, tuttavia, essendo il Regno di Napoli la parte più protesa nel Mediterraneo e la più esposta alle scorrerie, qui si trovano una enorme quantità e varietà di esempi.

CETRARO – Torre di Rienzo

Le origini

Sin dall’antichità furono costruite sui litorali marittimi torri costiere con funzioni di avvistamento contro la pirateria, ma dobbiamo arrivare al X-XI secolo perché esse abbiano una connotazione più specificamente antisaracena. In diverse località dell’Italia meridionale vennero edificate torri di vedetta a difesa dei porti e delle principali città. Furono gli Angioini a pensare a un sistema permanente e completo di difesa e di segnalazione con fumo e fuochi dall’alto di torri collocate in promontori e in vista una dell’altra. Tale sistema fu realizzato solo in minima parte, anche a causa dei continui cambiamenti politici e finì per passare sotto il controllo dei feudatari e delle famiglie che intendevano proteggere i propri territori, piuttosto che le popolazioni dei centri abitati. Nel 1480 nessun preavviso arrivò ai cittadini di Otranto che subirono una delle più feroci incursioni saracene della storia.

MANDURIA – Torre Colimena

Le ordinanze di Pietro di Toledo (1532)

Lo stato di continua belligeranza in Europa e in particolare in Italia, con le contese tra Spagna e Francia, non consentirono la riuscita del progetto. Con l’avvento del governo spagnolo al Regno di Napoli (1501), l’idea di un sistema permanente e continuo era stato ripreso, ma solo con il viceré don Pietro di Toledo ci si preoccupò veramente della fortificazione del territorio oltre che della costruzione di fortezze nelle principali città. Gli equilibri politici europei si spostavano infatti portando la Francia a nuove e preoccupanti relazioni diplomatiche e alleanze con l’impero ottomano di Solimano I il Magnifico. Pietro di Toledo emanò già nel 1532-33 delle ordinanze rivolte alle singole Università, imponendo loro di proteggersi da eventuali attacchi saraceni con la costruzione a proprie spese di torri di avvistamento marittimo. La ripresa del conflitto franco-spagnolo rallentò la realizzazione del progetto che gravava interamente sulle spalle dei singoli comuni, impoveriti dalle guerre e impossibilitati a sostenere spese.

ACQUAFREDDA – Torre dei Crivi

Le ordinanze di Pedro Afan de Ribera (1563)

Nuovi ordini di costruzione generale delle torri marittime per conto e sotto la direzione dello Stato vennero nel 1563: in quest’anno il viceré don Pedro Afan de Ribera duca d’Alcalà emanò precise istruzioni ai governatori provinciali. Nelle disposizioni del 1563 era previsto che la costruzione delle torri era decisa dalla Regia Corte; che le fortificazioni esistenti ritenute di pubblica utilità venivano espropriate dietro indennizzo; che regi ingegneri avrebbero individuati le località adatte alla costruzione di una catena ininterrotta di torri per tutto il Regno; che le spese della costruzione sarebbe state imputate alle Università cointeressate in proporzione alla popolazione.

I governatori delle provincie si mossero immediatamente con gli ordini di progettazione e di costruzione di numerose nuove torri; in realtà poche vennero effettivamente realizzate subito, a causa del criterio di ripartizione delle spese: molte università, infatti, ritenevano che lo Stato dovesse farsi carico per buona parte dell’esborso; altre lamentavano che le proporzioni erano falsate da censimenti superati e talvolta mendaci. Nel 1567 quindi si decise di imporre una tassa di 22 grana per tutti i fuochi (Nei censimenti medioevali nuclei famigliari) del Regno, escludendo le città distanti oltre 12 miglia dalla costa. In tal modo nel giro di pochi anni la fabbricazione delle torri progettate si poteva dire in buona parte avviata e in parte completata.

Per gli equipaggiamenti necessari, gli stipendi ai torrieri, per la manutenzione e il restauro di torri rovinate, la Regia Camera impose nel 1570 una nuova imposta di 22 grana.

CAPO COLONNA – Torre di Nao

La fine del progetto

La progettazione e la costruzione di nuove torri, per quanto necessarie e richieste dalle popolazioni, ebbe però un arresto. Solo con una nuova imposizione si riuscì a realizzare altre torri negli anni ottanta.

Una relazione del 1590 elenca 339 torri nel Regno, ma queste, oltre a non costituire quel sistema continuo previsto per la mancata realizzazione di alcune, presentavano già i primi segni di cedimento: per la cattiva esecuzione da parte di fabbricatori sleali, per l’incauta collocazione alla foce di fiumi che ne minavano le fondamenta, per l’incuria dei torrieri e dei cavallari malpagati e persino per le incursioni saracene. D’altro canto la Regia Corte non aveva previsto di dover affrontare delle spese così ingenti di gestione.

La nuova imposizione del 1594 consentì la costruzione di altre torri rimaste in sospeso e solo col secolo seguente il progetto poté considerarsi ultimato.

Un inventario del 1748 ci dà un numero complessivo di 379 torri, così suddivise:

Abruzzo Utra e Citra 13

Capitanata 25

Terra di Bari 16

Terra d’Otranto 80

Basilicata 13

Calabria Citra  (Da Amantea a Scalea)36

Calabria Ultra 60

Principato Citra 93

Terra di Lavoro 43

LEPORANO – Torre Saturo

 

Bibliografia

Onofrio Pasanisi, La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel XVI secolo, in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, I.T.E.A, Napoli 1926, pp. 423–442

Vittorio Faglia, La difesa anticorsara in Italia dal XVI secolo: le torri costiere, gli edifici rurali fortificati, Istituto Italiano dei Castelli, Roma 1974;

Vittorio Faglia, Tipologia delle torri costiere nel Regno di Napoli, Roma 1975

Maria Letizia Troccoli, Le torri costiere in Castelli, torri ed opere fortificate di Puglia, a cura di Raffaele De Vita, Bari 1975

  1. Cisternino, Torri costiere e torrieri del Regno di Napoli (1521-1806), Istituto Italiano dei Castelli, Roma 1977.
  2. Valente, Le torri costiere in Calabria

Vittorio Gleijeses, Castelli in Campania, Napoli 1981

Vittorio Faglia, Tipologia delle torri costiere di avvistamento e segnalazione in Calabria Citra e in Calabria Ultra dal XII secolo, Istituto Italiano dei Castelli, Roma 1984;

  1. Mafrici, La difesa delle coste meridionali nei secoli XVI-XVII: tecnici e tecnologie, «Annali del Centro Studi Antonio Genovesi» I, 1988, pp. 31–106.
  2. Russo, La difesa costiera del Regno di Napoli dal XVI al XIX secolo, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1989.

Vecchione Stefano, Calabria. Torri e castelli tra mare e cielo. Conquiste saracene e difesa dell’identità, Regione Calabria, Camigliatello Silano, La Dea, 2004.

Vecchione Stefano, Castelli e torri costiere della Calabria, Regione Calabria, Camigliatello Silano, La Dea, 2008.

Starace Romano, Torri costiere della Capitanata. L’ispezione del marchese di Celenza, Edizioni SUDEST, Manfredonia, 2010

 

Fonte: Da wikipedia.org

Foto: RETE

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2 Replies to “L’origine delle Torri costiere del Regno di Napoli”

  1. admin ha detto:

    Faccia pure.
    Cordiali saluti

  2. niceforo foca ha detto:

    HO VISITATO QUELLE IN CALABRIA ACCESSIBILI PER TUTTE LE SOPRAVVISSUTE UN DISATRO DEMOLITE O IN PERICOLO DI CROLLO NESSUN ELENCO LE COMPRENDE TUTTE

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