Lettera di don Milani – “È ben umiliante per noi sentirci chiamare in basso al livello puerile, dispettosetto, irreligioso delle gelosie e delle invidiuzze locali”

 

 

 

La libertà di coscienza, l’autonomia di giudizio, la difesa della propria dignità (anche nei confronti dell’autorità costituita), la dedizione verso gli ultimi: questo troverete in questa lettera di don Milani. Ed è questa la ragione per cui viene pubblicata.

Può essere utile.

Oggi intrupparsi in un gregge (partito compreso), che garantisce privilegi ed impunità, è spettacolo corrente. Don Milani può far sorgere qualche dubbio, può far sentire il desiderio di aria pura.

Ne abbiamo tanto bisogno. Da Roma (e non solo) vengono miasmi insopportabili.

 

A MONS. GIOVANNI BIANCHI – FIRENZE

Don Lorenzo risponde a una lettera nella quale mons. Bianchi, Vicario generale della Curia arcivescovile di Firenze, gli rimproverava di non aver mantenuto due impegni richiestigli durante la visita del Vicario stesso a Barbiana nell’aprile di quell’anno, e cioè:

« Prima di tutto la tua partecipazione a un corso di Esercizi Spirituali, quale indispensabile interiore rifornimento per una vita pastoralmente attiva ed efficace. Secondariamente l’impegno a non recarti nelle parrocchie senza il consenso preventivo del parroco interessato; e questo particolarmente quando si tratta della parrocchia di Calenzano nella quale hai svolto il tuo apostolato (lo afferma esplicitamente il nostro Sinodo diocesano: Cost. 120). Al di sopra di ogni altra considerazione infatti rimane validamente certo che nella nostra attività sacerdotale dobbiamo evitare ogni possibile detrimento alla Carità ».

 

 

Barbiana, 20.10.1963

Caro Monsignore,

mi sono considerato dispensato dagli esercizi perché da quattro mesi in qua sono molto aggravato nella mia malattia. Il tumore è ora in un polmone e la forte cura che sto facendo da mesi è riuscita solo a fermarne la crescita e in più mi ha rovinato lo stomaco. Si proverà ora a irradiarlo. Vivo praticamente in poltrona dalla mattina alla sera. Da due anni non accompagno più nemmeno i ragazzi nei loro viaggi e non dormo mai fuori di casa.

In quanto alla mia invasione della Riserva di Caccia di Calenzano le faccio notare che lei mi ha solo pregato di avvertire il parroco quando parlo in pubblico, non certo quando si tratta d’entrare in una parrocchia solo per incontrare un amico (per consulenza privata su argomenti di tecnica scolastica!).

Infatti quando il sabato seguente s’è trattato d’un discorso al pubblico ho avvertito, come fissato, il parroco di San Donato e con cinque giorni d’anticipo. Il parroco mi ha fatto sapere che aveva molto piacere che io venissi e parlassi. […]

Mi meraviglio che lei dopo la sua visita qui non abbia ancora capito che i miei ragazzi e io ci sforziamo quotidianamente di vivere in una elevata atmosfera di dedizione al prossimo, di problematica religiosa, morale, politica, culturale a alto livello.

da

È ben umiliante per noi sentirci chiamare in basso al livello puerile, dispettosetto, irreligioso delle gelosie e delle invidiuzze locali. Ma è ancora più umiliante che coloro che mostrano di vivere a quel livello trovino subito ascolto in Curia. Che la Curia si presti a far loro da portavoce, che la Curia non domandi loro: « Perché non andate a dirlo all’interessato come prescrive il Vangelo? ».

Nove anni fa (Cioè quando don Lorenzo fu trasferito da Calenzano a Barbiana) , dopo sette anni di incensurato apostolato, don X., don Y. e altri preti della zona vollero il mio allontanamento in modo e in circostanze infamanti e un assurdo esilio in una parrocchia disabitata (che era già stata avvertita che non avrebbe avuto più parroco). Ebbero facile gioco a calunniarmi in Curia e nel popolo perché io non rispondevo.

Sono stato zitto nove anni (nove anni di esercizi spirituali, non una settimana! ) solo perché credo in Dio e perché non stimo né quei preti né chi li ascolta.

Ho rotto il silenzio solo quando invitato dal Sindaco a parlare da esperto di scuola per l’istituzione di un doposcuola che doveva recuperare 15 ragazzi di montagna, dando nel contempo lavoro a due maestri minorati e ferventi cattolici ambedue (reclutati l’uno nell’orfanotrofio « Madonnina del Grappa », l’altra nell’orfanotrofio dell’Immacolata) (un’opera cioè semplicemente buona senz’altri aggettivi e che se polemica era, lo era solo verso gli amministratori socialcomunisti e nulla aveva a che vedere con i confratelli), dopo aver avuto il permesso caloroso del parroco mi vidi arrivare il di lei telegramma che nel contesto che ora ho descritto suonava insulto alla mia onorabilità d’uomo, di cattolico, di sacerdote.

E quel che è peggio, dava occasione ai nostri infelici popoli di veder la Curia assurdamente contraria a una semplice opera di bene e solidale ancora una volta con le spie, gli invidiosi, i cercatori di male nel bene, i ciechi implacabili nemici d’un povero prete morto seppellito in montagna.

Allora ho preteso riparazione pubblica e lei me l’ha data qui davanti ai ragazzi (e glie ne sono grato) ma non ancora là dove ero stato offeso.

Ecco perché, ripresentandosi la medesima occasione, ho raccolto quel pochissimo fiato che mi resta e reggendomi al tavolo per star ritto, rimpinzato di pasticche per calmare la tosse ho aiutato l’opera di bene che i miei giovani si proponevano, che tanto li onora, che così profondamente corrisponde ai miei ideali e che per un’inspiegabile perversione quei preti osteggiano mentre in nessun modo li tocca.

Oggi i miei bambini hanno potuto leggere nella sua lettera che ancora una volta quei preti son corsi da lei e che lei invece di prenderli a sculaccioni ha scritto a me di non mancare di carità!

La Cost. 120 del Sinodo dice che ci vuole giusta e ragionevole causa. L’avevo e notevole: il bene in oggetto e in più la dimostrazione che lo scandalo che ella aveva dato a marzo a quella povera gente era frutto solo di un malinteso (non ristabilivo solo il mio onore, ma soprattutto il vostro! ) .

Dice poi la Cost. 120 di non immischiarsi nei fatti della parrocchia. Dato che nessuno dei preti del comune di Calenzano s’occupa di scuola e nessuno mai partecipa alle riunioni sulla scuola cui il Sindaco ogni volta con lettera personale li invita, pare proprio che essi non intendano che il problema di quel doposcuola sia un « fatto della parrocchia ». E non lo è infatti direttamente. Solo io, e non per mia scelta, ho dovuto farne la materia in cui sono più competente: una parrocchia di 39 anime non mi da modo di allargare molto la mia competenza di parroco!

Tristano Codignola

Tristano Codignola

Ella dovrebbe poi essere felice che un’amministrazione socialcomunista nell’atto di istituire una scuola non chiami per consulente Codignola (L’on. Tristano Codignola, deputato socialista della circoscrizione di Firenze e principale rappresentante del PSI per le questioni riguardanti la scuola) o altri, ma un prete e soprattutto un prete provato per la sua inflessibile ortodossia.

La ringrazio comunque di avermi scritto. Una parola franca anche se malinformata mi fa più bene che il silenzio vile * che la Curia ha tenuto con me nei sedici anni del mio sacerdozio.

Capisco che forse non è tutta colpa sua se ella è circondato da così miserevoli informatori. Forse è colpa anche dei migliori preti della diocesi che accettano gli schiaffi porgendo l’altra guancia. Così adempiono il Vangelo, ma intanto non aiutano né lei né il Vescovo a evitare questa catena di scandali.

Un saluto accorato anche dai ragazzi, suo

Lorenzo Milani

* Nel rileggere ho cercato invano una parola più pietosa, poi ho preferito lasciare quella che mi pare più esatta.

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Da “LETTERE DI DON LORENZO MILANI PRIORE DI BARBIANA” – Mondadori

 

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