MA STA COMMISSIONE UE A NOME DI CHI PARLA?  —  Latte, pasta e riso, dietrofront dell’Europa sull’etichette d’origine

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Per la Commissione Ue è preferibile l’indicazione della provenienza solo su base volontaria per quegli alimenti ancora rimasti fuori dall’obbligo già in vigore, come prodotti caseari, carne di coniglio e cavallo. Il Mipaaf: “Delusi, faremo sentire la nostra voce”. De Castro: “Daremo battaglia in aula all’Europarlamento”

di MONICA RUBINO

Una raccomandazione che è piuttosto una retromarcia sul delicato tema dell’indicazione di origine degli alimenti. La Commissione europea, infatti, in due rapporti appena pubblicati frena sull’etichettatura d’origine obbligatoria per quegli alimenti che sono ancora fuori dalla legislazione vigente. Perciò per latte e prodotti caseari, carni di cavallo e coniglio, ma anche per prodotti come pasta, passata di pomodoro, succo d’arancia, zucchero o riso l’esecutivo Ue ritiene sia “preferibile” optare per una scelta volontaria, piuttosto che per un obbligo a livello comunitario.

Un parere giudicato “deludente” da molti, a cominciare dal nostro ministero delle Politiche Agricole che ha fatto dell’etichettatura d’origine un vessillo sotto cui combattere in Europa. E che va contro la volontà dei consumatori italiani, che invece vorrebbero conoscere l’origine della materia prima di tutti gli alimenti, come hanno dimostrato i risultati della consultazione sul web del Mipaaf. E c’è anche chi legge in quest’allentamento degli obblighi sulle etichette un primo segnale di ammorbidimento dell’esecutivo Ue in vista del TTIP, il trattato di libero scambio in corso di negoziazione tra Europa e Usa che prevede anche l’abbattimento delle barriere non tariffarie nel commercio di beni alimentari.

I rapporti Ue. I report della Commissione europea sono due. Il primo riguarda il latte, i prodotti a base di latte e le cosiddette ‘carni minori’, rimaste fuori dalla legislazione europea già in vigore, cioè coniglio, cavallo e cacciagione. Il secondo documento – “per la cui redazione – si legge – sono state sondate tutte le parti interessate” – affronta la questione dei prodotti non trasformati, ‘mono-ingrediente’ o che hanno un ingrediente che rappresenta oltre il 50% dell’alimento, come riso e pasta, ma anche succhi e conserve di pomodoro. Secondo l’esecutivo Ue, l’etichettatura obbligatoria per i prodotti lattiero-caseari avrebbe un “impatto diseguale” per i produttori, rendendola più onerosa per alcuni che per altri. Anche per le carni minori l’etichettatura di origine obbligatoria “comporterebbe costi operativi non superiori ai benefici”. I consumatori europei, inoltre, non sembrerebbero disposti a pagare di più per le informazioni aggiuntive. Il rapporto suggerisce quindi che sul fronte dei costi “un’etichettatura volontaria, in combinazione con regimi di etichettatura obbligatoria per alcune categorie di prodotti, è il modo più adeguato per andare avanti”.

“L’etichetta d’origine volontaria è consigliabile perché non impone carichi amministrativi non necessari alle autorità nazionali e agli operatori del settore” spiega Enrico Brivio, portavoce per la Salute e la Sicurezza alimentare della Commissione europea. I rapporti dell’esecutivo Ue a questo punto saranno inviati a Europarlamento e Consiglio, per un’eventuale discussione in materia.

Le reazioni. “Ci aspettavamo molto di più dalla Commissione europea, faremo sentire forte la nostra voce nel Consiglio dei ministri dell’agricoltura Ue perché riteniamo fondamentale dare informazioni trasparenti al consumatore sulla provenienza delle materie prime”, tuona il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. “Il rapporto purtroppo non ci soddisfa, ma affronteremo con determinazione la questione tenendo conto delle risposte dei consumatori italiani alla nostra consultazione pubblica”, precisa Martina ricordando che “9 cittadini su 10 ci hanno chiesto di leggere chiaramente l’origine in etichetta”.

Bocciatura completa anche da parte di Paolo De Castro, coordinatore S&D della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo: “Noi siamo molto negativi nei confronti di questi due report perché vanno nettamente contro ciò che avevamo votato in Parlamento e in particolare in Commissione Agricoltura. Appena i rapporti arriveranno in aula all’Europarlamento faremo rumore e difenderemo la nostra linea. Noi siamo a favore dell’indicazione d’origine per garantire informazioni trasparenti al consumatore. In particolare avevamo approvato un documento sul mono-ingrediente proprio per tutelare le conserve alimentari. Del resto la Commissione conosce bene casi come quello dei pomodori provenienti dalla Cina, non mi spiego questa chiusura totale”.

In un intervento correttivo del Parlamento Ue confida anche Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti: “Siamo certi che l’Europarlamento saprà smascherare i pesanti condizionamenti delle relazioni della Commissione per testimoniare in aula i reali interessi dei cittadini”. La commissione europea “ancora una volta si schiera a difesa degli interessi delle grandi lobbies industriali – attacca ancora Coldiretti – con pareri in netta contraddizione con gli interessi dei cittadini europei espressi attraverso Eurobarometro”. Inoltre, continua l’associazione dei coltivatori, “l’indicazione della Commissione europea è anche contraddittoria rispetto al percorso intrapreso fino ad ora che ha portato per ultimo all’entrata in vigore del regolamento Ue 1337/2013”.

Il cammino dell’etichettatura d’origine. Dal primo aprile 2015, infatti, è arrivato in Europa l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora. Un ulteriore passo avanti del cammino iniziato a livello comunitario dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca.

L’Italia è parecchio avanti in tema di etichettatura volontaria. Nel nostro Paese, infatti, dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Infine, il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona

Fonte:  ttp://www.repubblica.it/economia/2015/05/21/news/latte_pasta_e_riso_…

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