TRA I REDUCI DEL TIRRENO COSENTINO

Da dx Giuseppe MINERVINI 1933

Da dx Giuseppe MINERVINI 1933

Nel 1991, una quinta del liceo di Scalea, coordinata dal prof. Ciro Cosenza, raccolse le testimonianze di alcuni reduci dell’ultima guerra.
Sono storie interessantissime perché raccontano la guerra “vista dal di dentro”

Abbiamo già pubblicata quella di Arturo Farace.
In questa il signor Regina ci parla, con molta semplicità, della favola “dell’ordine”, frutto di una propaganda martellante, tipica delle dittature.
Prima però narra anche del rigore, del carcere per chi dissentiva, della censura, della fame e di quelle scarpe fatte di legno e con la tomaia di cartone. Segno chiarissimo di una truffa.
Anche sotto la rigida dittatura fascista c’era chi si arricchiva a danno dello Stato.
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Cognome e nome : REGINA GAETANO
Classe: 1917
Arma o Corpo: ARTIGLIERIA 119° GUARDIA
Fronte: FRONTIERA SAVONA, ALPINO – INTERNO
INTERVISTA
DOMANDA: Ricordi la data della tua partenza
RISPOSTA: Partii il 22 maggio 1939 per il servizio militare e poi in guerra. Mi congedai grazie ad una legge agricola nel 1945.
D: Qual era l’armamento?
R: Avevamo in dotazione cannoni 135/27 che avevano una potenza di tiro fino a 25 Km, poi c’erano 4 mitraglie. Per quanto riguarda l’armamento personale avevamo in dotazione un moschetto e 4 caricatori disponibili, ma che comunque andavano usati solo se estremamente necessario.
D: Che cosa ricorda dell’attacco alla Francia?
R: Fu un’operazione molto dura, attaccammo da una posizione dalla quale tutti gli spostamenti ci venivano difficili. Gli stessi cingolati non riuscivano a salire e spesso ho visto morire commilitoni mentre spingevano i cannoni schiacciati dal pezzo stesso.
D: Quanto tempo è rimasto sul fronte francese?
R: La mia batteria, Raggruppamento S. Barbara, rimase pochi giorni al fronte, poi ci spostarono a Monopoli in qualità di Guardia Costiera, dove rimasi per circa 4 anni.
D: Si è congedato a Monopoli?
R: No, dopo lo sbarco degli alleati si determinò una strana situazione. Alcuni fuggirono, altri, firmato l’armistizio, collaborarono con le forze anglo-americane. Dopo lo sbarco mi mandarono a Forlì con gli alleati ed a Forlì mi congedai.
D: E i vettovagliamenti?
R: Due volte alla settimana ci davano le “pagnotte” (poco più grande di una rosetta) altre volte ci davano la “galletta”. Per colazione ci davano tre fichi secchi a testa.
D: Di fronte a tale situazione quale era il vostro stato d’animo?
R: Non eravamo certamente felici, ma d’altra parte il malcontento non poteva essere reso palese, altrimenti ti mandavano a Gaeta (carcere militare). C’era chi riusciva a sopportare tutto questo, chi no disertava, o andava a rubare nelle campagne vicine.
D: I superiori come si comportavano?
R: Erano estremamente rigidi. Ci davano poca retta.
D: Ricevevate dai superiori bollettini di guerra?
R: No. I nostri superiori non parlavano affatto dell’andamento degli avvenimenti bellici. Non c’erano radio, era vietato possederne, solo il capitano ne aveva una.
D: La corrispondenza come veniva gestita?
R: Quella che arrivava da casa ci veniva consegnata direttamente. Per quanto riguarda la nostra c’era la censura. Io stesso ho fatto, spesso il servizio di censura. Avevamo il compito di leggere le lettere; qualora nelle stesse erano contenuti segreti militari, o informazioni riguardanti l’andamento della guerra, venivano cestinate, ed il nome del mittente veniva comunicato al capitano comandante della compagnia, il quale prendeva i provvedimenti del caso.
D: II vestiario in dotazione come era?
R: Avevamo la divisa invernale di panno grigio-verde, le scarpe erano con la base di legno e la tomaia di cartone. Avevamo pure le “fasce” con le quali dovevamo fasciare le gambe, quasi come degli stivali.
D: Quando foste affiancati dai Tedeschi, cosa è successo?
R: Si creò una situazione molto strana. Loro credevano di essere migliori di noi, pertanto si abbandonavano ad ogni forma di angherie e violenze, anche contro i civili.
D: E quando sbarcarono gli alleati?
R: Noi non fummo molestati. Subito dopo ci fu la firma dell’armistizio incondizionato e le cose migliorarono un po’.
D: Perché migliorarono?
R: Innanzitutto perché prestando servizio con gli alleati avevamo tutto a nostra disposizione: dalle razioni alle zanzariere.
D: Prima dello sbarco degli alleati gli ufficiali cosa facevano?
R: II capitano che comandava la mia compagnia ogni giorno ci spiegava che, qualora le sorti della guerra fossero andate male, dovevamo tutti disfarci delle armi e renderle inoffensive per non consentirne l’uso contro di noi.
D: Cosa ne pensi del duce?
R: Non ne condividevo le sue scelte politiche. Lo rimpiango solo per l’ordine che aveva saputo imporre.

Da “Tra i reduci dell’Alto Tirreno Cosentino”

Il signore a dx nella foto è Giuseppe Minervini, fratello di Ciccillo.

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