ORSOMARSO ed il suo dialetto – VOMMERE A CRAPE, CAMASTRA, CHIRIDDO, CISSO, CITRINUSO, GRISOMMITO, CRUPO

 

Vocaboli del nostro dialetto che derivano dal greco

VOMMERE A CRAPE (corbezzolo)

Da cómaros corbezzolo.

CAMASTRA (Catena di ferro per appendere la caldaia sul fuoco.)

Da cremastòs appeso; derivato, a sua volta, dal verbo cremánnumi che vuol dire “appendere”.

L’oggetto in questione era usato, ovviamente, in tutte le case, non essendoci, nei tempi andati, altro mezzo per cucinare se non il fuoco; ecco perché il termine “camastra” compare in molti documenti dei paesi bizantini del Meridione d’Italia. Fra i beni dotali che nel 1116, a Cerchiara, in Calabria, Anna di Lando dà alla figlia Argentia, troviamo, fra l’altro: stegnaton, cái cremastalion, cai tigani (uno stagnato, una “camastra”, un tegame).

Più o meno gli stessi oggetti, fra cui, ancora, una cremastalin siderùn … cioè una “camastra” di ferro, sono elencati in un’altra carta dotale, anch’essa di Cerchiara, scritta nel 1196. In un atto di donazione, stipulato a Cersosimo, in Basilicata, in data incerta, si trova lo stesso oggetto indicato, questa volta, con il termine preciso ancora usato in questa zona: camastra.

CATA’  (È una preposizione derivata dal greco catà che ha vari significati.)

Nei dialetti meridionali è usata nell’espressione “pede cata pede” cioè “piede innanzi piede”, cioè “vicino”, soprattutto quando si vuole indicare un movimento dall’alto in basso.

CHIRE o CHIRIDDO ( Verso con cui si chiamava il maiale: chire – chire.

Nel linguaggio infantile, il maiale stesso: u chire, u chiriddo.)

Da chòiros maiale.

Il vocabolo era già nel greco classico: Omero (Od. XIV, 73) … be d’imen es sifeùs, othi éthnea ércato choiron (si diresse ai porcili ove erano chiuse le razze dei maiali).

Vangelo di S. Matteo (VIII, 30) … en de macràn ap’autòn aghéle chóiron boscoméne (vi era lontano da loro una mandria di porci a pascolare).

CISSO  ( Nell’espressione “parlà cisso” cioè parlare molto e senza badare a ciò che si dice; oppure nel detto “Vaje ciésso” cioè “va di qua e di là”.)

Il Racioppi vorrebbe far derivare il termine da chissa (pica, gazza), (ma è in dubbio e, lui stesso, riferisce l’opinione di un “signor Cedrarola” che propone il vocabolo ecusios (spontaneamente).

Siccome il termine, come già si è detto, è usato anche nel significato di “andare di qua e di là”, non potrebbe derivare da chissòs che vuol dire “edera”?

CITRINUSO  ( Di color giallo.)

Da chitrinos giallo, colore del cedro.

GRISOMMITO ( Grossa albicocca.)

Da chrisómelon che propriamente, vuol dire “mela d’oro”, e il colore dell’albicocca è, appunto, dorato.

Oggi, a scherzo, si usa questa parola per indicare un’enfiagione sulla testa; questo significato è, ormai, tanto comune che ha fatto quasi dimenticare quello originario.

 

CRUPO  ( Letame.)

Da copros.

Il vocabolo, comune, ancora a Senise e in altre zone, era usato, una volta, anche a Sant’Arcangelo.

La parola copros era comunemente usata anche nel greco classico; così Omero (Od., IX, 329) … cai to men eu catétheca catacripsas ipó copro … (e lo nascosi bene coprendolo sotto il letame, …).

 

Tutto il materiale che trovate in questa “categoria” è frutto del lavoro e dell’intelligenza di don Luigi Branco, un prete di Sant’Arcangelo di Lucania.

 

Io mi sono limitato a prendere quanto serve a spiegare l’origine greca di alcuni vocaboli del dialetto orsomarsese.

 

A don Luigi ed ai giovani che l’aiutano nel suo lavoro tutta la mia gratitudine.

 

Nota: le parole greche sono scritte in caratteri latini.

 (Continua)

 

 

 

 

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