La persona veramente religiosa,
se segue l’essenza dell’idea monoteistica,
non prega per qualche cosa, non si aspetta niente da Dio;
non ama Dio come un figlio ama il padre o la madre;
ha acquisito l’umiltà di conoscere i propri limiti al punto di rendersi conto che non sa niente di Dio.
Dio diventa per lei il simbolo in cui ogni uomo, a uno stadio precedente della sua evoluzione, ha espresso la totalità di ciò per cui l’uomo lotta, il regno spirituale dell’amore, della giustizia.
Ha fede nei principi che Dio rappresenta;
crede nella verità,
vive per l’amore e la giustizia,
e considera tutto della sua vita prezioso in quanto che gli dà la possibilità di arrivare a un più completo sviluppo del suo potere umano,
come la sola realtà che conti,
come l’unico oggetto di «fondamentale interesse»;
e di conseguenza non parla di Dio, e neppure ne menziona il nome.
Amare Dio, se dovesse usare questa parola, significherebbe, allora, desiderare il raggiungimento della piena capacità di amare,
per la realizzazione di ciò che « Dio » rappresenta in se stesso.
E.Fromm, “L’arte di amare”, Il Saggiatore
Foto RETE