UN VIDEO molto bello racconta la CALABRIA

 

“Mi fu sempre difficile spiegare che cos’è la mia regione. La parola Calabria dice alla maggioranza cose assai vaghe, paese e gente  difficile. Una mia padrona di casa berlinese mi declamava “Kalabrien und Asturien!” secondo si trova, credo, nei Masnadieri di Offenbach,  e io non riuscivo a convincerla che le Asturie non c’entrano. Ma tant’è, la Calabria fa parte d’una geografia romantica.

Fu una delle prime preoccupazione della mia vita di scrittore ricercare i Calabresi che ebbero diritto di cittadinanza nella civiltà centro italiana che fu in definitiva la civiltà nazionale, e di rendermi conto dell’influenza che detta civiltà ebbe nella nostra regione  calabrese; un Telesio, un Campanella, un Mattia Preti, che risposero subito alla formazione della civiltà di toscana in italiana, un abate Gioachino da Fiore che fu un ideale capostipite di san Francesco d’Assisi ; ecco i due stati d’animo nei quali noi calabresi moderni e italiani possiamo riscontrare d’aver risposto alle sollecitazioni della civiltà nazionale.

Che Dante si sia ricordato del calabrese abate Gioachino come d’una altissima espressione del pensiero medievale e monastico, che Petrarca abbia mentovato il nostre frate Barlamo che gli insegnò il greco, che Boccaccio parli dell’autorità del Barlamo nel libro della Genealogia degli Dei, che il Comune di Firenze abbia avuto come primo maestro pubblico di  greco il nostro Leonzio Pilato, che infine Barlamo e Petrarca, Boccaccio e Pilato si trovino inseme a iniziare l’Umanesimo, ecco alcuni fatti che legano noi alla grande Tradizione.

Leggendo il Vasari,  si ritrova un accenno a un tal Marco calabrese pittore. […]

Più tardi, cercando nella vita imbrogliata di Campanella, mi colpì, dei suoi rapporti con Galileo, come Galileo gli desse tanto poco ascolto; credo che quest’uomo nostro, il quale pur perseguitato gli offriva la sua difesa, doveva apparire a Galileo farraginoso, impregnato di pregiudizii, di rozzezze, che erano il fumo del suo gran fuoco. Ma pure Campanella rappresenta il Calabrese più italiano, uno degli Italiani più vivi, quello che si accostava alla vita e alla civiltà e all’avvenire partendo dal popolo,  dal senso religioso della Calabria monastica, da quell’accento e disposizione d’animo primitiva in cui tutti i popoli somigliano come somigliano gl’infanti. […]

Lo stesso Campanella fu uno strumento cui non si ardì metter mano, della Controriforma. Fin da allora apparve che il carattere della nostra regione era il sostegno dei principii di autorità, e i fatti pei quali si parla di lei sono inerenti a questa disposizione: le violenze del 1799 a Napoli,  la guerriglia contro i francesi di Massena nel 1806.

In fondo all’animo del Calabrese c’è una aspirazione ai concetti assoluti e alla metafisica; filosofare è ancora la sua occupazione preferita , essere paladino dell’autorità il suo orgoglio. […]

La contemplazione dei concetti assoluti e delle cose passate fa del Calabrese l’uomo meno capace di infatuazioni, uno dei più tradizionali […]”.

Corrado Alvaro

Foto: ORSOMARSO – Notturno

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