Orsomarso ed il suo dialetto: TIEDDA,TRUPIA, TUP-TUP…

 

…TURZO, GUALANO.

Vocaboli del nostro dialetto di origine greca

 

Tiedda

Padella, tegame.

Il vocabolo è venuto nel nostro dialetto dal greco téganon.

È interessante notare come, in tutti i dialetti meridionali, la parola sia pronunciata con la “i” nella terz’ultima sillaba, invece che con la “e”: “tíganon” non “téganon”, prova che il vocabolo è venuto a noi con i Bizantini i quali, com’è noto, seguivano, nella pronuncia, la regola dell’itacismo (h = i) non dell’etacismo (h = e).

Il termine era usato comunemente nell’Italia meridionale durante il medioevo.

Ad Orsomarso esiste tiedda e tiano

Trupia

Tempesta.

Deriva, probabilmente, da tropáia che indica un vento che soffia dal mare.

L’etimologia proposta è suggerita dal fatto che il vento suddetto è apportatore di piogge torrenziali e di tempeste; perciò in molti paesi delle coste meridionali sono dette “tropíne, tropéje, trubbeje” le tempeste estive e le piogge rovinose.

Tup-tup:

Il suono reso dal ticchettare.

È certamente voce onomatopeica, ma potrebbe derivare anche dal verbo greco tupto che significa “battere” ma che è anch’essa voce onomatopeica.

Turzo

Il torsolo.

Da thursos (tirso).

Il tirso era il bastone usato nelle feste di Bacco: era ornato di edera e di tralci di vite. Nel linguaggio del popolo dovette poi indicare prima il bastone, in genere, e poi il fusto di alcune verdure, soprattutto quello del cavolo.

Scherzosamente si usa la parola turzo per indicare una persona poco intelligente e lenta nel pensare e nell’agire.

Gualano

Bifolco; addetto alla custodia dei buoi.

La parola potrebbe derivare dal verbo balanòo (chiudere e, quindi, custodire) tenendo presente che in tutte le lingue indoeuropee è comune il passaggio dal suono “b” al suono “v” e al suono “u”.

Il termine, pronunciato, a volte “gualáno” è comune a tutti i dialetti dell’Italia meridionale.

Questa è una strofetta scherzosa cantata, a Sant’Arcangelo, dalle ragazze dei tempi passati:

O mamma non u vogghiu lu ualane,

i’ vogghiu lu pastore come jene

vene lu tiempe di la malannata

sule pi la ricotta mi mantene.

Ed ecco dei versi in dialetto cosentino, tolti dalla già citata poesia “La notte di Natale” di V. Padula:

C’era là ma allu stramanu

fatta ‘e crita e de jinostra,

‘na casella de gualanu

ch’allu lustru s’addimostra:

spuntillarunu lu vetti,

e la porta s’apiretti.

 

Tutto il materiale che trovate in questa “categoria” è frutto del lavoro e dell’intelligenza di don Luigi Branco, un prete di Sant’Arcangelo di Lucania.

  Io mi sono limitato a prendere ed integrare quanto serve a spiegare l’origine greca di alcuni vocaboli del dialetto orsomarsese.

  A don Luigi ed ai giovani che l’aiutano nel suo lavoro tutta la mia gratitudine.

 Nota: le parole greche sono scritte in caratteri latini.

   (Continua)

Nella foto, che devo alla cortesia di Attilio Calvano, vedete un “gualano” a Scorpari.

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