Scilla e Cariddi: un mito tra paura e tenerezza

Scilla, con teste di cane, e Cariddi, il vortice

Il tratto di mare con la fama peggiore e più antica è quello dello Stretto di Messina. Luogo ricco di fascino e suggestione, deve la sua nomea alla presenza di correnti rapide ed irregolari e ai venti che vi soffiano, talora in conflitto tra loro.

Quel che dice la scienza

Il problema sta tutto nella sua posizione e nella sua conformazione geografica.

Lo Stretto di Messina, infatti, può essere paragonato ad un imbuto: la parte più stretta è a Nord tra Capo Peloro, Sicilia e Torre Cavallo (Calabria) mentre si allarga a Sud, avendo come fine la linea ideale che congiunge Capo Taormina con Capo d’Armi.
L’incontro-scontro dei due mari, il Tirreno e lo Ionio, aventi differenti caratteristiche chimico-fisiche quali salinità, temperatura e densità, nonché una profondità diversa, essendo il bacino ionico più profondo di quello tirrenico, comporta che le acque non siano immediatamente miscibili e generino particolari fenomeni caotici, che fin dai tempi antichi hanno terrorizzato i naviganti.

Le correnti dello Stretto di Messina si possono ritenere vere e proprie correnti di marea: quella principale (prodotta dal flusso) va verso il Nord, mentre quella generata dal riflusso scende al Sud.


Ulisse e i suoi uomini che lottano contro Scilla, illustrazione dell’Odissea del 1880


Qualcosa in più…

Le onde si formano quando le acque più pesanti del Mar Ionio si precipitano contro le più leggere acque tirreniche in fase di recessione o quando, nel caso della scendente, le acque tirreniche scivolano rapidamente su quelle ioniche più pesanti, già presenti nel bacino.

Nello stretto s’incontrano:

  • gorghi, fenomeni a sviluppo verticale formati dall’incontro di correnti opposte e favoriti dall’irregolarità del fondo. I principali si formano comunque in punti determinati con corrente montante come il mitologico “Cariddi”, a Sud di Capo Peloro.
  • Garofali: presentano una rotazione ciclonica in cui le acque più pesanti affondano sopra quelle più leggere, che emergono con moti turbolenti. Un grosso “garofalo” formato invece dalla corrente scendente si trova tra Punta S. Raineri e l’ingresso del porto di Messina. Le correnti di marea nell’interno del porto di Messina durano tre ore ciascuna con intervallo di calma di tre ore.
  • Macchie d’olio: hanno un movimento anticiclonico e le acque affiorano al centro del vortice, mostrando una superficie calma d’aspetto oleoso.
  • Bastardi: sono correnti che si sviluppano lungo le coste, con intensità proporzionale e contraria a quella del flusso principale, ma variabile da zona a zona.

La verità del mito

La suggestione ed il fascino della potenza delle manifestazioni hanno contribuito significativamente a rendere lo Stretto di Messina un luogo ricco di miti. I più noti sono Cariddi, davanti alla spiaggia del Faro, e Scilla, che si forma sulla costa calabrese da Alta Fiumara a Punto Pizzo.

Un pericoloso triangolo amoroso

Alla luce di quanto detto finora possiamo affermare che anche l’Italia ha il suo bel triangolo ma, poiché siamo un popolo romantico, il nostro è il più classico dei triangoli: quello amoroso.

Scilla

Scilla, la stupenda figlia di Forco e Ceto, era solita passeggiare sulle spiagge di Zancle e fare il bagno nelle sue splendide acque. Una sera, mentre si bagnava, fu spaventata da un rumore proveniente dai flutti, così si ritirò su una roccia, intimorita.

Dal mare emerse una figura maschile mezzo uomo e mezzo pesce dalla pelle bluastra; tra la barba e i lunghi capelli s’intravedevano frammenti di alghe. Vista la reazione della ninfa, Glauco, dio marino, le urlò il proprio amore, raccontandole la propria triste storia.

Circe- Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto -1651 ca

Il povero Glauco

Un tempo era un pescatore della Beozia ed un giorno, dopo una pesca particolarmente fortunata, aveva steso le proprie reti al sole per asciugarle ed allineato i pesci per contarli; ma questi, appena furono in contatto con l’erba, ripresero vigore e saltellando, quasi fossero ancora in acqua, ritornarono in mare.

Glauco rimase sbalordito e, dopo essersi posto molte domande, pensò che lo strano fenomeno potesse essere causato dall’erba, così ne mangiò qualche filo. Appena l’ebbe ingoiata sentì di essere attratto irresistibilmente verso l’acqua.

Accolto benevolmente dagli dei del mare, fu mutato da Oceano e Teti in un dio e trasformato per metà in pesce.

Glauco e Scilla – Agostino Carracci – 1597 – Galleria Farnese – Roma

Lei, lui e l’altra

Nonostante la triste storia Scilla lo rifiutò, così Glauco, disperato, decise di farsi aiutare dalla maga Circe.

Quello che Glauco ignorava, come nelle migliori tragedie classiche o soap opera moderne, è che la stessa Circe era innamorata di lui, così, al posto di aiutarlo, decise di eliminare la sua rivale dalla competizione per il cuore di Glauco.

Circe non prese bene la storia del triste amore di Glauco e, cercando d’inculcargli un po’ di dignità, gli ricordò che era un dio e non aveva bisogno di implorare l’amore di una donna umana, dopodiché cogliendo l’occasione gli si propose.

Glauco però la rifiutò e ribadì la sua richiesta di un filtro d’amore per la sua ninfa. Circe, indispettita, al posto di aiutare il dio marino decise di eliminare Scilla.

La maga preparò un filtro e si recò presso la spiaggia preferita di Scilla per versarlo tra le onde. Quando la ninfa arrivò, accaldata, decise di immergersi e, dopo essersi bagnata, si trovò circondata da mostruose teste di cane ringhianti.Spaventata, Scilla scappò fuori dall’acqua, accorgendosi così che i musi ringhianti erano attaccati alle sue gambe, tramite dei lunghi colli serpentini. Annientata dalla paura e dall’orrore si gettò in mare per poi rifugiarsi in una cavità vicino ad uno scoglio.

Si racconta poi che, per vendicarsi di Circe, divorò gli uomini di Ulisse mentre lui stava attraversando lo stretto.

Altre versioni vedono Poseidone innamorato della ninfa, ma Afrodite gelosa convince Circe a trasformarla.
Un’altra versione riporta che Scilla, innamorata di Glauco, rifiutò Poseidone che, per vendetta, la trasformò in un mostro.

Qualsiasi versione si scelga la fine è, comunque, lacrimevole: Glauco pianse la sorte toccata a Scilla e per sempre rimase innamorato dell’immagine di grazia e dolcezza che la ninfa un tempo rappresentava, mentre Scilla, “colei che dilania”, continuò a strappare i marinai dalle loro navi ogni volta che passavano vicino alla sua tana nello Stretto.

Ciris

Una seconda leggenda, meno conosciuta, fa di Scilla la figlia di Niso, re di Megara, che restava invincibile finché portava in testa un cappello d’oro. Quando la città di Messina fu assediata da Minosse, Scilla s’innamorò di lui e, dopo avergli fatto promettere che l’avrebbe sposata, tagliò il cappello al padre. Minosse così sconfisse Niso ma poi, scoperto l’accaduto, inorridì e decise di legarla alla prua della sua nave e la fece annegare. Gli dei si impietosirono e la trasformarono in airone.

Cariddi spalanca le fauci

Cader in Scilla per scappar Cariddi

Secondo questo detto valeva la pena rischiare di finire nelle fauci di Scilla pur di girare al largo da Cariddi.

In realtà di Cariddi si sa ben poco ed anzi, vi sono anche alcune incongruenze. In alcuni casi Cariddi è una neiade, figlia di Poseidone, il mare, e di Gea, la terra tormentata da una grande voracità.
Dovrebbe la sua trasformazione a Zeus, che la punì per aver rubato e divorato i buoi di Eracle che era passato dallo Stretto coll’armento di Gerione.

La giovane Cariddi rimarrà nello Stretto di Messina, nella riva opposta a Scilla, tracannando enormi quantità di acqua per poi risputarla con violenza in mare, causando vortici che inghiottono le navi di passaggio e provocando violenti naufragi.

I

Cariddi e Scilla – Alessandro Allori

In letteratura

Cariddi è menzionata anche nel canto XII dell’Odissea di Omero, in cui si narra che Ulisse preferì affrontare Scilla, per paura di perdere la nave passando vicino al gorgo.
Secondo alcuni studiosi, la collocazione del mito di Scilla e Cariddi presso lo stretto di Messina, sarebbe dovuta a un’errata interpretazione: l’origine della storia potrebbe, in realtà, avere avuto luogo presso Capo Skilla, nel nord ovest della Grecia.

Il fianco destro di Scilla, il sinistro Cariddi implacabile tiene, e nel profondo baratro tre volte risucchia l’acqua, che a precipizio sprofondano, e ancora nell’aria con moto alternale scaglia, frusta le stelle con l’onda.
(Virgilio, Eneide III 420-23)

Trovo singolare, e un po’ ironico, che entrambi i miti riportino come personificazione di una forza avversa della natura, due donne da cui è più saggio girare al largo.

Fonte: http://www.inchiostrovirtuale.it/scilla-e-cariddi/

Foto RETE


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