PARMARIJA – Gianni e la zappa

Gianni è figlio, nipote e pronipote di zappatori. Anche Gianni fino all’età di vent’anni non ha fatto altro che zappare. Un lavoro massacrante e intollerabile.

Gianni decide di arruolarsi. Si arruola infatti ed è soddisfatto e felice della nuova vita che fa in città.

Dopo un anno torna in famiglia per un mese di licenza.

Dietro la porta di casa, come si usa dai contadini, ci sono zappe, rastrelli, tridenti, picconi, falci.

Gianni, che ora toscaneggia e si dà le arie di signore raffinato, si sofferma a guardare con curiosità tutti quegli attrezzi di lavoro ammucchiati dietro la porta, come se li vedesse per la prima volta. Infine domanda al padre, additando la zappa:

“Babbo, che diavolo di arnese è quell’affare là?”

“Di cosa parlate, figlio?” fa il padre che in verità non intende la strana domanda di Gianni.

“Quell’arnese là, babbo.”

“Questo? ” dice il padre fuor di sé e per assicurarsi di non aver capito male tocca perfino la zappa.

“Sì, babbo, quello.”

“Non ricordate più come si chiama, figlio? Se appena da pochi mesi vi è caduta di mano! “

“E beh?! C’è passato del tempo, babbo! Non sono più mica quello di una volta e certe cose si dimenticano, babbo, veh!” e Gianni fa per allontanarsi piuttosto risentito; ma chi sa come inciampa sulla lama della zappa il cui manico gli sbatte forte sul naso.

“Chi ha messo questa stramaledetta zappa fra i piedi?” Gianni urla furioso, premendosi la mano sul naso rotto.

“Oh, figlio, ora ve lo ricordate, il nome!” osserva il padre, scrollando con tristezza la testa.

Da MITI, RACCONTI E LEGGENDE DI CALABRIA, di Saverio Strati  – Gangemi

Foto RETE

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