Asor Rosa agli studenti: «Siete i nuovi resistenti»

«Sono resistenti anche loro». L’accostamento tra i ragazzi di oggi e gli scrittori italiani della Resistenza il professor Alberto Asor Rosa lo fa senza esitazioni. E ieri lo ha spiegato in piazza del Popolo, dove si è tenuta la prima di una serie di lezioni all’aperto, organizzate dagli studenti del liceo Tasso di Roma, l’unica scuola dove l’occupazione ha due anime. La prima è quella «ordinaria», fatta da chi protesta all’interno del plesso scolastico di via Sicilia, organizzando i gruppi di studio tipici delle occupazioni; l’altra è quella «all’aperto» degli studenti che, sentendosi a disagio con il modo di occupare sempre uguale a se stesso e avendo votato la scorsa settimana contro l’occupazione (ma per modi diversi di mobilitazione), hanno deciso di portare il loro dissenso fuori dal portone, per «occupare la città e portare la cultura dappertutto».

Primo ospite d’eccezione, che ha accettato il loro invito, Alberto Asor Rosa. Professore di Letteratura italiana, critico, intellettuale di riferimento della sinistra, il professor Asor Rosa, ieri, a piazza del Popolo ha preso il megafono degli studenti (con tanto di adesivi attaccati sopra) e ha incantato decine di giovani, dipingendo con le parole il «filo della Resistenza» che tiene unita l’Italia fin dal dopoguerra e il ruolo che ebbe la letteratura durante il grande cambiamento. Professore, cosa hanno in comune gli scrittori che ha citato durante la sua lezione in piazza e gli studenti che la stavano ad ascoltare? E perché ha scelto proprio questo tema per la sua lezione?Ho tenuto conto del fatto che anche questi ragazzi sono resistenti. In comune con gli scrittori italiani di quel periodo hanno proprio la Resistenza. E anche l’età. Ci dobbiamo sempre ricordare che chi scrive non nasce adulto come spesso si potrebbe percepire, e scrittori come Beppe Fenoglio e Italo Calvino erano ragazzi quando vissero la Resistenza. Cosa hanno da insegnare i “ragazzi” di ieri ai ragazzi che si affacciano ora alle proteste e alla ribellione ben diversa di questo momento storico? Le esperienze storiche possono essere chiamate in causa per leggere il presente. Ma prudentemente. I giovani della Resistenza usavano le armi per liberare il proprio paese e quel preciso momento storico, quel tipo di lotta potrebbero essere bestialmente equivocati ai giorni nostri.

Ma esiste un filo della Resistenza che attraversa tutta la nostra storia. E questo filo esiste anche in quello che fanno oggi i ragazzi. Un legame che va tenuto in piedi. Come guarda alla protesta giovanile di questi giorni? Come giudica il movimento studentesco che è sceso in piazza e sta occupando le scuole? Sostengo i motivi della protesta. Tutto ciò che è avvenuto negli ultimi anni, a livello ministeriale, nel mondo dell’istruzione, va nel senso opposto a quello che dovrebbe essere. Se gli studenti e i professori protestano per i tagli e per la continua umiliazione che subiscono la scuola e l’Università, hanno la sacrosanta ragione di protestare. Mercoledì scorso il corteo organizzato dagli studenti delle scuole superiori e delle università a Roma è terminato con uno scontro molto duro con la polizia che ha caricato i manifestanti. Come giudica ciò che è avvenuto? I comportamenti che la polizia ha tenuto in quella occasione sono senza dubbio inaccettabili e sanzionabili. Dico però che le frange mascherate, quelle che stanno sempre in cima ai cortei e che creano gli scontri che abbiamo osservato anche in questa occasione sono altrettanto riprovevoli e sanzionabili. Nel 2011 lei scrisse un articolo nel quale riconosceva la legittimità di un eventuale intervento di polizia e carabinieri per porre fine al governo Berlusconi. Pensa ancora che sarebbe legittimo un intervento delle forze di polizia in casi analoghi? Il governo Berlusconi è stato rovesciato da un intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, senza bisogno dell’intervento dei carabinieri. L’effetto, alla fine, non è stato dissimile. Se al posto di questi giovani che la ascoltano qui in piazza ci fosse lei da giovane, cosa farebbe? Si metta nei loro panni per un attimo. Beh, (sorride) la distanza temporale fra me e loro è così grande che non riesco proprio a rispondere. Finita la scuola e l’università molti di questi ragazzi decidono di lasciare l’Italia in cerca di una occupazione e di un mercato del lavoro che sappia valorizzare di più i saperi. Fanno bene? Io penso che i ragazzi devono combattere per il loro paese, per un destino che sia diverso dal precariato che gli si profila davanti. Molti si esaltano quando un giovane intelligente e capace, che si è formato nelle nostre università, trova il suo posto ideale o viene cercato da paesi esteri. Io mi esalterei molto di più se quelle persone rimanessero in Italia, per loro e per il paese.

– Mariagrazia Gerina

 

Fonte: Il Manifesto

Foto: ilvostro.it

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