AMARE RIFLESSIONI DA LEGGERE E MEDITARE

Mortadella al Senato della Repubblica

Le insinuazioni di Grasso contro Caselli. Le dimissioni di Terzi. Il presidenzialismo di Napolitano e il criptofascismo di Grillo. Il panorama del mese alle nostre spalle è inquietante. La vita pubblica italiana appare sempre più estranea alle regole di una nazione democratica.

Quando si trascorre un periodo fuori della patria, oltre a disintossicarsi, si gode del vantaggio di uno sguardo più lungo e lento, e di un punto di vista esterno, anche se pur sempre di chi è, nel bene e nel male, interno al Bel Paese. Rientrare è sovente traumatico, e il clima, la cucina, gli affetti, non ti confortano. Specie in questa fase, ritornando dalla contigua Francia, un “Paese normale”, quello che noi non siamo e non saremo mai.

La normalità che ci manca è la democrazia, detto in una sola parola. L’Italia non è mai stata educata alla democrazia, anche quando le sue istituzioni, e soprattutto la sua Carta costituzionale, sono state improntate a valori alti di tipo democratico avanzato. Mi risparmio gli esempi storici, facili da produrre, dallo Stato illiberale postunitario, al fascismo, al nuovo regime democristiano, sia pure con qualche brevissimo interludio di approssimazione alla democrazia. In definitiva, gli italiani, dall’uomo della strada, dalla casalinga di Tortona al contadino molisano, dall’impiegata del catasto all’operaio tessile, dal professore di università al pubblico amministratore, perlopiù con la democrazia non hanno grande dimestichezza. E avendo perlopiù un’attitudine passiva rispetto allo “Stato”, dai suoi gestori e tutori si aspettano di essere anche guidati verso le pratiche democratiche. E invece…

Bersani e Grillo

Invece, il panorama del mese alle nostre spalle, quello ho personalmente trascorso a Parigi, è peggio che desolante: è inquietante. E se mentre ero là, ai colleghi e amici transalpini mi chiedevano commenti alla situazione italiana, avevo difficoltà a fornire risposte, ora che sono rientrato, ho le stesse difficoltà: a comprendere, prima di valutare ed esprimere opinioni fondate. Certo, certissimamente, so che la situazione appare del tutto estranea alle regole della vita di una nazione “democratica”. Non saprei dire come ne usciremo, se in farsa o in tragedia; intanto, preparati ad ogni futuro scenario, compresi i peggiori (e i pessimi), proviamo a riflettere.

Il presidente del Senato Grasso

L’elezione dei due presidenti del Parlamento è apparsa una vittoria delle forze di Centrosinistra; ma v’è da rabbrividire pensando che la presidenza del ramo più autorevole, la seconda carica dello Stato, sia stata offerta a un magistrato appena gettato sull’arengo elettorale dal PD, benché la fortuna di quel magistrato sia frutto diretto di una scelta berlusconiana, giunta alla emanazione di un provvedimento legislativo speciale per eliminare il candidato naturale alla direzione della Procura nazionale antimafia, Giancarlo Caselli: fra tante leggi ad personam, in quel caso si trattò di una legge anti personam. Grasso non ebbe l’onestà allora di rinunciare, anzi ne tacque e approfittò del generoso aiuto del cavaliere, e oggi addirittura dimenticando il suo ruolo, si permette di telefonare – il modello berlusconiano, appunto – a una trasmissione tv dove un giornalista racconta la verità in merito, e pretende in tempi immediati un risarcimento sotto forma di sua presenza come special guest in tv, trovando il sistema (il combinato disposto di un sistema tv prono ai politici) pronto ad accoglierlo, invece di sbeffeggiarlo come avrebbe meritato. E addirittura il signor presidente del Senato si permette di fare oscure e vacue insinuazioni su Caselli, un magistrato che è davvero integerrimo. Nessuno mi pare abbia gridato allo scandalo. E proprio qui sta lo scandalo. Il silenzio della normalità di un Paese che scambia l’eccezione per norma, un Paese che rimane in defettibilmente la patria del “lei non sa chi sono io”. Purtroppo lo sappiamo, dottor Grasso; e purtroppo, aggiungo, lo sappiamo, onorevole Bersani, fiero autore di questo bell’acquisto.

L’ex ministro Terzi

E che dire di un ministro in carica che si dimette alla Camera, come se fosse stato eletto, invece che nelle mani del Presidente della Repubblica, dopo aver informato il Presidente del Consiglio? Si dimette addirittura in diretta televisiva, in modo plateale, cercando gli applausi oltre che dei familiari (che intanto come gli “amici” di Maria De Filippi, si sgolano dalla platea del pubblico), soprattutto della destra, prontamente giunti, con totale disprezzo di ogni regola istituzionale da parte di tutti. E meno male che il signor Giulio Terzi di Sant’Agata è un diplomatico di carriera (il nome stesso ce lo dice) che aveva peraltro già creato problemi a non finire sia nella trattativa per il voto all’ONU per ammettere i Territori Palestinesi come “osservatore” (a cui si era opposto, sconfitto dal suo stesso Governo), e soprattutto nella grottesca gestione del caso dei due “marò” presentati come vittime innocenti di una persecuzione giudiziaria dei perfidi indiani. Una figuraccia internazionale in cui è emerso, accanto alla scarsa dimestichezza con le regole del sistema internazionale, e al “diritto delle genti”, l’antico fantasma dell’italiano traditore, che non sta ai patti, che viola i trattatati. L’aveva fatto Berlusconi nel 2011 con il colonnello Gheddafi, dopo aver siglato un impegnativo trattato di amicizia, bombardando e diventando complice della distruzione del Paese oltre che dell’omicidio brutale del suo leader. Lo ha fatto il Governo Monti, in una scomposta, rissosa e inconcludente conduzione a tre teste (Difesa, Esteri, Presidenza), confortata, ahinoi, dal presidente della Repubblica, che riceve addirittura al Quirinale i due omicidi confessi come eroi nazionali.

L’ex comunista Napolitano

Già, il presidente: che all’estero, non solo in Francia, chiamano da tempo “Re Giorgio”. Stiamo diventando, non da oggi, una Repubblica presidenziale, in forma strisciante, ma secondo un processo al quale manca soltanto la sanzione giuridica. È vero dunque: esiste una Costituzione formale, e purtroppo una Costituzione materiale che sta ridisegnando il volto dell’Italia “democratica”. Anche se le intenzioni di Napolitano fossero le migliori (e non ho motivo di dubitare, fino a prova contraria), i tanti colpi che egli sta dando all’edificio istituzionale potranno avere conseguenze future inimmaginabili; o forse al contrario facilmente immaginabili. Alla caduta di Berlusconi, invece di sciogliere le Camere il capo dello Stato fece Monti senatore e lo insignì del ruolo di presidente del Consiglio, a capo di un governo di “tecnici”, il quale, in modo paradossale, dopo le elezioni, continua ad essere operativo (e spesso a fare danni: vedi in particolare l’attivismo del ministro dell’Istruzione e Ricerca Profumo, che ogni giorno aggiunge nefandezze e scempiaggini al suo già gravissimo operato).

Le metamorfosi di Monti

Monti dal canto suo, come la biscia, ha morso il ciarlatano, che gli ha dato la salvezza: e nelle more del dopo elezioni, scornato per il modestissimo risultato, vedendosi preclusa la presidenza del Consiglio, pretende addirittura di diventare presidente della Camera Alta, andando a reclamare quella poltrona, che ovviamente gli viene negata. Anche qui: da entrambe le parti si manifesta un sostanziale disconoscimento non soltanto delle forme democratiche, ma dello stesso bon ton istituzionale. Quale demone abbia spinto l’austero professore bocconiano, che un anno e mezzo fa assunse la croce in nome della salvezza d’Italia, a mettersi in proprio, e a nutrire ambizioni spropositate, appartiene al novero dei grandi misteri irrisolti della Repubblica: o forse basta una spiegazione semplicissima: il sapore del potere, una volta assaggiato genera dipendenza?

Intanto, il Presidente ci riprova, e dopo aver dato vita a un governo extraparlamentare crea una sorta di organismo parallelo, composto da personalità quasi tutte al di sotto di ogni sospetto (con alcuni galantuomini). Desolante pensare che un Quagliariello-Quaquaraquà possa entrare nel novero dei “saggi” della Repubblica. Ci sono stati risparmiati Brunetta e Chicchitto, certo; e forse dobbiamo accontentarci. Tuttavia, non solo sfugge il senso dell’operazione, ma la sua legittimità.

L’accoppiata Grillo – Casaleggio

Chi però sbraita contro questa mossa, all’ultimo invocando un Governo Bersani, ossia i mestatori di M5S, appaiono davvero penosi. Là, siamo davvero nell’Oltre-democrazia: esattamente come Berlusconi, il signor Grillo e il suo amico Casaleggio, uomo dei poteri forti come il professor Monti, appaiono figure del tutto estranee alla dialettica, alla cultura, e alla prassi della democrazia (anche per quanto concerne la vita interna del Movimento, ove ovviamente di democrazia manco a parlarne). Troppo tardi per farceli rientrare. E chi ha votato M5S pensando di addomesticarli, ha commesso lo stesso errore dei liberali che sostennero Mussolini nel ’21, alle elezioni dette del “Listone”, pensando che una volta dentro le istituzioni gli squadristi si sarebbero rabboniti, e pacificati. E l’atteggiamento oggi di Grillo assomiglia appunto a quello di Mussolini dopo la Marcia su Roma, quando tenne in scacco il Re, il quale pensava di cavarsela dando al PNF qualche ministero, ma dovette dare l’intero governo, secondo le pretese del romagnolo. Quella tempesta durò pochi giorni; questa in cui ritrovo il mio Paese dura da oltre un mese. E Grillo aspetta il governo: nulla di meno che la guida della nazione. Di fatto così bloccando la vita istituzionale, aggiungendo il dileggio, la pernacchia, lo sbeffeggio (lo ricordate incappucciato, mentre fa jogging davanti alla sua principesca villa al mare inseguito da paparazzi ai quali non riserva neppure il saluto!?), l’insulto, e la negazione di ogni diritto agli operatori dell’informazione, i quali a loro volta piegano pecorescamente il capo, invece, ad esempio, di piantare in asso i due grotteschi capigruppo di M5S, che convocano conferenze stampa che nemmeno ai tempi peggiori del breznevismo si erano vedute, nelle quali sono ammesse risposte (le loro!) senza domande.

Così, la vita pubblica italiana appare un campo di rovine, e la nazione è a un passo dalla catastrofe, una nazione già sotto scacco per le minacce dei berluscones, che si comportano a loro volta come un secondo esercito di occupazione, urlando al golpe se si pensa di processare il loro capobanda, e invocando la piazza se non si contratta con lui la nuova presidenza della Repubblica. Ebbene? In una democrazia davanti a minacce eversive estreme, si inviano le forze dell’ordine (invocò il Presidente che mandasse i carabinieri o l’esercito a fermare l’uomo di Arcore, qualche anno fa Asor Rosa con felice paradosso), e invece il capo di questo Stato invita stentoreamente a dare lo spazio che gli spetta al cavaliere nella vita politica nazionale. Lo spazio dell’illegalità?

Intanto l’Italia è ridotta in queste condizioni. E prospettive non se ne vedono

E in questo sconcertante scenario, dove non sai a quale santo votarti (ma per favore, risparmiatemi il nuovo Papa! Appena insediato, siamo già al delirio: ma in fondo la raccolta delle figurine di Francesco è una degna sanzione della fatuità spettacolarizzata di un pontefice che vuole far dimenticare il suo passato, non remoto, di uomo di fiducia della dittatura argentina; dovremo rimpiangere Ratzinger?), i filosofi italiani si chiamano Dario Fo, Adriano Celentano e Franco Battiato, che impartiscono lezioni di politica e pubblica moralità. Se non abbiamo il Principe di Machiavelli, dateci almeno un Principe de Curtis, che se non altro li seppellisca tutti con una risata.

di Angelo d’Orsi

Da temi.repubblica.it/micromega-online

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