Il mito di PAN

Pan col flauto – Reggia di Caserta

 

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Una etimologia popolare interpretava il nome di questo dio cornuto e coperto di pelli come «Tutto», dal greco pas, nume che avrebbe rappresentato la totalità della natura avvertita anche in forma di mistero cosmico. In realtà Pan è un dio della crescita dei vegetali e degli animali, da una radice, pasco, che significa vegetare e pascolare. Signore dei campi e delle selve nell’ora meridiana, trasmette un terrore sottile e paralizzante, il terror panico, a chi per caso lo vede. Resta il dio che rappresenta tutto il succo naturalistico o della mitologia tardo-antica e quasi ne è la figura più rappresentativa se, nella narrazione di Plutarco, il declino inesorabile degli dei antichi è collegato al grido che marinai egei avvertirono a mezzogiorno dalle navi, il grido che annunziava la fine dell’Olimpo poiché’ «il grande Pan è morto

Statua di Pan – Parigi

 

Protettore dei pastori e delle greggi, Pan era forse il più antico dio degli Arcadi. Figlio di Ermes e della Ninfa Driope il futuro dio delle selve era così brutto e deforme quando nacque, che sua madre fuggì via impaurita e disgustata. Ermes, invece, raccolse il bambino con affetto, lo coprì con una Pelle di lepre e lo portò in Olimpo, per far divertire gli dei. Fra i numi, e specialmente in Dioniso, scoppiò l’ilarità più sfrenata.

Demone, mezzo uomo e mezzo animale, Pan univa alla stranezza del suo fisico, inclinazioni e interessi non comuni. Il suo volto barbuto aveva un’espressione ferina e terribile, che veniva acuita dall’inferiore parte caprina del suo corpo, fornita di zampe irsute e piedi provvisti di zoccoli.

Flauto di pan

Talvolta lo si riteneva figlio di Penelope, moglie di Odissee, oppure figlio di Crono e Rea e, quindi, fratellastro di Zeus. In ogni caso, Pan non viveva in Olimpo. Ministro della Grande Madre Terra, egli era un dio terrestre amante delle selve, dei prati e delle montagne. Selvaggio e primitivo, Pan amava vagare per i monti d’Arcadia, dove pascolava le greggi e allevava le api. Si aggirava tra le floride valli e i limpidi ruscelli, sovente in compagnia delle Ninfe. Invece, al tramonto si ritirava in caverne e si trastullava suonando la zampogna, cantando e danzando.

Pan insegna al pastorello Dafni a suonare la siringa (Museo archeologico nazionale di Napoli)

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Ben note erano le sue abilità fisiche: dotato di una prodigiosa agilità, egli anche rapidissimo nella corsa e nel salto. Ma ciò che più gradiva era la solitudine e la quiete del mezzogiorno, allorché, sottraendosi alla fastidiosa calura, era solito riposarsi indisturbato. Contro chiunque si azzardava a molestare la sua sacra siesta, Pan scatenava la sua violenta reazione e poteva davvero divenire pericoloso.

Dio musico, gli era caro il silenzio delle ore meridiane in cui preferiva dormire o amoreggiare con le Ninfe. Dio fallico, la sua vita fu caratterizzata da un’intensa attività sessuale. Estremamente passionale, Pan s’infiammava d’amore sia per femmine che per maschi e, quando non riusciva a possedere un partner troppo riluttante, non disdegnava pratiche oscene e onanistiche.

Pan e la capra – Museo Archeologico di Napoli.

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Questo dio arcade, dall’equivoca reputazione, sedusse numerose Ninfe. Eco, che gli generò Iunge, ebbe un’infelice storia d’amore con Narciso. Innamoratasi del bel giovane, ella ne fu respinta bruscamente, cosicché finì la sua esistenza gemendo e piangendo, fino a che si ridusse a pura voce, l’eco. Da Eufeme, nutrice delle Muse, Pan ebbe invece Crotos, l’inventore degli applausi, trasformato poi da Zeus nella costellazione del Sagittario. In un’altra occasione, Pan rincorse Siringa dal Monte Linceo fino al fiume Ladone. Giunta in una palude, la vergine Ninfa volle sfuggire a Pan tramutandosi in syrinx (pianta di canna). Quando il dio pié-di-capra la raggiunse, con enorme sorpresa strinse fra le braccia villose soltanto canne palustri. Incantato dal dolce lamento che esse producevano, egli ne fece uno strumento musicale.

La casta Pitis, invece, si trasformò in un pino, sempre per evitare I’incubo di un amplesso con Pan. Fortuna maggiore ebbe Selene, la dea Luna, di cui ottenne le grazie regalandole una mandria di buoi bianchi. Pan riuscì a possederla avvolto in una candida pelliccia di pecora e coprendo, in questo modo, il suo nero pelo caprino.

Pan e Siringa nei pressi del fiume Ladone

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Gli attributi del dio capripede erano la siringa («zampogna»), il bastone di pastore e la corona di pino.

Dio guerriero, egli partecipò alla Titanomachia, contribuendo notevolmente alla vittoria di Zeus. Mediante il terribile suono del suo corno a spirale egli infatti riuscì a suscitare nei Titani il «timor panico», mettendoli in fuga.

Le sue connotazioni militari si rivelarono anche nella battaglia di Maratona. Alla vigilia dello scontro il dio apparve al messaggero Filippide, e si rammaricò delle scarse attenzioni culturali degli Ateniesi. Richiese assoluta devozione in cambio della sua protezione nella prossima battaglia. Essendo risultati vittoriosi, gli Ateniesi gli consacrarono una grotta sulle pendici dell’Acropoli — «l’antro di Pan» — e Milziade stesso gli dedicò una statua, per ringraziarlo del terror «panico» suscitato fra i nemici.

Dio libero e gaudente, intimamente legato alla natura e ai piaceri vitali del sesso, Pan fu l’unico dio a morire. La luttuosa notizia fu diffusa da Tamo, un navigante, e produsse angoscia e disperazione nel mondo intero.

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Da “Miti e leggende dell’antica Grecia” , di Rosa Agizza – Newton & C. Editori

Foto: Rete

 

 

 

Foto: Rete

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