È una discesa agli inferi tra i 5 continenti quella di Irons, un giro del mondo in 97 minuti alla fine dei quali ti senti sporco, con addosso il fetore di isole intere ricoperte di rifiuti e negli occhi quei bambini deformi, teneri mostri usciti dal grembo inquinato di madri ignare

rifiuti

 No place for waste. Nessun posto per i rifiuti. Eppure posti sembra ce ne siano molti, per lo più sbagliati. I rifiuti ci invadono e ci dominano, anche se ci arrabattiamo per non farci caso, per non volerli vedere. Poi capita che esca un film comeTrashed, documentario della regista Candida Brady, protagonista Jeremy Irons. E non si può più fare a finta di niente. Perché di rifiuti lì se ne vedono a tonnellate – e in ogni parte del mondo, ché nessuno si senta escluso… Curiosa unarecensione del film che si legge per l’anteprima gratuita napoletana: “La portata globale del tema “rifiuti” è tale, che la Campania ne riesce ad uscire addirittura alleggerita, nonostante le statistiche vedano da anni la Regione come unica detentrice di un triste e sciagurato primato”. Siamo così mestamente abituati al nostro piccolo orizzonte che, in barba alla globalizzazione, ci siamo abituati a consolarci con poco, senza più linfa per combattere, agire, ribellarci. Per esempio, ribellarci a montagne di materiali non riciclati o non riciclabili, che impiegano anni a decomporsi. Alcuni nemmeno si decompongono in realtà. Certo, diventano invisibili, irriconoscibili, ma ancora esistono, pezzettini minuscoli che colonizzano silenziosi terre e mari. Quelle terre e quei mari sui quali il film si apre con una panoramica dall’alto: un punto di vista privilegiato e al tempo stesso distorto, che ci fa intravedere uno spettacolo meraviglioso. Ma quando la telecamera, attenta e audace, si avvicina al suolo… scopriamo l’esatto contrario.

È una discesa agli inferi tra i 5 continenti quella di Irons, un giro del mondo in 97 minuti alla fine dei quali ti senti sporco, con addosso il fetore di isole intere ricoperte di rifiuti e negli occhi quei bambini deformi, teneri mostri usciti dal grembo inquinato di madri ignare, che per anni hanno accumulato diossina nei loro corpi indifesi. Immagini agghiaccianti che testimoniano l’inarrestabile deriva dell’inquinamento globale e che conducono lo spettatore in un “viaggio dell’incredulità” attraverso immagini di vita (e morte) spaventose, facendo tappa in Libano, Inghilterra, ma anche al Polo, uno dei luoghi più belli e incontaminati all’apparenza, ma in realtà uno dei più inquinati al mondo. Irons incontra scienziati ed esperti che mettono in luce verità inquietanti, che rendono le atmosfere del film ancora più allarmanti.

Un feroce atto d’accusa questo documentario, dal quale è inevitabile uscirne colpevoli. La regista punta il dito contro le dinamiche dell’economia mondiale, ma anche contro ognuno di noi. Anche se siamo convinti di produrre una quantità minima di rifiuti e ci sentiamo a posto con le nostre coscienze, non basta. Il film è un incitamento alla lotta e al cambiamento, che non a caso promuove la Campagna Legge Rifiuti Zero. Unappello rivolto a un mondo di de-responsabilizzati che perdono di vista la dimensione globale, concentrati come siamo nelle piccole baruffe locali. Ma gli oceani inquinati ci riguardano eccome. Riguardano noi come singoli cittadini, e riguardano le grandi strutture economiche, politiche e sociali che hanno in carico la gestione degli scarti.

Ecco perché occorre rendere economicamente favorevole l’industria “pulita” a impatto zero e sfidare il mercato. Sono già moltissimi gli imprenditori che hanno aderito alla Campagna nel mondo, evitando che più del 90% dei loro rifiuti fosse diretto alle discariche e agli inceneritori, riducendo i costi per lo smaltimento, incrementando la propria efficienza operativa e diminuendo sia il proprio impatto ambientale (la cosiddetta “impronta di carbonio”) che la propria responsabilità a lungo termine. Si tratta di trasferire risorse, anche economiche, dallo smaltimento e dall’incenerimento al riuso e al riciclo. Più che mai si rende necessaria l’applicazione del principio che “chi inquina paga”, rivedendo la responsabilità civile e penale per il reato di inquinamento ambientale.

Ciò permetterebbe di attuare un’autentica lotta alla criminalità organizzata e agli imprenditori collusi, che organizzano lo smaltimento dei rifiuti in maniera del tutto casuale, costringendo poi lo Stato, quando non connivente, a costosissime bonifiche. Allo stesso tempo è necessario stroncare il traffico dei “tir dei veleni” e del commercio illegale di rifiuti verso l’estero, per lo più verso quei Paesi emergenti le cui economie rampanti accolgono senza troppi convenevoli i nostri rifiuti, per lo smaltimento (sic!) dei quali le organizzazioni criminali ricevono contributi e incentivi. In pratica una ristrettissima lobby monopolistica che gestisce da decenni appalti per centinaia di milioni di euro.

Affinché questo argomento fastidioso sia compreso e condiviso dal maggior numero possibile di comunità in tutto il mondo, al fine di promuovere le soluzioni più creative e produttive, viene promossa nel mondo la Campagna Zero Waste. In Italia, duecentocinquanta organizzazioni in diciotto regioni diverse hanno costituito il Comitato per la proposta di Legge di Iniziativa Popolare Rifiuti Zero, con finalità ambiziose quanto imprescindibili se vogliamo davvero sopravvivere. Non ci sono mezzi termini, non è in gioco solo la salute del pianeta, ma anche la nostra, ed entrambe sono – in maniera alquanto ovvia – connesse. Il 3° firma day si terrà in tutta Italia sabato 29 e domenica 30 giugno prossimi. È ora di farsi sentire e di alzare la voce. O di prendere in mano la penna. Perché si tratta, come sostiene il comitato scientifico, di riportare il ciclo produzione-consumo entro i limiti imposti dalle risorse del pianeta, riducendo le percentuali di produzione dei rifiuti (dati 2000) del 20% (target 2020) e poi del 50% (target 2050). Occorre assicurare l’informazione continua e trasparente alle comunità in materia di ambiente e rifiuti, rafforzando la prevenzione delle malattie attribuibili a inadeguate modalità di gestione dei rifiuti. L’obiettivo è quello di costruire norme applicative per favorire quello che le Direttive Europee ci dicono essere prioritario, cioè prevenzione e riduzione, riutilizzo e riuso, raccolta differenziata “porta a porta”, riciclo e recupero dei materiali inorganici ed organici per produrre materia prima secondaria per l’industria, compost per l’agricoltura e biometano per ridurre l’importazione di quello fossile. Come suggerito nella Carta di Napoli, occorre apportare modifiche alla Legge nazionale in vigore per la gestione dei rifiuti (Testo Unico Legge n° 152/2006 e successive modifiche).

Il 7 marzo scorso Trashed è stato proiettato al Parlamento Europeo durante un evento che ha riunito esperti di rifiuti da tutto il mondo. In questa occasione è stato pubblicato un Green paper, con lo scopo di aprire la discussione su come rendere più sostenibili i prodotti in plastica durante tutto il loro ciclo vitale e ridurne l’impatto sull’ambiente.Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, afferma: “gestire i rifiuti in materiale plastico è una delle più grandi sfide in termini di tutela ambientale ma è anche un’enorme opportunità per l’efficienza delle risorse. In un’economia circolare dove gli altissimi tassi di riciclo offrono soluzioni alla carenza di materiali, credo che la plastica abbia un futuro. Invito quindi tutti gli stakeholder a partecipare a questo processo di riflessione su come rendere la plastica parte della soluzione piuttosto che il problema”.

La locandina del film, prodotto dalla Satya Doc, intima: “If you think waste is someone else’s problem.. think twice!” [Se pensi che i rifiuti non siano un tuo problema… ripensaci!”]. E il fatto che in molti luoghi sia già in atto una rivoluzione essenziale che, in nome di un mondo migliore, pratica il compostaggio e potenzia la vendita e l’acquisto di prodotti non imballati, significa che davvero è giunto il momento di essere saggi prima ancora che intelligenti. Perché, citazione di memoria einsteiniana con cui si chiude il documentario, “l’uomo intelligente risolve i problemi. L’uomo saggio li evita”. O li previene, potremmo dire.

Anna Molinari

Da unimondo.org

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