“SAN NILO DI ROSSANO AL MERCURIO”

Copertina dell’opuscolo

Nel 940, accompagnato da un monaco italo-greco, giunse «ai monasteri che erano intorno al Mercurio» un giovane di Rossano, di nome Nicola.

Apparteneva ad una nobile famiglia di quella città.

La tradizione vuole che fosse dei Maléinos, dignitari imperiali apparentati coi Foca.

Il giovane, molto bello, come asserisce il Codice Greco Criptense Basiliano, beta II, 430, f. 12-155, aveva lasciato Rossano, abbandonando moglie e figlia, appena toccato da irresistibile richiamo ascetico. Si recava «ai monasteri» per seguire l’esempio dei padri del deserto ed indossarne il saio monacale.

Grande vocazione, la sua, se aveva ripudiato figlia e moglie, una giovane che «per vaghezza e bellezza di forme -sono parole del Bìos – superava tutte le altre», e, nonostante fosse, rispetto a lui, «di bassa ed umile condizione» – è sempre il Bìos – , il matrimonio fu coronato dai carismi dell’amore.

Non fu convivenza, come insinuano alcuni studiosi, ma un matrimonio legalizzato dalle norme bizantine.

Certamente, per una concubina, non si sarebbe mosso il «governatore di tutta la regione», che, pur di farlo rientrare in famiglia, aveva emanato drastiche minacce, finanche il taglio della mano e la confisca del monastero, contro quell’igumeno che lo avesse tonsurato.

Giunse «ai monasteri», sull’ubicazione dei quali ci siamo cimentati recentemente in uno scritto pubblicato dalla Deputazione di Storia Patria per la Calabria, nella Rivista Storica Calabrese, ma con esito non del tutto sodisfacente sull’Identificazione, per il fatto che il Bìos li menziona col nome dell’igumeno, che, nel 940, ne era a capo: Giovanni, Fantino, Zaccaria.

«Erano intorno al Mercurio», la città-fortezza, il «kastron», la «civitas», posta a picco su taglio roccioso della sinistra del Leo, ad ovest dopo la confluenza dell’Argentino.

È probabile che intorno al «kastron» si siano agglomerati fuggiaschi da Lauinium durante le guerre gotiche o le longobardo-bizantine. Il toponimo, anche se originariamente mitico, è collegato al martirio, il «paskein», che divenne l’emblema dell’asceta, la continuazione incruenta, come nei padri del deserto.

S. Mercurio fu martire, ma non sappiamo a chi dei due martiri vada riferito il toponimo, se di Cesarea o di Tauriana.

In un processo per un efferato delitto, consumato sul sacrato della chiesetta nel 1933, i testimoni chiamati a deporre citano il luogo come «S. Mercurio». Presso Tauriana e a Roccagloriosa si pratica il culto del martire.

Anche nell’area di Mercurio, che nella metà del X secolo assurse a grande eparchia monastica italo-greca, il martirio, come nella Tebaide, fu lievito fermentatore per gli asceti. Difatti, oltre a s. Mercurio, si veneravano Carito, i Santiquaranta, Venere, Domenica, Santo, Lorenzo, Stefano, Lucia, Giorgio, Vito, Leonardo.

E, a breve distanza dal «kastron», vi è la grotta de «I Ciminnìti», dei Cimiteri. Certamente un martyrium.

Fra gli anfratti conserva sepolture ancora integre ed un forno crematorio a monte dell’ingresso.

Fu luogo d’incontro dei primi cristiani, poi di raccolta dei condannati al martirio, successivamente rifugio di asceti.

È probabile che sia stata meta di culto del patriziato romano, che, con piccolo cabotaggio, era solito recarsi in pellegrinaggio alla culla del monachesimo egizio-palestinese-siriaco.

La presenza a Lauinium di Marcellino, il nonno di Melanìa seniore, della gens Antonia, avrebbe determinato il toponimo dell’attuale Marcellina, dove, e nei pressi, resti tardo-impero, forse ecclesiali, conservano il nome di «cappella».

Le prime manifestazioni monastiche nell’area mercuriense si svolsero in laure, celle, asceteri, grotte-santuario.

Successivamente, quando il movimento raggiunse l’acme, si edificarono monasteri e grange.

(CONTINUA)

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Fonte: “San Nilo di Rossano al Mercurio” di Orazio Campagna

 

 

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