Per la scienza sono ancora un mistero. Perché sogniamo? Qual è il senso delle nostre fantasie notturne?

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Aerei in caduta libera che invece di esplodere si vaporizzano nell’aria come bombolette spray, corpi che levitano sfidando la legge di gravità, lancette dell’orologio che corrono all’indietro. Ogni notte nei nostri sogni la preistoria si mischia con la fantascienza, la logica con l’incongruenza. Ma cosa si nasconda dietro quest’evento tanto misterioso ancora nessuno può dirlo con certezza. Ci hanno provato nell’ordine, indovini, zingare, poeti, psicanalisti e neuroscienziati. Trascurando i primi tre, cosa hanno scoperto gli altri? Chi ci può spiegare i sogni? Hanno un significato o sono soltanto una serie di impulsi elettrici? A cosa servono e come si formano. Ecco il punto della situazione.

Cosa accade quando si sogna

Quando gli occhi si chiudono e si perde contatto con il mondo esterno gli esseri umani – anche quelli che non ne conservano memoria – diventano spettatori, per quasi due ore a notte, di immagini fantastiche proprio come davanti a un film dall’impatto fortemente emotivo. I muscoli del corpo si paralizzano mentre il cervello, in corrispondenza di alcune precise fasi del sonno, torna a essere attivo proprio come nello stato di veglia (vedi multimedia sulle fasi del sonno).

Negli anni ’50, quando William Dement – oggi uno dei più famosi scienziati del sonno – formulò quest’ipotesi studiando il sonno dei gatti, la comunità scientifica pensò subito a un errore del giovane ricercatore. In realtà la scoperta segnò un punto di svolta nella ricerca oltre che del sonno, anche dell’attività onirica.

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Una scoperta rivoluzionaria

Esattamente 50 anni fa si scoprì infatti che i sogni, intesi come visioni vivide e bizzarre, si verificano in corrispondenza delle fasi di sonno caratterizzate da un movimento rapido degli occhi, e per questo chiamate R.E.M. (Rapid eye movement). «Ciò che sogniamo – spiega Dement – accade veramente nei nostri cervelli». Tanto è vero che se una persona sta sognando di assistere a una partita di tennis, i suoi occhi, sotto le palpebre, si spostano da sinistra a destra come farebbero nella realtà. In quest’ottica il fatto che si stenti a ricordare i sogni, secondo alcuni ricercatori, può essere un meccanismo di protezione del cervello: rischieremmo altrimenti di confonderli con la realtà, con serie conseguenze per il benessere psichico di ognuno.

Messaggio dell’inconscio o impulso casuale?

Molti anni prima dell’avvento delle neuroscienze, Sigmund Freud aveva regalato al sogno dignità di fenomeno scientifico. «Per il padre della psicanalisi – spiega Edmonda Guzzardi, psicoterapeuta – i sogni sono “lettere inviate a se stessi”, ovvero messaggi con cui l’inconscio porta a conoscenza della parte consapevole della mente umana tutta una serie di desideri e impulsi rimossi». In questo senso le visioni notturne utilizzano un linguaggio simbolico per poter esprimere senza censura gli istinti più proibiti (che per Freud sono esclusivamente di natura sessuale).

Radici lontane e crisi recenti

Passiamo circa sei anni della vita a sognare, circa 50 mila ore. I sogni sono la terza attività della mente, diversa dal ragionare (a mente sveglia) e dal dormire profondamente. L’umanità li ha sempre considerato fondamentali, domandandosi che senso avessero. Gli egittologi hanno scoperto un libro in cui gli egizi interpretavano i simboli onirici. I Romani e i Greci credevano nel valore predittivo dei sogni, distinguendoli per precauzione in “sogni d’avorio” (quelli veritieri) e “sogni di corno” (quelli menzogneri). La psicanalisi, appunto, ne ha fatto un metodo d’indagine della psiche umana fino a essere seriamente messa in crisi, negli anni ’70, da due ricercatori di Harvard, J. Allan Hobson e Robert McCarley.

Cortocircuiti fortuiti

Secondo i due studiosi, i sogni non sono altro che impulsi nervosi del tutto casuali. Grazie a strumenti, come la Pet o tomografia a emissione di positroni, capaci di mappare le diverse aree del cervello, essi formularono un’ipotesi chiamata di “attivazione e sintesi”. La fonte dei sogni sarebbe una scarica di impulsi nervosi che parte dal “ponte”, una piccola area alla base del cervello, e “attiva” le cellule della corteccia cerebrale (preposta alla maggior parte delle funzioni cerebrali superiori). Queste scariche provocano immagini e sensazioni che poi il cervello “sintetizza” secondo un significato fortuito. Come quando – spiegano i due studiosi – in laboratorio si stimolano elettricamente, e in modo indolore, alcune zone del cervello. Può capitare che qualcuno senta una musica, e qualcun altro ricordi un giocattolo dell’infanzia.

Dentro il cervello alla scoperta dell’Io

Nella difficoltà di accettare l’ipotesi in cui i sogni sono tessere di un mosaico messe a caso, altri ricercatori hanno affermato che sì, gli impulsi nervosi che partono dal ponte forse sono casuali, ma con ogni probabilità vanno a stimolare solo alcune cellule nervose, quelle più attive durante il giorno. Un esempio? Se da svegli si è subito uno spavento, di notte le zone cerebrali che controllano l’emozione della paura saranno le più reattive.

Quest’ipotesi, più di altre, sembra mettere d’accordo psicanalisi e neuroscienza, anche se oggi la conoscenza del cervello umano non permette ancora di fare luce sul mistero. «Il sogno come fenomeno mentale è materia della psicoanalisi – puntualizza Mauro Mancia, psicanalista e neurofisiologia all’Università degli Studi di Milano  -. Però è chiaro che l’argomento interessa molte differenti discipline, poiché avviene per lo più all’interno di un fenomeno biologico che è il sonno».

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Tempesta elettrica

Incalzati dall’idea che mentre si sogna il cervello dell’uomo cambia, alcuni scienziati hanno provato a guardare dentro il cervello di chi dorme. Pierre Maquet, ricercatore all’università di Liegi, ha sottoposto a una Pet alcuni volontari per verificare quali aree cerebrali fossero attive durante il sonno. Ha così confermato che gli impulsi tipici della fase Rem darebbero luogo ai sogni più “movimentati”: le zone più “bombardate” della corteccia si trovano a dover dar senso a una specie di tempesta elettrica, e lo fanno creando un sogno, cioè assemblando nel modo più coerente possibile frammenti di immagini e di sensazioni che si trovano già nella memoria, prese dalla vita reale. Nelle fasi intermedie – invece – sono più attive le zone associative frontali e parietali della corteccia, sedi dei ragionamenti. In queste fasi del sonno predominerebbe un tipo di sogno più pensieroso e ragionato. «Non c’è momento in cui la nostra mente riposa, – aggiunge Mancia – questa è la nostra condanna o la nostra fortuna».

Serve, come respirare

Una cosa è certa: sognare è necessario. A questa tesi si è giunti sperimentando su alcuni volontari la privazione di sogni: svegliate non appena iniziava in loro la fase Rem (quella in cui si sogna più intensamente) le cavie umane tendevano successivamente a compensare sognando di più. Ma perché sogniamo? Nel tempo si sono fatte numerose ipotesi. Secondo alcuni la loro funzione è prettamente neurologica. Senza i sogni, che hanno il compito di mantenere al minimo il “motore cerebrale”, il cervello faticherebbe a tornare in esercizio dopo il “coma” notturno. Secondo altri, come il neurofisiologo Allan Hobson, attraverso i sogni il cervello rielabora il materiale immagazzinato durante la giornata e fissa nella memoria a lungo termine i dati dell’esperienza più recente.

Gli spazzini del cervello

Agli inizi degli anni ’80 Francis Crick – vincitore del premio Nobel per la determinazione della struttura del Dna- e Graeme Mitchinson, proposero un’ipotesi innovativa: sogniamo per dimenticare. La fase Rem servirebbe a pulire il cervello da ricordi “sporchi”, informazioni inutili, fatti sconvolgenti o sgradevoli che potrebbero avere conseguenze negative, oppure connessioni neuronali indesiderate che si sono sviluppate durante il giorno. Le ipotesi dei due ricercatori, però, spiegano soltanto il perché dei sogni più bizzarri e assurdi (che i due consigliano addirittura di non ricordare e ricostruire).

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Manutenzione programmata

In alcuni casi i sogni permettono di superare violenze e episodi negativi che durante il giorno vengono per lo più rimossi per mantenere l’equilibrio mentale. Per Freud, senza la valvola di sfogo dei sogni, i desideri proibiti di ognuno produrrebbero nevrosi ed episodi psicotici. Ipotesi peraltro smentita da successive ricerche.

Per Mario Bertini, psicologo e autore della voce “sogno” dell’Encyclopedia of Human Brain, il cervello umano si comporta come un computer, alternando momenti di esecuzione dei comandi ad altri di riprogrammazione. Organizza e assembla le informazioni genetiche che appartengono alla propria specie con i dati che appartengono al singolo individuo. Ciò spiegherebbe anche il motivo per cui i neonati passano il 70 per cento del loro sonno nella fase REM. È come se avessero bisogno di immagazzinare quante più informazioni possibili relative al comportamento umano.

Monica Piccini

Fonte: http://www.focus.it/hi-tech/gli-esploratori-dei-sogni

Foto web

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