Lettere dal fronte

Attilio Leone in Africa nel 1937

Per i soldati al fronte o in un campo di concentramento il pensiero della famiglia dà vigore alla speranza.

Il grosso fardello di morti, sofferenze, fatiche, fame si riesce a portare perché lontano c’è qualcuno che aspetta, che è in pena e che coltiva il desiderio di un abbraccio.

Le lettere sono la vita che reclama le sue ragioni, con i suoi sogni e gli affetti,   mentre la morte ti cammina a fianco e la vedi nel corpo straziato di un compagno.

E senti la follia di quella guerra che ti hanno costretto a combattere, mentre avresti preferito badare al tuo lavoro.

arturao farace lettera campo di concentramento

Nella foto vedete  un esempio di lettera dei prigionieri di guerra.

La scrisse nel 1945 Arturo Farace alla famiglia.

A proposito della corrispondenza dei militari, Gaetano Regina, nel libro “Tra i reduci dell’Alto Tirreno cosentino”, racconta :

 “Quella che arrivava da casa ci veniva consegnata direttamente. Per quanto riguarda la nostra c’era la censura. Io stesso ho fatto, spesso il servizio di censura. Avevamo il compito di leggere le lettere; qualora nelle stesse erano contenuti segreti militari, o informazioni riguardanti l’andamento della guerra, venivano cestinate, ed il nome del mittente veniva comunicato al capitano comandante della compagnia, il quale prendeva i provvedimenti del caso”.

In realtà la censura serviva a mantenere i civili a casa nell’illusione che tutto andava bene, che i nostri non mancavano di niente e che la guerra, in fondo,  non era così cattiva.

 

Illusioni. I reduci porteranno nel corpo e nell’anima ferite che il tempo non saprà rimarginare.

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