Caccia: c’è chi spara, chi vota e chi paga…

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Siamo da sempre nel mirino dell’Unione Europa per l’insostenibilità dell’esercizio venatorio derogato delle Regioni in violazione al diritto comunitario e non sembra che a breve ci saranno miglioramenti significativi. Già lo scorso mese, alla vigilia dell’apertura della stagione di caccia 2015-2016, le associazioni animaliste Enpa, Lac e Lav si sono rivolte con una lettera aperta al Premier,Matteo Renzi, al Ministro delle Politiche Agricole,Maurizio Martina e al Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, per segnalare “la grave e perdurante situazione italiana di illegittimità in materia faunistico-venatoria”. “L’Italia ha il dovere di esercitare la tutela dellabiodiversità anche nei riguardi dell’Unione Europea e del Pianeta”, ma oggi “il nostro Paese a questo compito mal risponde e l’emergenza che desideriamo segnalare a Lei, al Ministro dell’Ambiente e al Ministro delle Politiche Agricole, lo testimonia in modo eloquente. Ci riferiamo alle gravi e diffuse inadempienze alla normativa nazionale da parte delle Regioni sulla programmazione faunistico-venatoria del territorio, attraverso i piani faunistico-venatori regionali (PFVR), che costituiscono uno dei principi e uno dei cardini fondamentali della legge-quadro 157/1992, e che sono in primo luogo uno strumento di conservazione, come recita l’articolo 10 comma 1° della legge medesima” hanno spiegato le tre associazioni.

Tale programmazione sarebbe dovuta entrare a regime dalla stagione venatoria 1994-1995, in tutti i suoi aspetti, ma oggi, a distanza di venti anni, lo scenario è assai diverso da quello immaginato. “Tutti noi sappiamo quali profonde, radicali modifiche abbia subito la nostra Italia in questi anni, per il consumo di suolo, la distruzione degli habitat, l’inquinamento, l’azione degli incendi, la siccità ed altri devastanti fattori. Lombardia, Piemonte, Lazio, Molise, Basilicata, Sardegna ed altre Regioni – hanno continuato gli animalisti  – hanno piani regionali vecchissimi, o, addirittura, non ne hanno affatto, mentre la normativa nazionale prevede il loro rinnovo ogni cinque anni, anche affinché l’attività venatoria sia esercitata solo in base alle reali condizioni ambientali del territorio, delle popolazioni selvatiche e sia dunque davvero sostenibile”.  Per chi da sempre si oppone alle deroghe alla caccia “Senza questo strumento, come ha riconosciuto anche la magistratura, non è legittimo cacciare e non bastano i piani provinciali a costruire un sistema coerente che può essere stabilito solo a livello regionale”. 

In questi anni dunque si è consumata nel Belpaese una condizione di “illegittimità degli spari”, di “forte danno ambientale” e di “frustrazione dei diritti dei cittadini”. Forse non tutti sanno, infatti, che in Italia, non si è riusciti ancora ad eliminare l’articolo 842 del Codice Civile, che permette ai soli cacciatori di entrare nella proprietà privata altrui non recintate. La legge prevede che il conduttore che desideri escludere il suo fondo dalla programmazione venatoria senza doverlo recintare, possa farlo secondo precise modalità e tempi previsti dalle Regioni di appartenenza. Questo iter però si rivela troppo spesso complesso e non privo di difficoltà per i proprietari di fondi, e secondo la Lac “spesso la domanda alla fine viene respinta dalla Provincia con motivazioni che fanno pensare ad una eccessiva attenzione alle richieste del mondo venatorio, più che a quello dei proprietari dei terreni”.

Come mai? Oggi come trent’anni fa i cacciatori vengono considerati un “serbatoio di voti”. Questo almeno suggerisce la lettura dei calendari venatori regionali, ricchi di inadempienze gravi alla legge nazionale 157/92 e al diritto comunitario (in particolare con la deroga della direttiva “Uccelli”) e con molte aperture anticipate della stagione adottate fuori dalla legge. L’esempio più recente viene dalla regione Sicilia dove nella Commissione Affari Produttivi dell’Assemblea Regionale Siciliana si pensa da alcune settimane di apportare sostanziali modifiche alla legge regionale. “Le anticipazioni fornite dagli stessi componenti della terza commissione sono inquietanti – ha spiegato la scorsa settimana Annamaria Procacci, Consigliera Nazionale di ENPA – in quanto, con il ricorso alle deroghe, al prolungamento della stagione di caccia al 10 febbraio quando sarà già iniziata la fase riproduttiva per moltissime specie, alla creazione di un unico Ambito Territoriale, e agli spari concessi nelle aree demaniali, si determinerebbe uno stravolgimento della legge regionale numero 33/97. Ed è stato sottolineato che per la stesura del testo sono state udite le associazioni venatorie. Ma, com’è noto, la fauna non è monopolio delle doppiette è, invece, patrimonio indisponibile dello Stato, come recita l’articolo 1 della legge quadro 157/92”. “Ci auguriamo che il DDL venga bocciato in aula – ha concluso Giovanni Malara, responsabile del Comitato Anti Bracconaggio (Cabs) – Già in Sicilia la fauna selvatica è fortemente minacciata dal bracconaggio, di questi regali ai cacciatori non si sente proprio il bisogno. […] Se si continua di questo passo la Sicilia attirerà la feccia venatoria di tutta l’Italia, con un gravissimo danno per il patrimonio faunistico che, nonostante tutto, resta di altissimo pregio”.

Ancora una volta le associazioni chiedono “un forte intervento sulle amministrazioni regionali perché vengano ristabiliti il diritto e la tutela della fauna e dell’ambiente. La mancanza della programmazione faunistico-venatoria del territorio è un’ulteriore conferma dell’insostenibilità della caccia nel nostro Paese, quella insostenibilità su cui siamo stati nuovamente chiamati a rispondere lo scorso anno dall’Unione Europea con l’avvio di una procedura PILOT”, che generalmente rappresenta “la fase propedeutica ad una procedura d’infrazione il cui iter prevede pesanti sanzioni a carico dei cittadini”. Insomma c’è chi spara, chi vota e chi paga e pagherà (noi tutti, cacciatori e non) i danni che la politica ha deliberatamente concesso alla lobby dei cacciatori-elettori. Perché per dei voti non ci si limita a tollerare il danno ambientale e alle persone (la scorsa stagione venatoria si è conclusa con 22 morti e 66 feriti che non erano certo animali), ma anche quello economico.

Alessandro Graziadei

Fonte: http://www.unimondo.org/Notizie/Caccia-c-e-chi-spara-chi-vota-e-chi-paga-152954

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