Signore sono molto stanco.
Io sono nato stanco.
Ho molto viaggiato dal canto del gallo
E ben alto è il colle che porta alla scuola.
Signore, io non voglio più andare alla loro scuola.
Fate, vi prego, che io non ci vada più.
Io voglio seguire mio padre nelle fresche gole
Quando la notte fluttua ancora nel mistero dei boschi,
Dove vagano gli spiriti che l’alba dissolve.
Voglio andare a piedi scalzi per i rossi sentieri
Bruciati dalle fiamme di mezzogiorno,
Voglio fare la siesta al piede degli alti manghi,
Voglio risvegliarmi
Quando muggisce laggiù la sirena dei bianchi
E l’opificio,
Sull’oceano delle canne,
Come una nave ancorata,
Vomita sulla campagna il suo equipaggio negro…
Signore, non voglio più andare alla loro scuola;
Fate, vi prego, che io non ci vada più.
Essi dicono che un piccolo negro ci deve andare
Perché diventi simile
Ai signori della città,
Ai signori come si deve.
Ma io non voglio diventare,
Come essi dicono,
Un signore della città,
Un signore come si deve.
Io preferisco bighellonare intorno agli stabilimenti
Ove s’ammucchiano sacchi ricolmi
Di zucchero bruno come la mia pelle bruna.
Io preferisco, verso l’ora in cui la luna amorosa
Mormora all’orecchio degli alberi di cocco inclinati,
Ascoltare quel che dice nella notte
La voce rauca d’un vecchio che racconta fumando
Le storie di Zamba e di compare Coniglio,
E molte altre cose ancora
Che non sono nei libri.
I negri, voi lo sapete, hanno lavorato anche troppo.
Perché dovremmo anche leggere libri
Che ci parlano di cose non nostre?
E poi è davvero ben triste la loro scuola,
Triste come
Quei signori della città,
Quei signori come si deve
Che non sanno più danzare di sera al chiaro di luna,
Che non sanno più camminare sulle piante dei loro piedi,
Che non sanno più raccontare favole alle veglie.
Signore, io non voglio più andare alla loro scuola.
Guy Tirolien (1943)
Fonte: “CANTI NEGRI” – Sansoni