Paese che vai, usanza che trovi, spiegava la saggezza popolare prima della globalizzazione.

usanze

 
 Decine o centinaia di migliaia di posti differenti in cui si mangiavano cibi differenti, ci si vestiva e comportava in modo differente, si parlavava e si pensava in modo differente. In ognuno di questi luoghi le scelte erano molto più limitate ma il provincialismo è il prezzo da pagare per avere una reale diversità complessiva. Invece ai consumisti piace il multiculturalismo da supermercato: cento prodotti disponibili in qualsiasi luogo, sempre gli stessi e distribuiti da mega multinazionali che li rendono obbligatori con martellanti campagne pubblicitarie, però ciascuno con la sua etichetta etnica che fa sentire molto aperti e cosmopoliti.
Al di là degli inevitabili pregiudizi e delle ideologie è questo il conflitto fondamentale del nostro tempo e di quello che verrà: fra chi vuole un’omogeneizzazione planetaria, che arricchisce la vita individuale e impoverisce drammaticamente quella collettiva, e chi si oppone a questa deriva e cerca di proteggere le particolarità locali e le tradizioni. Non si possono avere entrambe le cose: ogni volta che si compra un iPhone si sta rinunciando a qualcosa di autoctono; ogni ondata di turisti o di migranti è un passo verso l’appiattimento delle culture e delle società.
E magari è meglio così: però non fate finta di non capire che è una trasformazione profonda, senza precedenti storici, che avrà conseguenze gigantesche: e che non la state subendo, la state scegliendo.

Francesco Erspamer

Fonte: dalla pagina facebook dell’autore

Foto Rete

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