L’ULTIMA PAROLA? Che fatica…

parola

 

Chi fa così è vittima dell’orgoglio e si barrica nelle proprie idee chiudendosi al mondo e alle novità: un’affermazione di sé del tutto controproducente

 

Nell’antica Grecia veniva chiamata “ubris”: l’atteggiamento, considerato superbo, con cui l’uomo cercava di liberarsi dalle dure leggi a cui gli dei lo sottoponevano. Lo stesso accadeva nel Medioevo cristiano, quando chi, volendo affermare le proprie intuizioni, andava al di là del principio di autorità ecclesiastica e delle conoscenze imposte dalla fede di quel tempo e veniva accusato di orgoglio intellettuale se non addirittura mandato al rogo. Per fortuna questo “istinto della ragione” vinse i pregiudizi e le resistenze e cambiò il mondo. Oggi, forse perché ormai le strade della conoscenza sono aperte, di questa “libido intellettuale” sembra rimasto solo il concetto di orgoglio. Una volontà puntigliosa, intransigente, permalosa, di imporre il proprio pensiero, a prescindere dall’avere ragione oppure no. Si tratta appunto del “voler avere sempre l’ultima parola”. Un atteggiamento di cui molti vanno persino fieri, come se fosse una dimostrazione di valore e di forza mentale, ma che produce molti danni. Non ha più niente a che fare con il conoscere e il raggiungere un punto di vista obiettivo, anzi, è diventato proprio quell’elemento regressivo contro il quale il sano istinto di libertà combatte da sempre.

Così si impedisce un vero dialogo

L’orgoglio intellettuale è caratteristico di chi in una discussione è più preoccupato di far valere la sua idea piuttosto che di dialogare con gli altri, di chi, pur rendendosi conto che l’altro ha ragione, continua a difendere assurdamente la propria posizione. Non si tratta di semplice testardaggine: è esercizio di stile, petulanza verbale, aggressività mascherata. Qualcosa che, in fondo, impedisce di essere in vero e proficuo scambio con la realtà esterna: si considerano solo le proprie idee, se stessi. E, quando l’orgoglioso non ha idee, aspetta che gli altri dicano le loro, per poi affermare qualcosa di diverso o di opposto, così da far vedere che è la sua l’idea giusta, quella definitiva.

Dove cè orgoglio perisce la libertà

Per fortuna, per quanto tale atteggiamento sia radicato, modificarlo non è difficile. Occorre rendersi conto che, dove c’è orgoglio non c’è libertà e che a non avere libertà non è tanto chi subisce l’“ultima parola”, ma proprio chi la afferma . Chi ha a che fare con l‘orgoglioso, prima o poi finisce col lasciarlo nelle sue convinzioni, e così rimane libero di poter pensare e di potersi esprimere come meglio crede con chiunque altro. L’orgoglioso invece resta lì, con la sua inutile affermazione di forza, come una vecchia statua di un condottiero di cui non importa più niente a nessuno.

Abbandonare l’orgoglio intellettuale significa innanzitutto liberare il proprio pensiero. Certo, le prime volte che rinuncia ad avere l’ultima parola avrà una sensazione di sconfitta, di inferiorità; ma se esce dall’idea del confronto e del dibattito intesi come un ring su cui si gioca il proprio valore, allora si approda alla bellezza del vero scambio, del dialogo fecondo. Si raggiunge la libertà di poter dire quello che si pensa davvero, si può cambiare idea e si può anche osservare come spesso non vi sia una sola idea giusta, ma possano coesistere possibilità diverse, punti di vista che si integrano pur nell’essere opposti. Non bisogna dunque imporre “l’ultima parola” e pretendere di avere più ragione dell’altro, ma ascoltare, proporre, associare, mischiare, estrarre nuovi spunti. L’integrazione rappresenta sempre un livello più elevato di conoscenza e di libertà. Perché non perseguirla?

Le “vittime” dell’orgoglioso: lui stesso, gli altri e le relazioni

Rapiti dal bisogno di aver ragione e di dire l’ultima, spesso gli orgogliosi non si accorgono degli effetti negativi che producono negli altri. Ne esiste una vasta gamma: nei più insicuri si crea senso di inadeguatezza, dubbio continuo, frustrazione rispetto alle proprie idee e speranze; in quelli che si considerano paritari subentrano irritazione, nervosismo e insofferenza per l’impossibilità di avere un dialogo sano ed utile e, alla lunga, si manifesta la tendenza ad evitare tali relazioni. Chi invece “vede” il fenomeno per quello che è, cioè un’espressione di aggressività mascherata (e, quindi, di insicurezza), può rassegnarsi e mostrare condiscendenza, lasciando campo libero all’orgoglioso come si fa con i bambini quando insistono su qualcosa. In tutti i casi, il dialogo e la relazione vengono inquinati pesantemente dal suo atteggiamento.

E sei tu lorgoglioso? Fai così

 Ascoltare per davvero: spesso non ascoltiamo realmente quello che dice l’interlocutore; stiamo solo in attesa che finisca di dire la sua, così che poi noi possiamo dire la nostra, e affermarla fino alla fine. Impariamo invece a porci in stato di ascolto attivo: le parole degli altri non devono essere solo sentite acusticamente, ma accolte con attenzione.

 Attenzione alla compulsione: voler avere l’ultima parola spesso è un automatismo riflesso dietro al quale si cela l’insicurezza, il non sentirsi autorevoli. Se rinforziamo l’autostima, quindi, potremo probabilmente fare a meno dell’orgoglio.

 Accettare la pluralità: possiamo anche pensare di avere ragione, in un dibattito, ma non è detto che debba terminare con un “vincitore” o con una conclusione netta e univoca. Anzi, i migliori dialoghi – eccetto quelli in cui si deve decidere qualcosa – sono spesso quelli dal “finale aperto”, che hanno un’incompiutezza dinamica, capace di far nascere altre riflessioni.

 Occhio al contesto: l’orgoglio intellettuale acceca e impedisce di accorgersi dei segnali non verbali. Prestiamo attenzione al contesto e alla situazione dell’interlocutore: noi potremmo avere ragione in termini teorici, ma lui magari vive una realtà concreta differente dalla nostra.

No alle teorie pronto-uso: non ragioniamo per teorie pre-confezionate. Partiamo dal presupposto che le opinioni fisse sono rischiose e che la verità è sempre mutevole.

Fonte: http://www.riza.it/psicologia/comunicazione/5196/chi-vuol-sempre-avere…

Foto RETE

Ti potrebbero interessare:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close