Castello normanno di Morano Calabro

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Percorrendo la “strada regia”, dall’alta valle del Coscile alla falda meridionale del massiccio del Pollino, come nato dal pennello di un pittore naif, ci appare Morano Calabro, uno dei borghi più poetici e belli d’Italia. Un crogiuolo di case, dall’architettura semplice riveste per intero il profilo della collina, dove in alto quasi sorretto dai coppi rossi dei tetti, si scorge ciò che rimane di un antico Castello. Innalzato, forse sui resti di un avamposto normanno, li dove, già in epoca romana, il rinvenimento di monete d’argento tardo repubblicane ed un muro addossato ad uno dei lati del castello ne testimoniano la presenza.

Unica fonte accreditata che fa risalire all’XI sec. l’edificazione del fortilizio, composto da una sola massiccia torre, è il racconto (1599 circa) dello storico Tufarello. Secondo lo storico cinquecentesco, nel 1076 i moranesi si liberarono del dominio dei saraceni con l’aiuto dei normanni, abili nella scelta di luoghi strategici atti alla difesa. Il castello, considerato Regio dagli Aragonesi, comincerà a prendere forma con mura rinforzate da torri soltanto nel XIII sec.

Morano Calabro - Cs

Morano Calabro – Cs

L’intervento architettonico più significativo, che consisterà in una vera e propria riedificazione si avrà tra il 1515 e il 1546, per volere di Pietro Antonio Sanseverino. Il principe di Bisignano, per la costruzione di quello che diverrà la sua dimora estiva, chiamò i più grandi architetti napoletani; il risultato sarà un’elegante residenza fortezza. L’intera fabbrica rievocava, per alcuni aspetti quali la disposizione delle torri, il Castel Nuovo di Napoli, pur rimanendo fedele ai canoni di costruzione del XVI sec. Del suo antico fascino rimane ben poco. Possiamo tentare una sua ricostruzione, il più possibile veritiera, attraverso la descrizione che nel 1750 ne fa lo scrittore Bartolo e ancor prima, attraverso notizie rinvenute dalla Platea del 1546.

Secondo tali fonti, il Castello era composto: “da parecchi appartamenti con vaste sale e in più abitazioni divise nei vari piani; era capace di una guarnigione di 1000 uomini ed era circondato da rivellini e fossati, aveva baluardi trimure saettine e ponte levatoio”.

La descrizione più accurata, di come doveva presentarsi la fortezza sanseverinesca prima dei bombardamenti francesi del 1806 e prima della sua definitiva rovina ad opera dei principi Spinelli di Scalea proprietari dal 1600 alla fine del 1800, che permisero di asportare travi e blocchi di tufo, è dello storico Biagio Cappelli.

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“Il Castello sorgeva su pianta rettangolare, aveva sei torri cilindriche ed era diviso in tre piani. Quattro torri quasi interamente aggettanti dalla cortina forate da grandi finestre rettangolari sporgevano dagli angoli dell’edificio che nel centro dei lati lunghi ostentava un’altra torre maggiore. Discretamente conservata è, la torre centrale di sud, che internamente, a circa un metro da suolo, lascia la forma cilindrica che ha all’esterno per assumerne una quadrata, che mantiene poi fino alla copertura formata da una specie di volta a mezza botte originalissima. Questo torrione è leggermente rastremato in modo che la costruzione rientra lievemente ad ogni piano. Posa poi su una specie di rivellino per qualche metro, che scompare intorno alle torri laterali, che richiama quello che si vede intorno ad una delle torri di Castelnuovo di Napoli. Tutte e tre le torri di questa facciata continuano perpendicolari sotto la linea del cosiddetto rivellino per qualche metro, e si vanno poi a posare su barbacani semicilindrici, aggettanti anch’essi da una cortina, che precipitano nel fossato per m 8,50. Infine questa facciata non è egualmente divisa dalla torre centrale, ma lievemente asimmetrica.

La parte a nord seguiva lo stesso sistema ed anche qui si notano i barbacani benchè meno alti, per l’indole del terreno. Gli altri due lati, quello a ponente era munito di ponte levatoio perché l’unico in contatto col caseggiato, non mostrano più nessuna particolarità. Sono intanto da distinguere in quello che oggi abbiamo del castello due parti. La prima, inferiore, costituita da barbacani dalla loro cortina in una costruzione di grosse pietre a vista di colore ferrigno è unico resto di una fortificazione più antica medioevale, sulla quale, ricolmata, si innalzò poi la parte superiore che anche nel materiale costruttivo e nel colore giallastro della muratura si distacca da quella. Non sappiamo fin dove arriva il rifacimento di Pierantonio, che a Morano preferiva abitare questa fortezza invece del palazzo costruitovi nella parte inferiore del borgo”.

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Oggi della vecchia sentinella, posta a guardia della porta del passo di Campotenese, rimangono solo tre torri, una quadrata altissima e due cilindriche più tozze, quanto basta per conferirle un aspetto unico e fiabesco.

 

Fonte: http://atlante.beniculturalicalabria.it/luoghi_della_cultura.php?id=25595

Foto RETE

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