La rappresentante della Necchi racconta i miracoli della macchina per ricami a Mariangela Salerno.
A quel tempo le macchine da cucire più conosciute, oltre alla Singer, erano la Necchi e la Borletti. Averne una a casa era una risorsa. Il prêt-à-porter (termine francese entrato nel vocabolario della moda alla fine degli anni Quaranta, quando i francesi incominciarono a utilizzarlo per tradurre ready-to-wear [pronto da indossare ] coniato negli Stati Uniti) da noi cominciò a diffondersi verso la fine degli anni Cinquanta. Ed ancora per tutti gli anni Sessanta la maggior parte degli abiti li confezionavano le mastre ed i cusituri. C’erano due o tre negozi che vendevano tessuti. L’abito classico del contadino era di velluto nero.
Le ragazze per apprendere l’arte del ricamo e del cucito andavano dalle “mastre”. Le più conosciute erano Marietta Console, Peppina ri Risaria (Amoroso) e le sorelle Salerno, Filomena e Mariangela. Filomena si dedicava di più a taglio e cucito, Mariangela al ricamo. Mi hanno raccontato che era una delle più brave ad usare la macchina per ricamare.
Le abitazione di queste signore erano piene di ragazze, che venivano occupate non solo ad apprendere l’arte del cucito, ma anche nelle faccende domestiche. Era il do ut des cucinato in salsa nostrana.