Il sole entra nella sua sede, il regno del Leone

Dopo aver oltrepassato la costellazione del Cane Maggiore, di cui fa parte la stella Sirio, il sole entra nella sua sede, il regno del Leone, protetto secondo l’astrologia antica da Giove e Cibele, il tempo della canicola con cui gli Egizi facevan cominciare l’anno: Anubis, il Cane, aveva ritrovato Osiride smembrato da Seth proprio in questi giorni, quando il Nilo straripava fertilizzando le terre del Delta per la prossima seminagione.

Anche i Greci vi aprivano l’anno, «e il mese era sacro ad Atena (dea dell’aria, ora appunto tramutante, secondo Diodoro; e dea della danza, del moto regolato, secondo Platone, che inaugura perciò ogni misura del tempo)» scrive Elémire Zolla. «Sul Partenone è raffigurata la gran festa che ogni quattro anni si celebrava con ecatombi e corse di cavalli: ai vincitori delle gare era donato l’olio dei sacri ulivi, oro e argento ai musicisti.»

Poco dopo, il 23 luglio, si celebravano a Roma i Neptunalia, le feste di Nettuno, sulle rive del Tevere dove si costruivano capanne di rami di lauro e si svolgevano giochi acquatici: Nettuno rappresentava un’ipostasi del fuoco divino celato nelle acque; e dunque quale altro periodo dell’anno poteva celebrarlo meglio di quello sotto il segno del solare Leone?

Al 1° agosto cadeva infine per i Celti Lugnasad, la festa in onore del trionfante dio della luce e della resurrezione, Lug, che vi celebrava le nozze con Erinn: giorni di fiera e di feste e di banchetti, e anche di matrimoni perché erano considerati propizi per gli sposi. Ci si potrebbe domandare se il Lugnasad abbia amplificato l’importanza della festa di san Lorenzo, il 10 agosto, quando trionfano nella notte le stelle cadenti che sembrano frammenti incandescenti del cielo, quasi esso inviasse il suo fuoco divino.

Il Martirio di san Lorenzo, commissionato da Cosimo I de’ Medici, e realizzato nel 1569 da Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino

I proverbi attribuiscono il fenomeno alla leggenda del Santo bruciato sui carboni ardenti: «San Lorenzo dei martiri inozenti, casca dal ciel carboni ardenti». In realtà san Lorenzo, il cui martirio è provato storicamente al 10 agosto del 258, fu decapitato perché si era rifiutato di consegnare i tesori della Chiesa che gli erano stati affidati come primo diacono. Li aveva venduti distribuendone il ricavato ai poveri per evitare che cadessero nelle mani dell’imperatore. Poi, radunati ciechi, storpi, malati e poveri di Roma, li aveva presentati al prefetto dell’Urbe dicendo: «Ecco i tesori eterni che non diminuiscono mai e fruttano sempre, sparsi in tutti e dappertutto».

La leggenda narra che, steso su un letto di ferro incandescente, si lasciò bruciare esclamando a un certo punto: Ecce, miser, assasti tibi partem unam, regira aliam et manduca: «ecco, hai arrostito per te una parte, rivolta l’altra e mangia».

Sulla cripta, a fianco della via Tiburtina dov’era stato deposto il corpo del martire, l’imperatore Costantino fece costruire, spostata un poco verso sud, una basilica più volte ristrutturata fino all’attuale chiesa che risale al secolo XIII ma è stata ricostruita in gran parte nell’ultimo dopoguerra a causa del bombardamento del 19 luglio 1943.

Difficile stabilire dove e quando San Lorenzo ha assunto anche le funzioni di una festa dell’estate trionfante; nell’Italia centro-meridionale non è ipotizzabile un’influenza celtica. Ma nello stesso periodo, il 12 agosto, si svolgeva nella Roma antica una festa in onore di Ercole Invitto o Trionfatore nel tempio presso il Circo Massimo in ricordo della sua mitica venuta nel Lazio come liberatore: ed Ercole, si sa, è un’ipostasi del Sole.

Da Alfredo Cattabiani, LUNARIO, Mondadori

Foto RETE

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