GARAUDY: La creazione di un avvenire autentico

L’Occidente è un accidente. È l’assioma primario di ogni possibile invenzione del futuro.

Questo modo degli « occidentali », di considerare l’individuo centro e misura di tutte le cose, di ridurre ogni realtà al concetto, di erigere cioè a valori supremi la scienza e le tecniche, come mezzi per manipolare le cose e gli uomini, è una minuscola eccezione, nell’epopea umana di tre milioni di anni.

Questo aspetto del ruolo nefasto svolto nella storia dall’uomo bianco io lo chiamo il «male bianco».

Le radici dell’Occidente (greche, romane, cristiane), se riusciamo a spogliarci del pregiudizio razziale dell’uomo bianco, le troviamo in Asia e in Africa.

Il rinascimento, che non è un movimento culturale soltanto, ma la nascita, insieme, del capitalismo e del colonialismo, ben lungi dall’essere l’apogeo dell’« umanesimo», ha distrutto civiltà superiori a quella occidentale quanto a rapporti dell’uomo con la natura, con la società, con il divino.

Insomma una storia veramente degna del suo nome — non più centrata cioè sull’Occidente — sarebbe una « storia delle occasioni perdute » dall’umanità, a causa di una supremazia occidentale non dovuta tanto a una superiorità di cultura quanto piuttosto a un’utilizzazione aggressiva delle tecniche militari di terra e di mare.

La creazione di un avvenire autentico esige che si recuperino tutte le dimensioni dell’uomo sviluppate nelle civiltà e nelle culture non occidentali.

Soltanto attraverso tale «dialogo delle civiltà» potrà nascere un progetto planetario di invenzione dell’avvenire. Di invenzione da parte di tutti dell’avvenire di tutti. […]

Perché per creare un tessuto sociale nuovo, per inventare un concetto nuovo di politica, il progetto speranza vuole una dimensione nuova: che cioè non si parta più da una prospettiva individualistica, ma da una prospettiva comunitaria, associativa; che non si parta più da una delega e da un’alienazione del potere — come nelle democrazie rappresentative, con le loro ideologie tecnocratiche, dove tutto scende dall’alto —, ma da una democrazia di partecipazione che si fondi sulle iniziative della base e delle sue libere associazioni; che non si parta più da una teoria della politica considerata come strumento e mezzo di potere — attraverso istituzioni e apparati esterni all’uomo — ma da una politica intesa come riflessione sui fini e come impegno personale e profondo di ognuno nei riguardi del tutto.

Non si tratta di forgiare di sana pianta un’utopia, ma di prendere atto delle finalità di migliaia di associazioni e comunità del tipo più disparato che, ognuna per conto proprio, tentano di cambiare la vita. Si tratta di definire il denominatore comune delle loro aspirazioni, di aprire l’orizzonte su nuovi possibili.

Ciò che sta nascendo e si sta sviluppando già ci dà la fiducia e l’audacia di concepire e realizzare un mondo diverso, una crescita dal volto umano.

Nel campo dei rapporti sociali e politici, in Occidente tutto è da rifare su basi nuove, e la realizzazione di tale progetto impone che interroghiamo le sapienze e le rivolte di tre continenti.

Da PER UN DIALOGO DELLE CIVILTA’, di R. Garaudy – Cittadella editrice

Foto RETE

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