Storia del sultano Mahmùd e del giovane indiano

Durante la sua campagna di conquista in India, il sultano Mahmùd di Ghàzì pose lo sguardo su un ragazzo che era stato condotto alla sua presenza insieme ad altri prigionieri di guerra. Concepì per lui una grande ammirazione, e in seguito lo elevò al potere al suo fianco, preferendolo a tutti i suoi ministri e generali, e arrivando al punto di chiamarlo “figlio mio”.

Venne il giorno in cui il ragazzo fu insediato sul trono d’oro che stava accanto al grande trono dell’imperatore. Ma accadde, allora, che invece di gioire egli si mise a piangere,versando lacrime ardenti. Mahmùd gli disse: «Oh giovane fortunato e glorioso, perché piangi? Forse non gradisci il tuo destino? La sorte ti ha collocato al di sopra dei re, facendo di te l’amico intimo dell’imperatore. Ministri e soldati ti stanno attorno come le stelle intorno alla luna. E dunque?».

Il giovane rispose: «La causa delle mie lacrime è questa: prima che tu conquistassi le terre indiane, la fama del tuo nome già risuonava fra le nostre genti con accenti di terrore, a tal punto che mia madre, quando mi voleva spaventare, mi gridava: “Che tu possa cadere negli artigli feroci di Mahmùd!”. Allora mio padre rimproverava mia madre dicendole:

“Perché lo maledici in questo modo? Non hai qualcosa di meno terribile da augurargli? Sei davvero una madre spietata con lui! “.

All’udire quei discorsi, io mi sentivo fortemente turbato e terrorizzato, e tra di me pensavo:

“Ma che razza di diavolo deve essere questo Mahmùd, se tutti ormai lo nominano come un esempio di sventura?”. E allora mi mettevo a tremare di paura, perché non conoscevo la tua bontà e la tua vera essenza. Ah, se mia madre potesse vedermi ora, seduto qui sul trono accanto a te!».

Oh uomo privo di vera ricchezza, comprendi l’esempio: il tuo Mahmùd è la povertà, ed è la tua natura materiale e sensuale che ti induce ad averne paura. Se tu davvero conoscessi la misericordia di questo nobile sovrano, allora tu grideresti con gioia: “Che egli sia mahmùd [‘lodato’]!”. Oh uomo timoroso, la povertà è un nobile re, e tu non devi dare ascolto a tua madre, cioè alla tua natura che t’inganna e ti fa delirare. Sì, il tuo corpo è per te come una madre, ma questa madre ti è ostile più di cento nemici. Quando si ammala, ha bisogno di aiuto e medicina, e quando è sano e forte ti trasforma in un diavolo. Non affidarti al corpo e ai suoi inganni, ma a Colui che custodisce i tuoi beni al riparo da ogni perdita e da ogni rapina. Affideresti mai un agnello a un lupo? Se ti lasci sedurre da un mascalzone, lui alla fine ti colpirà duramente. La madre è l’anima concupiscente, e il padre è la nobile ragione che all’inizio sembra soffocarti, ma alla fine ti allarga il cuore gioiosamente.

Vai dunque libero, come il giovane indiano, e non temere il Mahmùd della non-esistenza [cioè della vita vera].

Abbi paura invece dell’esistenza in cui attualmente ti trovi: è solo un nulla, e tu stesso sei un nulla. Il nulla s’innamora del nulla, e solo la luce dell’intelletto può liberarti da questa illusione.

Da ASCOLTA LA MUSICA DELL’ANIMA, di Rumi . Mondadori

Foto RETE

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