LA DONNA NEL MONDO CONTADINO

È lei la vera martire della famiglia; è lei che va al mulino col sacco su le spalle; è lei che porta l’acqua dalla fontana con la brocca sul capo; è lei, che in su la notte, munita di un lanternino, va a lavare i poveri cenci: e vi si reca di notte, perché  le lavandaie di mestiere, durante il giorno, non le cederebbero il posto; è lei che dall’alba a sera tarda, o inferma, o incinta, o affamata, si sciupa gli occhi a rattoppare gli stracci, che le si sfilacciano fra le mani; a rimagliare  le calze sparse di buche; a rassettare i bambini; a mangiarsi il cervello per trovar modo di comprare il sapone per la mutanda(1) del marito, o di rifornire con una nuova la pentola che non trattiene un gocciol di acqua, o di racconciare la vecchia cassa rosicchiata dai sorci, giacchè è lei che deve pensare a tutto, dall’acqua al sale, come dice ella stessa.

Col salario settimanale del marito essa compra il frumento, lo molisce, lo impasta, e di quei cinque o sei grossi pani ne lascia un solo per la famiglia, sia anche una vera nidiata. E allora, non dico per saziare quella nidiata di bimbi, ma perché  non le periscan d’inedia, essa si reca in campagna a raccoglier lumache, o erbe mangerecce, e parte ne vende, parte le mette a bollire: o compra un po’ di quei cibi, che son la provvidenza del povero: i lupini, le carrube, i fichi d’india, le pastinache, secondo la propria stagione. Né sta in ozio un momento: ma fila, o annaspa, o tesse, o fa calze, o va a giornata per raccoglier magliuoli, o per sgusciar fave, o per nettare frumento, o per vagliare farina. Finchè dura la messe spigola dietro il marito, e guadagna più del marito; nelle raccolte dell’olio, del cotone, de le carrube si rimpannuccia, compra il canape per la tela, o qualche gingillo di oro, che impegnerà nei bisogni.

Da Giugno a Natale su per giù la provvidenza non manca; ma dopo Natale il freddo e la fame, dice il proverbio. E il freddo e la fame non si fan mica aspettare, ma picchiano inesorabilmente all’uscio del povero, specie negli anni di carestia, e in quei terribili mesi, che il contadino denomina mesi grandi, perché gli stenti della famiglia fanno sembrarli interminabili: l mesi, in chè si è dato fondo alle magre provviste; e il frumento e le fave son cresciuti di prezzo; e il lavoro è divenuto scarso, o è mal retribuito, e spesso è interrotto dalle intemperie. Oh in quei mesi grandi! È l’agonia che sta fra le nude pareti. Cinque o sei bimbi scalzi, laceri, mezzo nudi, con le carni color rosso di ruggine, con le faccine gialle e infossate, avvolti entro un putido e grasso vortice di fumo, tossono orribilmente e strillano dalla fame, mentre la madre livida, scarna, affamata, con gli occhi gonfi dal fumo si ammazza a soffiare sui tizzoni verdi per destarne la fiamma.

A quei gridi acuti dei figli, a quel pianto che non ha, né può avere conforto, essa dà in un tremito con sembianze scomposte, e cerca racquetarli con le promesse, colle minacce, e coi calci. E si racquetan davvero per un momento, ma da lì a poco incominciano a cacciar stridi più spaventevoli, e ad avvoltolarsi rabbiosi sul pavimento ghiacciato. L’infelice donna esce a furia da casa, e cerca avere a credito un pane, un pugno di fave, qualsiasi cosa che possa mettersi in bocca dei bimbi; ma, oh, quante volte ritorna con le mani vuote e la disperazione nel cuore!

E non  potendo più reggere a quei strilli, a quella fame, a quella fiera agonia si avvinghia le mani alle fauci, e grida con voce rauca dalla rabbia:

— O Cristo di misericordia!… Son forse io sola la peccatrice nel mondo?… Sono stata la sola a configgervi i piedi? Perché siete senza pietà? Ne muoion tanti, e questi soli non muoiono!… Per questi soli non c’è né angina, né colera, né vaiuolo, né il diavolo che se li pigli! Sia maledetta chi si marita! Il padre in campagna, che mangia e beve e sta in pace… e io qui… in questo inferno!

Ed esce di nuovo, e fa… di tutto perché  ritorni col pane.

Da LE PARITA’ SICILIANE, di Serafino Amabile Guastella, Sellerio

FOTO: Rete

NOTE

1. Sotto il nome di mutanda il volgo intende significare la camicia, le sottobrache

e le calzette.

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