Nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori

Il 20 Maggio del 1970, 18 anni dopo che Giuseppe Di Vittorio ne aveva lanciato la proposta in un congresso della Cgil, entrò in vigore la Legge n. 300 più nota come “Lo Statuto dei lavoratori e delle Lavoratrici”. Fu una grande conquista sociale, democratica per il cui positivo epilogo furono determinanti prima il Ministro G. Brodolini ed insieme a lui il Prof. G. Giugni e l’on. C. Donat-Cattin, che seppero tradurre in legge le grandi spinte per lo sviluppo democratico delle relazioni industriali.

Il riconoscimento del ruolo della rappresentanza sociale e della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, del diritto alla contrattazione per il salario integrativo, per il giusto inquadramento professionale, per l’organizzazione del lavoro, dell’orario, della tutela della salute, del diritto a manifestare le proprie opinioni politiche, le proprie convinzioni religiose senza essere discriminati, la libertà di iscriversi al sindacato ed avere il diritto di assemblea durante l’orario di lavoro.

Lo Statuto era stato per anni una delle rivendicazioni principali, insieme al collocamento pubblico ed al superamento delle “gabbie salariali” attraverso il CCNL, delle grandi lotte operaie del Nord e contadine del Sud. Col senno di poi suscita scalpore l’astensione del PCI, che pur all’epoca era il partito che più di tutti godeva del consenso della classe operai, motivata dalla giusta considerazione sulla non applicazione dello stesso alle aziende al di sotto dei 15 dipendenti.

Quelli che seguirono sono stati anni importanti per la tutela dei lavoratori e qualcuno giustamente arrivò a dire che con lo Statuto finalmente la Costituzione democratica entrava nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, non si fermava davanti ai cancelli. Oggi a cinquant’anni di distanza non ci troviamo a celebrarne la conquista ma a fare i conti con le continue manomissioni, ridimensionamenti a seguito di un attacco feroce e per molti aspetti vincente che è stato e che viene costantemente condotto da forze politiche ispirate dal pensiero neoliberista dominante, da un ventennio ormai, anche nel nostro Paese.

La narrazione che ha fatto breccia racconta che il conflitto tra capitale e lavoro è ormai superato, che la competizione è globale, che le tutele migliori sono individuali, che la remunerazione del lavoro la decide il mercato e quindi non serve il CCNL, che l’organizzazione del lavoro, dell’orario è prerogativa solo dell’azienda, che le tutele sono rigidità, che i lavoratori e le lavoratrici devono essere flessibili, adattabili per competere nei mercati mondiali.

In questa visione il lavoro ha perso ogni suo valore, la rappresentanza sindacale un impaccio e i lavoratori e le lavoratrici sono considerati pura merce. Eppure come ha sostenuto in un suo importantissimo saggio del 2007, uno dei più grandi sociologi Italiani, il Prof. Luciano Gallino scomparso nel 2015 : “ Il lavoro non è una merce”.

La realtà del mercato del lavoro odierna dimostra che aver ridimensionato le tutele ed i diritti, che con lo Statuto erano stati introdotti, non ha migliorato ne ha rafforzato il sistema industriale e produttivo, ne la ricchezza del Paese. Semmai ciò che ha prodotto è precarietà, disuguaglianze, povertà crescenti.

Certo il fronte democratico, sindacale, pur cercando di resistere come seppe fare la CGIL nel 2002 con la più grande manifestazione della storia del nostro Paese il 23 Marzo a Roma, con la quale si impedi momentaneamente l’abolizione dell’art. 18, ha subito poi pesanti sconfitte anche per responsabilità di Governi formalmente progressisti, ma sostanzialmente nemici dei lavoratori, essendo diventati agenti concreti della cultura neoliberista dominante. Oggi la questione che si pone è come invertire la rotta e riconquistare un “ Nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Una Carta che sappia ridare dignità, diritti e tutele ad ogni forma di rapporto di lavoro, che sappia includere e ricomporre universalità di tutele, legittimare nuove e moderne relazioni industriali attraverso una parallela legge sulla “rappresentanza sociale”. Questo è il tema dell’oggi: ripensare e rilanciare la “democrazia sociale”. Un rinnovato patto che recuperi la migliore tradizione del “modello sociale europeo” tra imprese, lavoro e Stato.

Cinquant’anni sono tanti, lo sviluppo tecnologico, l’innovazione telematica hanno aperto scenari inediti nel bene e nel male e come ha scritto nei giorni scorsi “ L’Avvenire” sono possibili scelte importanti anche sulla redistribuzione del lavoro consentendo di lavorare meno, tutti, oltre che su cosa e come produrlo. La condizione attuale della vita delle persone in tutto il pianeta è dettata da una pandemia che ha mostrato una rinnovata gerarchia delle priorità.

Unica costante essenziale si è mostrata la centralità dei lavoratori e delle lavoratrici. Ecco serve ripartire dal dettato Costituzionale, riaffermando che non ci sono luoghi in cui il diritto del lavoro si ferma; che la salute, la salvaguardia dell’ambiente nel pianeta, il bene comune, come sostiene da tempo Papa Francesco, vengono sempre prima del profitto privato. E’ una lezione che serve alla rappresentanza sociale ma anche a quella politica in Italia, in Europa, nel Mondo.

Massimo Covello

Segretario regionale della Fiom Cgil Calabria

FONTE: http://www.osservatoriodelsud.it/2020/05/22/50-anni-un-statuto-delle-lavoratrici-dei-lavoratori/

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