LE CODE ALLA POSTA? E’ il profitto, bellezza.

Se voi pensate a una coda davanti ad un ufficio pensate certamente alle poste: «fare la coda alla posta» sembra un linguaggio formulare. E già questo la dice lunga su una disfunzione: perché mai devo passare mezz’ora in coda per spedire una raccomandata o ritirare un pacco? Ma veniamo nello specifico di questo mio post.

Tempo fa, ma non tanto tempo fa, diciamo vent’anni addietro, le spedizioni con le Poste Italiane funzionavano abbastanza bene, non erano il massimo, ma, considerato che siamo un paese latino, erano discrete. Se volevi che la posta arrivasse celermente potevi anche fare una posta prioritaria e la missiva arrivava il giorno dopo: addirittura! Le raccomandate, in particolare, costavano, in lire, un terzo di quello che costano oggi in euro ed arrivavano a destinazione in un massimo di quattro giorni. Si parla degli anni ’90. Poi le poste divennero da azienda autonoma, che erano, ente pubblico economico e poi ancora furono trasformate in società per azioni.

Quando pensi a una società per azioni pensi al massimo del liberismo e dell’efficienza. Sbagliato. Le Poste Italiane sono diventate solo un servizio carissimo, almeno per le spedizioni, che si potrebbero pur sempre definire il loro core business (volendo usare il linguaggio dei manager). Pensateci: una raccomandata (consegna il giorno seguente alla spedizione) oggi costa come minimo 6,90 euro, quando la posta prioritaria costava, nel 1999, 1200 lire: più di dieci volte tanto per avere lo stesso servizio! Ma non sono solo carissime: sono anche inefficienti. Un esempio attuale. L’editore del mio ultimo libro ha inviato il 18 dicembre una copia dello stesso a tutti coloro che vi avevano collaborato. Era, ripeto, il 18 dicembre. Dopo più di un mese almeno tre di quelle persone non l’hanno ancora ricevuto. Ho fatto una ricerca per vedere lo stato dell’arte di una qualsiasi delle spedizioni, così, per curiosità; spedizione da Cuneo a Roma. Bene, la tracciatura mi dice che la raccomandata risulta presa in carico il 18 dicembre, poi le Poste Italiane Spa se la rimbalzano fra Torino, Milano, Peschiera Borromeo, Milano, Peschiera Borromeo, Milano, Peschiera Borromeo, Milano, Peschiera Borromeo, Milano, Peschiera Borromeo, Fiumicino. Qui si ferma il 12 gennaio e non se ne hanno più notizie. Quando scrivo siamo al 22 gennaio. Se voi andate sul sito delle poste vedrete che esse indicano quattro giorni come termine per il recapito delle raccomandate (https://business.poste.it/professionisti-imprese/prodotti/posta-raccomandata.html).

Quindi, riassumendo: rispetto a vent’anni fa la raccomandata costa tre volte tanto, se normale, e non vi è più alcuna garanzia, nei fatti, che essa arrivi a destinazione in quattro giorni. E se non arriva nei quattro giorni noi cittadini non abbiamo alcun ristoro: neanche le scuse… Questo nell’epoca della velocità in tutti i campi. Questo nell’epoca in cui la posta è molto meno gravata rispetto a vent’anni addietro in cui le mail e le PEC erano certo meno utilizzate rispetto ad oggi. Insomma, ti assale un forte sentimento di rabbia, ma anche di impotenza.

Del resto, il disservizio delle Poste Italiane spa è solo uno degli esempi dell’inefficienza e del costo dei servizi pubblici. Potremmo parlare di Trenitalia spa e del dramma dei ritardi dei treni locali e dell’incazzatura dei pendolari, oppure del costo dell’alta velocità, più che raddoppiata rispetto a quando c’erano le lire e si viaggiava sugli Intercity o sul Pendolino.

Ma intanto, all’italiano va bene così: è abituato all’inefficienza della macchina statale («qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini» cantava Giorgio Gaber) e, come mi ricordava un mio caro amico qualche giorno addietro, «l’italiano non ha il coraggio di protestare, di scendere nelle strade. È rassegnato».

Di Fabio Balocco

FONTE: https://volerelaluna.it/societa/2021/02/02/fare-la-coda-alla-posta/

FOTO: Rete

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