VINCENZO PADULA – CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1819 25 marzo: nasce ad Acri, in provincia di Cosenza, da Carlo Maria Padula e da Mariangela Caterino.  Ebbe due sorelle, Luisa e Cristina, e tre fratelli, Umile, Salvatore

e Giacomo; quest’ultimo sarà ucciso da un sicario in un agguato durante le vicende del 1848.

I primi rudimenti letterari gli vengono impartiti dallo zio Umile, sacerdote.

1829 Per volontà del padre, a 10 anni entra nel seminario di Bisignano, sotto la guida dell’erudito Vivacqua di Tarsia per gli studi letterari e di Vincenzo Pellegrini di Belvedere Marittimo per quelli filosofici.

1837 31 dicembre: riceve gli ordini minori nel seminario di S. Marco Argentano. Durante le vacanze estive, ad Acri, si invaghisce di una giovane di rango sociale elevato e manifesta la volontà di abbandonare il seminario e la carriera ecclesiastica. Lo zio Umile si reca personalmente a chiedere la mano della fanciulla per conto del nipote, ma la famiglia rifiuta. Quindi, il padre impone al giovane Padula di riprendere la carriera di sacerdote.

Nel seminario di S. Marco, studiando i classici – in particolare Ovidio – e «scoprendo» Ariosto e Tasso, compie le sue prime prove poetiche, incoraggiato dal letterato Stefano Paladini di Roggiano Gravina, successivamente anche lui collaboratore del «Calabrese». A questi ambienti e a questo periodo si può far risalire la sua amicizia con Domenico Mauro, intellettuale e patriota democratico, nativo di S. Demetrio Corone.

1839 Dedica un carme encomiastico al maestro Domenico Gaudinieri.

1840 Domenico Mauro, a Napoli, fonda «Il Viaggiatore», «col fine di riunire attorno a sé – come dirà lo stesso Padula – quanti calabresi potesse forniti di mente, di buon valore e di patriottismo, per tentare un’insurrezione in provincia». Il giornale viene soppresso dalla censura al decimo numero. Tra gli articoli, si segnala un elogio che Padula fa di Pietro Giannone da Bisignano, autore della novella calabra Lauretta. Compone le prime liriche d’amore (Alla rondinella, Le quattro sorelle, Le lenzuola). In seguito alla morte del vescovo di S. Marco, monsignor Greco, decide di compiere le ultime tappe del sacerdozio nel seminario di Cassano Jonio, trascorrendo i mesi estivi ad Altomonte, nel convento dei domenicani. Oltre alle suggestioni degli ambienti claustrali, proiettate nel poemetto Il monastero di Sambucina, il paesaggio jonico e la natura selvaggia della valle dell’Esaro gli ispireranno le descrizioni del Valentino e della Sigismina.

Marzo: si stabilisce presso l’archidiocesi di Rossano, dove si distingue per la sua predicazione contro la corruzione del clero, ottenendo la stima e la protezione dell’arcivescovo mons. Curti, che lo nomina insegnante del seminario.

21 maggio: viene ordinato suddiacono da mons. Bruno Tedeschi, nuovo arcivescovo di Rossano.

24 settembre: riceve il diaconato dallo stesso arcivescovo.

1842 Pubblica Il monastero di Sambucina, novella in ottave, con una dedica a Domenico Mauro, falsificando il luogo di edizione (Bruxelles), per ragioni politiche e morali, legate al suo status sacerdotale. A Cosenza, Saverio Vitari fonda «Il Calabrese», «aiutato dai migliori ingegni della mia provincia, ultimo tra i quali fui anch’io».

1843 10 giugno: viene ordinato sacerdote da mons. Mariano Marsico, vescovo di S. Marco Argentano e Bisignano.

1844 Rientrato nel seminario di Bisignano, ottiene l’incarico di insegnante e compone la pagina di prosa La mia tabacchiera, pubblicata su «Il Calabrese», oltre alle liriche d’amore L’occhio di lei, La donna. Intanto aspira alla parrocchia della S.S. Annunziata di Acri, che però gli viene negata, per intervento delle famiglie gentilizie che ne amministravano la Confraternita. I soggiorni ad Acri gli dettano le liriche amorose per la donna da lui più a lungo amata, Maria (I quindici anni, Le tre Marie, Il giornale di Maria), ma anche i dettagli di descrizione della sua indole, per un suo autoritratto (Chi son’io?, S’io fossi mago), spaziando dalla tematica religiosa (L’Assunta) a nuovi vagheggiamenti amorosi (Teresa X, Il bacio). L’amico Domenico Mauro viene arrestato, ma dal carcere di Cosenza dirige l’insurrezione del 15 marzo, cui si collega l’impresa dei fratelli Bandiera, che ispirerà al Padula il dramma in cinque atti Antonello capobrigante calabrese.

1845 2 agosto: compone un’altra prosa, esempio di pagina giornalistica  descrittiva, ma originale per le sue suggestioni, dal titolo La Sila. Lettera a Giuseppe Migliaccio, pubblicata su «Il Calabrese». Pubblica Valentino, dramma romantico, di ispirazione byroniana, che, per le sue tinte fantastico-demoniache, suscita polemiche negli ambienti più conservatori. All’Accademia cosentina legge un canto della Sigismina, poemetto rimasto in frammenti perché la madre, temendo le perquisizioni della polizia, ne bruciò molte pagine.

1846 10 luglio: compone un’altra apprezzata pagina di prosa giornalistica, pubblicata su «Il Calabrese» col titolo Impressioni di viaggio. All’avv. Achille Nigra.

1847 Viene chiamato a insegnare nel seminario di S. Marco, dove i suoi «nuovi» metodi di insegnamento e la sua cultura vengono particolarmente apprezzati. Grande entusiasmo suscita anche il suo panegirico Il sacerdozio. Ma è anche l’anno in cui si fa più acuta la sua «crisi d’identità», che gli fa avvertire l’inconciliabilità tra la missione sacerdotale e la passionalità romantico-rivoluzionaria. Tracce evidenti di questo dramma interiore sono contenute nel polimetro L’Orco, leggenda di un vecchio, che probabilmente comincia a scrivere in questa fase, che coincide anche con una nuova ricerca stilistica e la predilezione del genere favolistico e teatrale.

1848 Da gennaio a maggio, segue gli eventi rivoluzionari dal seminario di S. Marco, componendo Al Nettuno, un’invettiva contro Del Carretto, ministro di polizia borbonico mandato in esilio, e pronunciando un discorso nella cattedrale, acclamato dalla locale guardia civica. Compone altri inni patriottici: La coccarda, Abbasso. Poi, viene chiamato ad Acri da Vincenzo Sprovieri, seguace della Giovine Italia, che lo nomina oratore ufficiale del locale Circolo Democratico. Compone Il 5 giugno dei codini.

27 giugno: giunge la notizia della disfatta di Campotenese, in cui si consuma la sconfitta dei democratici calabresi, che gli ispira un componimento pieno di amarezza e delusione, Per la disfatta degli insorti calabresi.

6 agosto: scrive una lirica dedicata alla Madonna Assunta, Per la presa di Milano, che segna la sconfitta dei patrioti lombardi.

25 settembre: il dramma della sconfitta si traduce in tragedia familiare, con l’aggressione armata contro di lui e contro il fratello minore, Giacomo, per opera di sicari al servizio di grandi proprietari acresi, contro i quali, durante le prediche quaresimali, dal pulpito, aveva indirizzato le sue invettive. Il fratello rimane ucciso, mentre Padula riesce a salvarsi, ma sarà costretto a nascondersi e, poi, ad allontanarsi dal suo paese. Nei sette sonetti composti per quelle tristi vicende, Nella morte di mio fratello Giacomino, al dolore del lutto unisce lo scoramento per la mancata solidarietà dei suoi concittadini e per l’infuriare della repressione antiliberale. Compone anche molte liriche a sfondo erotico e trasgressivo, tra cui Le sette opere della misericordia corporale, Il ritorno a Maria, Madre e figlia, Il telaio, Il cardello geloso. Aggiunge altri canti all’Orco, scrive il bellissimo polimetro dialettale La notte di Natale e La fuga.

Dicembre: fugge da Acri, temendo ulteriori vendette, e si rifugia a Rossano, ospite presso la famiglia De Rosis.

1849 Apre una scuola privata, senza nulla osta, e compone la Farsetta. I tre artisti, pubblicata poi su «Il Secolo XIX» e nella raccolta delle Prose giornalistiche. I brani musicali sono di Gioacchino Salfi, fratello di Francesco Saverio, martire dell’insurrezione di Cosenza del 15 marzo 1844. Prosegue nel genere favolistico con La castagna, la noce e l’acciarino e s’invaghisce della gentildonna sua ospite, «Signora Fragoletta », cui dedica ben 15 sonetti, pubblicati successivamente su «Il Bruzio».

In giugno compone anche La pipa.

La sua opposizione alla servile petizione di alcuni cittadini di Rossano al re Ferdinando per l’abolizione della Carta Costituzionale, gli procura l’avversione del vescovo, mons. Cilento, che lo costringe a ritornare ad Acri, dove per sei mesi vive nascosto, «alloggiando una notte in una casa e una notte in un’altra, tra palpiti e paure», e scrive il dramma Antonello, capobrigante calabrese, pubblicato, poi, in appendice, su «Il Bruzio».

1850 Il nuovo allontanamento forzato da Acri gli ispira le liriche d’amore Il distacco e Parole d’una forosetta calabrese al suo amante che parte. Trova rifugio a Cosenza, dove, per un anno, è precettore presso la famiglia del barone Luigi Cosentini.

1851-52 Si offre ancora come precettore alla famiglia Ferrari di Petilia Policastro, affrontando un viaggio irto di insidie e persecuzioni poliziesche, con una sosta forzata a S. Giovanni in Fiore, dove gli vengono sbarrate anche le porte del convento, cui aveva chiesto ospitalità per una notte. Affamato e infreddolito, viene soccorso solo da un «pietoso fraticello». Giunto, poi, in casa Ferrari, trova la famiglia colpita dal lutto per la morte prima del capofamiglia e poi della vedova. Si reca, quindi, sempre come precettore, in casa Berlingieri a Crotone, dove compone poesie d’occasione e si dedica agli studi filosofici di Gioberti e Rosmini, nonché alla traduzione dell’Apocalisse giovannea, nella speranza di ottenere meriti presso il ministro borbonico della Pubblica Istruzione, De Grazia, per la concessione dell’agognato passaporto per Napoli. Alterna brevi soggiorni a Catanzaro e a Pizzo Calabro. Ottiene finalmente il passaporto.

1853 Giunge a Napoli, dove trova alloggio in un modesto albergo al vico S. Bartolomeo di piazza Medina, costretto a condividere la stanza con altre persone. Impartisce lezioni private, perfino alla figlia di un pasticciere, che lo ripaga con i suoi squisiti dolci. Sulla precarietà dei guadagni da insegnante, egli annoterà: «l’insegnamento rendea meno di nulla: e con un mese di scuola era gran ventura guadagnare trenta lire».

1854 Pubblica i versi Per la morte del marchese Cesare Berlingieri e compone un inno per la festa dell’Immacolata, che gli frutta un magro compenso di 127,50 lire. L’inno, musicato da Mercadante, era stato commissionato dallo stesso re, che ne aveva dato incarico a Nunziante, ma la richiesta era giunta a Padula solo fortuitamente attraverso un intermediario, che ne aveva ricavato i maggiori benefici. Compone altri inni sacri (Il Natale, La Passione, Manasse pastore) e pubblica la versione dell’Apocalisse, in mille copie, presso la tipografia Nobile, nella speranza di ottenere una cattedra di Letteratura italiana dal nuovo ministro della Pubblica Istruzione, il calabrese Francesco Sforza. Tra i suoi discepoli, si distingue Giovambattista Falcone di Acri, che parteciperà alla spedizione di Pisacane a Sapri.

La notorietà acquisita negli ambienti borghesi e intellettuali della città gli procura una certa tranquillità economica, che gli permette di chiamare presso di sé anche i due fratelli Umile e Salvatore.

1855 25 aprile: l’aver presentato domanda per il concorso alla cattedra universitaria di Letteratura attira nuovamente su di lui l’attenzione della polizia borbonica, che formula un rapporto negativo, escludendolo dall’elenco dei concorrenti. Collabora al giornale umoristico, fondato da Luigi Orgitano, «Il Palazzo di cristallo», insieme ai fratelli Mastriani, a EmanueleRocco, Cossovich e Coppola. Anche ad Acri, le sue ambizioni sono rese vane dagli avversari, che ricorrono a mezzi spregiudicati. Qui, infatti, egli aspirava alla parrocchia di S. Maria, resasi vacante per la nomina a vescovo di Tropea di mons. Filippo De Simone, al quale il 25 marzo aveva dedicato una raccolta di versi dal titolo La Passione, pubblicata a Napoli presso la tipografia Piscopo. Ma, nonostante il benevolo e autorevole riguardo di mons. De Simone, la sua richiesta viene respinta, a causa di alcune poesie di contenuto osceno, fatte recapitare al vescovo di Bisignano dai suoi avversari.

1856 Si dedica agli studi di estetica. Con Carlo De Cesare, Federico Quercia e Pasquale Trisolino, molto vicini a Silvio Spaventa, fonda «Il Secolo XIX», «in tempi ormai tristi […] quando la polizia, ch’avea mill’occhi, spiava ogni nostro piano. E nondimeno, a tener vivi e desti gli spiriti del paese addormentato ed avvilito, noi ci riunimmo nel numero 7 del vico Storto dei Fiorentini a scrivere, a fremere, a congiurare». Sul «Secolo» pubblica la Farsetta. I tre artisti, Piacere e dolore e gli Studi sugli asini, interrotti al sesto numero per la soppressione del giornale.

8 dicembre: in occasione dell’attentato a re Ferdinando da parte del calabrese Agesilao Milano, viene arrestato come sospetto.

1857 Viene assegnato a domicilio coatto a Castrovillari; cerca di aprire una scuola, ma le autorità locali glielo impediscono, costringendolo a tornare ad Acri, dove viene assoggettato a stretta sorveglianza.

1° maggio: scrive Introduzione allo studio dell’estetica, pubblicato ad Acri. Compone nuove liriche trasgressive, come La tentazione e La cagnolina smarrita, la cui pubblicazione è impedita dalla censura borbonica. Scrive anche il saggio Sui primi due canti della «Divina Commedia». Lettera a D. Mauro.

1858 Si stabilisce a Cosenza, dove fonda una nuova scuola, più volte chiusa e riaperta per gli interventi dell’autorità poliziesca. L’isolamento e il clima di avversione lo riportano agli studi e a una nuova produzione religiosa di canzoni sacre e panegirici.

1859 23 gennaio: riscuote notevole successo di pubblico per il panegirico Per le sponsalizie di Giuseppe e Maria, che pubblica presso l’editore Migliaccio.

1860 Ritorna a Napoli, dove pubblica la canzone A Maria Addolorata.

1861 Fonda un nuovo giornale, «Il Progresso», in collaborazione con Indelli e Della Vecchia, su posizioni di centro-sinistra, non avendo voluto aderire a quelle radicali di Carlo Mileti, uno dei fondatori del «Popolo d’Italia». Ben presto, però, si allontana anche da quella iniziativa, perché sostenuta dai murattiani, avvicinandosi, invece, alle posizioni filogovernative e a Silvio Spaventa. Per l’intervento di quest’ultimo presso il ministro De Sanctis, riceve un contributo per la riedizione dell’Apocalisse e dell’Introduzione allo studio dell’estetica.

1862 Grazie all’intervento di Settembrini, ottiene la cattedra di Lettere nel liceo di Cosenza, dove viene nominato anche predicatore quaresimale.

21 luglio: su «Il Calabrese» pubblica il componimento encomiastico Per la festa nazionale. Inizia una nuova fase, che gli garantisce l’agognata agiatezza economica e la possibilità di costruire nella sua Acri una «casa impalazzata », grazie anche alla concessione di un suolo pubblico da parte dell’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Vincenzo Sprovieri.

1864 A Cosenza fonda «Il Bruzio», finanziato da fondi pubblici concessi dal prefetto Guicciardi. In appendice, pubblica a puntate il dramma Antonello capobrigante calabrese.

1865 28 luglio: «Il Bruzio» cessa le sue pubblicazioni, a causa della sua linea non propriamente «officiosa» e del trasferimento del prefetto Guicciardi.

1866 Ritorna a Napoli, avendo ottenuto la cattedra di Lettere nel liceo «Vittorio Emanuele».

1867 Il ministro Cesare Correnti lo chiama a Firenze come suo segretario particolare e gli affida la redazione della rivista «Il Diritto». Tra gli articoli pubblicati: La questione silana, in cui riprende con altri toni il discorso sul problema demaniale, rimasto interrotto su «Il Bruzio», Della «Scienza del Linguaggio» di Max Muller e Sulla storia romana, tutti firmati con lo pseudonimo di «Bruzio».

1869 Ritorna a Napoli e, su richiesta degli ambienti intellettuali e politici della città, in occasione della festa scolastica del liceo «Vittorio Emanuele», compone e pubblica l’Elogio dell’abate Antonio Genovesi, letto alla presenza del principe Umberto.

1871 In vista del concorso per la cattedra universitaria di Letteratura latina, pubblica Protogea, ovvero le origini dell’Europa preistorica e due dissertazioni in latino, Quomodo litterarum sint studia instituenda Vincentius Padula ab Acrio disserebat e Pauca quae in sexto Aurelio Propertio Vincentius Padula ab Acrio animadvertebat. Con suo disappunto, la cattedra è assegnata, invece, a monsignor Antonio Mirabelli.

1872 Cerca di soddisfare le sue ambizioni indirizzandosi alla carriera politica, candidandosi, senza risultato, come deputato al Parlamento nel collegio di Verbicaro. Tenta nuovamente di ottenere la parrocchia dell’Annunziata, ma ancora una volta gli viene negata per la sua condotta.

1874 A Napoli prosegue nell’insegnamento al liceo e pubblica l’Elogio funebre per Mariantonia Falcone, in cui annota i ricordi personali del suo discepolo Giambattista Falcone, eroe di Sapri.

1878 È l’anno febbrile del riordino, della riedizione e della pubblicazione del meglio della sua produzione, in vista del concorso universitario per la cattedra di Letteratura italiana. Colpito da una temporanea malattia agli occhi, ricorre all’aiuto dei suoi discepoli Guarracino, Trinchera e Salvatore Di Giacomo. Presso l’editore Androsio, pubblica la raccolta delle Prose Giornalistiche, in cui inserisce anche la Farsetta e l’Antonello. Pubblica anche le Poesie varie e un primo volume in cui raccoglie i più importanti articoli del «Bruzio», cui non farà più seguito il secondo volume conclusivo.

Anche questa volta, non ottiene l’agognata cattedra, che va al giovane critico Bonaventura Zumbini.

Nel mese di novembre, gli viene conferita una cattedra di Letteratura italiana resasi vacante nell’Università di Parma ma, nonostante i vantaggi economici e l’accresciuto prestigio, vi rimane solo due anni, anche a causa del clima avverso e della sua salute.

1881 Torna a Napoli, dove passa a insegnare al liceo «Umberto I».

1884 Agosto: rientra ad Acri, già colpito dai primi sintomi della malattia, la spinite, che gli impedirà di uscire, tranne che per prendere aria e sole sul balcone della sua casa, con l’aiuto del fratello Umile.

1885 Ha inizio il sodalizio col poeta Vincenzo Julia, che ne raccoglie le testimonianze biografiche e molti manoscritti.

1888 15 maggio: accetta di far pubblicare, sui principali giornali della provincia, una solenne ritrattazione dei suoi scritti polemici contro il potere temporale dei papi. Ma già nel 1878, nell’edizione in volume degli articoli del «Bruzio», in una nota, aveva cercato in qualche modo di prendere le distanze da quelle posizioni, da molti ritenute ai limiti dell’eresia.

1890 Pubblica la Storia della portentosa immagine di Maria della Catena e si dedica alla lettura dei testi di sant’Agostino.

1893 7 gennaio: a 74 anni, muore ad Acri, assistito dai familiari e dal poeta Vincenzo Julia. La cittadinanza gli tributa solenni onoranze funebri nella chiesa della S.S. Annunziata.

Maria Gabriela Chiodo

FONTE: Un intellettuale di frontiera, Vincenzo Padula – Laterza

FOTO: Rete

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