IN DIFESA DEI 65 “SEDIZIOSI” DI ORSOMARSO (Seconda parte)

Operai dell’Argentino

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La temuta chiusura dell’Argentino, a metà degli anni Cinquanta, a seguito del ritardo nel martellare il bosco di Sammacuso, spinse molti a scendere in piazza per uno sciopero. Intervennero i carabinieri e molti vennero denunciati per reati vari. (Seconda parte)

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Orsomarso è uno di quei pochi paesi di questo tribolatissimo ed afflitto Meridione d’Italia che ha avuto la ventura di conoscere quella situazione di privilegio che procura il lavoro industriale, non ingrato quanto quello martoriante agricolo. Penate: otto ore lavorative al giorno, a pomeriggio già a casa, un tanto di paga orario pari a quello che si ricava vendendo un fascio di legna, un di più per assegni familiari, assistenza in casodi malattie anche per i proprii familiari…: un Eden la terra che era stata sempre fonte di sospiri. Erano ormai venti anni che si viveva così: il cerchio delle verdeggianti colline circostanti il paese sembrava diventato la leggendaria conca d’oro dei campi del raccolto. Ma, ahimè!, quella vena d’oro costituita dalla massa legnosa di alberi secolari e pregiati che, una volta tagliati potranno forse rinascere fra centinaia d’anni solo se la Natura avrà la bontà di essere benigna, non avendo gli uomini nulla fatto per venirLe incontro, facendo magari seguire al disboscamento il rimboschimento (trascurato sempre questo Mezzogiorno che tutti dicono di avere a cuore e le cui piaghe, vecchie più della stessa barba dal biblico Matusalemme, sono sempre lì vive e scottanti, in perpetua attesa di un qualunque anodino…).

E, ritornando ad Orsomarso, un grido allarmante si sparge fra la gente del luogo: “Starno per finire i boschi… fra qualche settimana non vi saranno più tronchi da mettere sotto le circolari e tavole da porre da porre nelle celle d’evaporazione”. La notizia sembra inverosimile!

La verità è patente nella sua dura e crudele realtà. Cade sotto gli occhi che ogni giorno vedono nudo il dorso delle montagne… Eppure nessuno vuol piegarsi ad essa!  E se qualcuno per poco fa per aderirvi, una rappresentazione che agghiaccia e mette il brivido nella schiena si para davanti alla mente che s’allucina: una rappresentazione eli cui non sopravvive ormai il ricordo…: lo spettro della madia vuota, delle mogli lontane alla ricerca di erbe selvatiche perché ogni familiare potesse mettere qualcosa sotto i denti e riempire comunque la pancia, delle giornate di stenti, di fatiche,  la schiena curva dalle primi luci del mattino fino alle ultime faville del sole a vangare e vangare in una terra ingrata, ove l’acqua di stagni e di fossi deve servire a dissetare le “bocche riarse ed ogni solco si intride di sudore e dì sangue…:  giornate tremende che si chiudono, mentre, scalzi e coperti d’i indumenti che sono una scacchiera di rattoppi e di colori, sono ancora per istrada e molti e molti chilometri, attraverso roveti, ghiaia pietrisco e fanchiglia,  sono ancora da coprire prima dì giungere In quelle quattro mura squallide e scure che costituiscono il loro abituro, cui l’aria perviene attraverso la sola porta e nella quale la nidiata di figli affreddoliti e denutriti attende,  prima di mettersi a dormire tutti insieme in dieci o dodici, che con il padre, che è andato a lavorare quando ancora loro dormivano, si consumi il pasto serale: pane giallino di granoturco raffermo, peperoni e cipolle a sazietà!

Ritornare al buio dopo aver avuto la parvenza di ciò che è la luce per gli uomini che sono lasciati a vivere allo stato delle bestie? Ah! No… Continuare vogliono a lavorare da uomini. Ma chi si dà cura di loro?… Bisogna forse chiedere per far aprire gli occhi. E sin dal principio dell’anno corrente si lancia il primo disperato appello all’Amministrazione comunale del paese con ben duecentoquaranta firme e si comincia così ad ingoiare la prima briciola di speranza ed a spezzare le dure fette del pane dell’attesa. Passa un mese, passano due e l’attesa diviene spasmodica con lo snocciolarsi lento dei giorni! Eppure a dare ascolto alla voce degli operai non si farebbe che risolvere i problemi di questo povero paese e ad assicurare il progresso oltre che il benessere delle generazioni venture: Strada per Mormanno, apertura della salina in contrada Tavolaro, opere dì bonifica e di difesa valliva, strade di campagna, cantieri di rimboschimenti e via di seguito. Ma alcuni amministratori si concedono il bel tempo ad abbellire il proprio vicinato e nell’altro si dorme…!

Avv. Settimio Forestieri

(Continua)

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