LA FIRMA CON LA CROCE NEI DOCUMENTI BIZANTINI

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II Crocisegno va lentamente scomparendo dall’entroterra calabrese per la massificazione della scuola dell’obbligo, l’aumentata richiesta di firme su documenti vari (il che consiglia gli «analfabeti» ad imparare a vergare il proprio nome), ed il decesso delle persone anziane.

Davanti al fenomeno, indubbiamente positivo sotto l’aspetto sociologico, viene da chiedersi, prima della definitiva scomparsa della «firma degli illetterati», quale ne fu la sorgente ed il valore per intere generazioni.

Ancor oggi, nelle più impervie contrade, vi è l’uso della tradizione orale di costumanze e raccomandazioni prudenziali da padre in figlio, ed in tale quadro va inserito il profondo rispetto sacrale manifestato in occasione di apposizione del Segno della Croce. Infatti l’analfabeta, sovente di umili natali, pretende la lettura e rilettura del negozio giuridico ed, una volta persuaso, si dedica senza fretta e con meticolosità alla «firma» rialzando soddisfatto il viso alla fine della certa fatica. Evidenzia chiaramente emozione e rossore e se con tatto gli si chiede ragione di cotal comportamento, esclama, spontaneamente e prontamente: «ma è la CROCE!».

Nella prossimità del vecchio centro di Castel Mainardi (VIII d.C.- 1783) abbiamo anche rinvenuto qualche vecchietto dalla mente lucida e non ci è stato difficile aver risposta sulle sue conoscenze sul «Segno della Croce». Rammentava egli di aver saputo dai suoi «vecchi» che furono i Monaci a portare l’usanza del crocisegno «tanto tempo fa». Ma sull’Ordine religioso e sui tempi storici ovviamente nulla altro sapeva.

A questo punto inizia a ritroso la nostra empirica ricerca diretta a convalidare dal vivo il BRANDILEONE (Le clausole penali nei codici bizantini nell’Italia meridionale) e quanti altri hanno trattato l’argomento.

Osserviamo idealmente il «Crocisegno» vergato da una persona anziana illetterata dell’entroterra nostrano: verticale e trasversale si congiungono sempre al centro e mai in alto, sicché la croce è greca e non latina. E tanto nella seconda metà del ventesimo secolo in zone ormai ecclesiasticamente romanizzate da almeno cinque secoli. Il che ci fa considerare: a) l’uso di apporre la croce sugli atti è databile alla dominazione bizantina; b) i Religiosi della Chiesa romana nulla fecero o potettero per latinizzare il Crocisegno, malgrado la potente e massiccia presenza dei PP. Domenicani, ben legati al potere temporale spagnolesco.

Propenderei per l’inanità dei conati del clero secolare e religioso ubbidiente a Roma, perché è indubbio il noto impegno messo da tutti per sradicare ogni reminiscenza formale e sostanziale di provenienza ortodossa tra la popolazione sottratta da Ruggero il Normanno alla propria fedeltà a Costantinopoli.

Circa la determinazione storica dell’introduzione del Crocisegno occorre fissarla in epoca pre-normanna e pre-feudale. Ed in tale periodo da noi, come nelle più remote zone calabresi, la cristianizzazione e la civilizzazione nell’accezione corrente fu opera esclusiva dei Santi Monaci seguaci del Maestro Basilio (vedi anche: G. D. BARONE, Castel Mainardi e Filadelfia nel Regno del Sud, Frama 1978), stante la titolarità delle nostre vetuste Parrocchie dedicate a Teodoro d’Amasea ed a Barbara di Nicomedia, la presenza nelle vicinanze di Chiese di SS. anargiri Cosma e Damiano e la visita alla «Batia» di Attanasio Calkepoulos nel 1445.

Oltretutto olim l’Abate fungeva da Notaio. Infatti il mastro d’atti di nomina civile apparterrà all’epoca feudale. E stante la profonda religiosità e l’acuto senso mistico, introdotto e conservato dai Padri Basiliani, è spiegabile che i contratti rogati dall’hegoùmenos iniziassero con l’invocazione alla SS. Trinità e portassero il Segno della Croce.

Particolarmente importante è la circostanza che il Crocisegno veniva apposto da tutte le parti, pur se «letterate», in quanto comprovava la sacralità e non la necessità legale di esso. D’altra parte chi avrebbe osato negare la validità della propria adesione all’avvenuto negozio giuridico, stante che la scritturazione era dell’Abate, la cui statura morale e temporale incuteva rispetto e fiducia in un misto di bisogno e di senso superstizioso della vita presente nella nostrana società agricola di astrazione paganeggiante per le immediate origini bruzie?

La clausola per gli inadempienti — ricorda il Brandileone — era a doppio corno: maledizione divina e multa pecuniaria a favore del governo di Bisanzio. Quale incuteva maggior timore? La pena per l’Imperatore era calcolata in bisanti e la sua applicazione dipendeva dalle possibilità finanziarie dell’inadempiente nonché dalla capacità dell’Autorità civile di ottenere il pagamento. Nella generalità dei casi l’uno e l’altro evento era aleatori stante la miseria locale.

Al contrario, medioevo imperversando, la preoccupazione per la punizione della Santissima Trinità era fortemente sentita, stante che lutti, raccolti andati a male, malattie e disgrazie minori potevano trarre origine — su accurata e pregnante spiegazione dei Monaci — dalla mancanza alla parola data.

In seguito il Crocisegno rimane per gli illetterati. La emergente borghesia rurale deve affrancarsi dagli scrupoli superstiziosi se vuole avanzare calpestando i vinti «che piegano il capo sotto il passo brutale dei sopravvenienti». Diverrà più importante l’altro corno: la punizione pecuniaria, in uno con le conseguenze legali. Gli inadempienti saranno colpiti da sentenze civili eseguibili in loco a cura della controparte e le possibilità di escussione esisteranno per le mutate condizioni socio-economiche.

Per tutti i contraenti ad apertura del rogito scomparirà ogni riferimento religioso; la firma con il Segno della croce andrà al termine del foglio. La sua rilevanza «sacrale» permarrà soltanto tra gli agricoli, affievolendosi nelle classi intermedie e nulla importando per eventuali casalinghe borghesi rimaste analfabete per scongiurare il pericolo di loro lotta ai principi indiscutibili del maggiorascato.

Riassumendo, possiamo affermare che il Crocisegno arrivò nelle nostre contrade per iniziativa basiliana, fu cooptato dal governo bizantino per la sua utilità finanziaria, perse gradatamente la sua sacralità man mano che i ceti emergenti si emancipavano dalla superstizione, conserva la sua validità religiosa, unitamente alla civile, soltanto nell’entroterra nostrano ed ovviamente per gli analfabeti, e cesserà la sua esistenza con la scomparsa degli ultimi «illetterati ».

GIOVANDOMENICO BARONE

Da “CALABRIA BIZANTINA”, AA.VV. – Gangemi

FOTO: Rete

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