La società azteca

Sacerdote azteco

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La società azteca (secc, XIV-XVI)

Lo Stato azteco era di tipo monarchico: il sovrano era eletto fra gli appartenenti agli strati sociali più elevati, la designazione veniva fatta dai dignitari di corte e successivamente approvata dal popolo di Tenochtitlan. Le cariche, in linea di principio personali e non trasmissibili per via ereditaria, passavano spesso dal padre al figlio.

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La società presentava un impianto verticale: all’apice stavano il re e le supreme gerarchie, alla base i plebei e gli schiavi, fra i due estremi i ceti che oggi sarebbero definiti medi. Ogni uomo era catalogato per il mestiere che svolgeva e, se in teoria poteva aspirare a tutti gli uffici, in pratica era condizionato dalle stratificazioni sociali.

Le donne, pur nell’ambito di uno status inferiore a quello degli uomini, godevano di molti diritti.

All’istruzione si attribuiva grande valore; funzionavano due modelli di scuole: la scuola aperta a tutti e la scuola di specializzazione per diventare sacerdoti.

Importantissima era la categoria dei pochtechi, ossia dei commercianti viaggiatori.

Ogni città era divisa in distretti (calpulli) e ogni distretto era amministrato da un funzionario di governo (calpullec), eletto o nominato, responsabile di fronte all’autorità centrale. La proprietà era collettiva, nel senso che ciascun calpulli disponeva della terra e degli altri mezzi necessari alla vita della propria collettività, ma veniva riconosciuta anche la proprietà privata. Il re e i dignitari di grado più elevato godevano di privilegi al riguardo e ricevevano inoltre, a titolo di omaggio, beni e servigi ed erano esenti da qualsiasi tributo.

L’economia era basata prevalentemente sull’agricoltura e sull’artigianato; il commercio si svolgeva soltanto mediante baratto.

Ritratto di Montezuma II, ultimo sovrano degli Aztechi (olio su tela di anonimo spagnolo del sec. XVII). Nella società azteca il re, eletto dai dignitari più influenti, rivestiva un ruolo di massimo prestigio e godeva di ampi privilegi.

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La società azteca seppe esprimere, al culmine del suo splendore, capolavori artistici e letterari, soprattutto nel campo poetico; in essa rimase tuttavia dominante il carattere militare, che trovò conferma nell’esaltazione del comandante in capo dell’esercito (tlacochcalcatl) e del sovrintendente agli arsenali (tlacateccatl),

II tratto più saliente della religione azteca, quello che più impressionò i cronisti spagnoli, è senza dubbio il sacrificio umano. Un’importante divinità, Xipe, sembrerebbe personificare l’idea stessa del sacrificio umano tipicamente azteco (ossia con esclusione dei sacrifici di bambini agli dèi della pioggia, comuni alle regioni andina e mesoamericana). Durante le feste di Xipe avvenivano carneficine sacrificali: prigionieri di guerra (di guerre sostanzialmente «rituali», distinte dalle guerre di conquista), decapitati e scuoiati, erano i «sostituti» dei catturatori che danzavano tenendo in mano le loro teste, mentre le pelli venivano indossate da altri che rappresentavano la condizione migliore ottenuta con la morte. Le carni della vittima erano ritualmente mangiate in un banchetto offerto dal catturatore ai suoi amici. Tutte le divinità del pantheon azteco venivano idealmente immolate al Sole. Unica eccezione era Quetzalcoatl, il Serpente Piumato, che però più che un dio era un antico eroe cultuale assurto a condizione divina per adattamento al sistema panteistico.

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Fonte: “LA STORIA” – La Biblioteca di Repubblica

Foto: Rete

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