Le «imagines maiorum» e il culto degli antenati

Statua di patrizio romano che mostra orgoglioso i ritratti degli avi

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Una delle tradizioni maggiormente sentite nel mondo romano è il culto degli antenati, che ha una delle sue manifestazioni principali nelle imagines maiorum, i ritratti degli antenati più insigni della famiglia.

Funzione delle imagines era quella di ricordare ai vivii meriti delle persone defunte. Infatti l’immortalità a cui aspirava l’uomo romano consisteva nella sopravvivenza delle proprie gesta nella memoria non solo dei discendenti ma anche della comunità. Queste gesta venivano declamate nell’elogio funebre da un rappresentante della famiglia all’interno del rituale funerario. L’imago era poi realizzata prima della deposizione del corpo nella tomba attraverso una maschera di cera che riproduceva fedelmente i tratti somatici del defunto. La maschera, riposta in un reliquiario su cui era riportato il nome e i titoli del defunto, era conservata con massima cura nel posto più in vista della casa, nell’atrium, dove insieme alle altre costituiva l’albero genealogico della famiglia.

Il Togato Barberini, statua di patrizio romano che mostra orgoglioso i ritratti degli avi

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Le imagines erano poi esposte durante i sacrifici pubblici, nelle grandi feste religiose ed erano portate in processione durante i funerali di un personaggio importante della famiglia. In quest’ultimo caso le maschere erano indossate da uomini che presentavano somiglianza nella corporatura con quella dell’antenato. Tuttavia questi ritratti non venivano esposti né riprodotti per i funerali di condannati,  traditori o di coloro che avessero provocato scandalo alla famiglia, nei confronti dei quali si esercitava la damnatio memoriae (distruzione della memoria).

La cura delle immagini connessa al culto degli antenati era regolata dallo ius imaginum, il diritto di esporre immagini nell’atrio di casa. Questo era stato esclusivo delle famiglie patrizie fino al III secolo a.C., poi fu esteso anche alle famiglie plebee e ai discendenti

di coloro che avevano ricoperto le cariche delle magistrature superiori, quando queste non furono più prerogativa del patriziato. Il diritto di possedere le immagini spettava ai discendenti e ai consanguinei, in quanto appartenenti alla gens,ma anche le donne portavano con sé le immagini dei propri antenati che venivano così inseriti nella genealogia della famiglia del marito.

La naturale evoluzione delle immagini di cera fu il ritratto, che nel mondo romano raggiunse effetti di grande realismo, poiché la rappresentazione aveva valenza politica

e di casta.

Da “Storia delle Religioni” – La Biblioteca di Repubblica

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Ritratti di Fayyum

Con l’espressione «ritratti del Fayyum» si designa una serie di circa 600 ritratti funebri, fortemente realistici, realizzati per lo più su tavole lignee, che ricoprivano i volti di alcune mummie egizie d’età romana. Il nome deriva dalla pseudo-oasi del Fayyum, il luogo da cui proviene la maggior parte delle opere. L’importanza di tali raffigurazioni deriva, oltre che dal loro spiccato realismo, anche dal fatto che, insieme agli affreschi di Ercolano e Pompei, a quelli della tomba del tuffatore a Paestum e ad alcune raffigurazioni tombali a Verghina nella Macedonia Centrale, sono tra gli esempi meglio conservati di pittura dell’antichità.(wikip.)

Foto: Rete

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