San Giuseppe va a rubare fichi per sant’Anna

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Questa parmarija, raccolta da Serafino Amabile Guastella nell’Ottocento, ha per protagonista san Giuseppe. Permette di cogliere un aspetto della morale contadina: se si ruba per aiutare un ammalato non c’è colpa.

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Un’altra eccezione, che spoglia il furto da ogni idea di colpa, gli è quando si rubi per soddisfare alle voglie di un ammalato; ed anche questa eccezione fluisce dalla teoria del dritto alla vita.

Nella leggenda di San Ginepro il santo frate ruba e taglia il piede ad un porco, per sollievo di un frate infermo, che si struggea di siffatta voglia; e, rimproverato da San Francesco, discolpa il furto e se ne gloria. Non poche altre leggende potrebbero all’uopo racimolarsi, ma io starò pago ad una sola, che ha per protagonista il più simpatico fra tutti i Santi, quello che è venerato dal popolo con culto e devozione più schietta, dico il patriarca San Giuseppe: […]

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La madre Sant’Anna, inferma e vecchiarella, avea perduto l’appetito, e andava deperendo ogni giorno. La sua santissima figlia le cucinava con le sue mani or questo or quell’altro manicaretto, figuratevi con quanta soavità di gusto! con quali odori di paradiso! Ma la Madre Sant’Anna ne assaggiava un boccone, e al secondo aggrinzava il naso, né c’era verso a inghiottirlo.

Un giorno, che parve un po’ migliorata, chiamò il patriarca e gli disse:

– Genero mio, stamane ho voglia di fichi freschi.

– Come! dice San Giuseppe. Siamo in gennaro, e avete di simili voglie? E dove potrei trovarli?

– Li troverai nell’orto di Tal dei Tali, dove appunto ce n’è un albero maraviglioso.

San Giuseppe si grattò il capo, sapendo per intesa che sarebbe stata cosa più facile destar pietà nel diavolo, anziché in quel dannato usuraio che non dava nulla per nulla, neanco gli sputi. A buon conto prese per mano il bambinello Gesù, e adagio, adagio in campagna.

Cammina, cammina, giungono all’orto e si avvengono in quel bellissimo albero. L’usuraio era li: una bestiaccia tutto fiele e con occhi di basilisco; e San Giuseppe, cavandosi umilmente il berretto, disse a quella bestiaccia con voce piana e soave:

– La madre Sant’Anna, che da lungo tempo è ammalata, ha nausea di ogni cibo, ma avrebbe voglia di uno o due di codesti fichi freschissimi. Se avessi danaro, darei quel tanto che vorreste; ma il tempo è scarso, il lavoro non corre, sicché ve li domando per l’amore di Dio e a titolo di compassione.

L’usuraio non si degnò rispondere, ma, agitando il randello, fece conoscergli chiaramente che se non se la svignava a corsa, gli avrebbe rotte le spalle. Il povero San Giuseppe chinò dolorosamente la testa, e si pose la via fra le gambe; ma pervenuto a tal luogo donde potea vedere e non esser veduto si appiattò col Bambino, raccomandandogli di non piangere. Aspetta, aspetta: aspettò tanto che finalmente vide partire quel ribaldo usuraio. E allora sbucò anch’egli, camminò in punta di piedi, e, arrampicatosi sull’albero, spiccò più che potè di quei fichi.

Ed ecco che il proprietario, il quale sospettando di qualche gherminella stava sull’avvisato, agguanta pei piedi il patriarca che già scendeva dall’albero, e mena legnate da orbi. Alle strida dolorosissime accorse il Bambino, il quale, lampeggiando negli occhi e sollevando la Croce, gridò con fierissima voce:

— Sii maledetto, perché rifiutasti un fico ad una povera inferma! Sii maledetto, perché bastonasti un povero vecchio! Sii maledetto, perché non senti pietà pei poverelli di Dio! Da questo momento sarai costretto sino al giorno del giudizio a urlare per fame come i lupi del bosco.

Da “Le parità e le storie morali dei nostri villani”, di S.A. Guastella –Rizzoli

Foto: Rete

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