Sarebbe Dio a decidere quando un uomo deve morire?

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Un grande teologo, Vito Mancuso, ragiona sull’origine della vita e il mistero della morte. Lo fa in una disputa con Corrado Augias, avvenuta alcuni anni addietro, e diventata poi un libro.

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Il mio pensiero non nasce astrattamente dalla volontà di obbedire a documenti firmati dai papi. Il mio pensiero nasce dalla vita e intende servire la vita, in linea con quanto scriveva Karl Barth, uno dei più grandi teologi del Novecento: «II pensiero, quando è autentico, è pensiero della vita e perciò e in ciò è pensiero di Dio». Se il pensiero non serve la vita concreta degli uomini, non ha nulla a che fare con il Dio vivo. Concretamente, cercando di aderire il più possibile alla vita, terribile e insieme bellissima, io penso che:

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1.II più alto livello della dignità umana (concetto molto caro alla dottrina) consiste nell’esercizio della libertà, compresa quella su se stessi. Anzi, prima di tutto quella su se stessi: quale libertà sarebbe mai se non si può deliberare su di sé? Il senso dell’intera creazione consiste ex parte Dei nella posizione della libertà ed ex parte hominis nell’esercizio della libertà, perché è questo che ci distingue dagli altri esseri viventi, facendoci, noi soli, a immagine e somiglianza di Dio.

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2. Io sono convinto che si debbano accogliere le sofferenze della vita, usandole per compiere se stessi e edificare gli altri, contribuendo a portare ordine, armonia e sapere

nel mondo. Anche sapere: già gli antichi greci parlavano della «conoscenza attraverso il dolore», come si legge nella grande preghiera cantata dal coro a Zeus nell’Agamennone di Eschilo. La sofferenza, accettata, conduce alla forma più alta della conoscenza umana, che è la sapienza. Per questo accettare e vivere la sofferenza è una delle più grandi opere che un uomo può compiere, forse la più difficile e la più eroica.

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3.Nessuno, però, può costringere un altro a soffrire. Ognuno deve scegliere, nessuno può essere costretto. Nessuno. E se lo si costringe, la cosa ha un nome preciso: tortura.

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4. Tanto meno può costringere alla sofferenza uno Stato laico, che deve essere la casa di tutti, dove tutti si sentono rappresentati e accolti.

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5.Quanto alla morte naturale, che cosa vuoi dire «naturale»? Significa forse non scelta dall’uomo, ma scelta da Dio, nel senso che sarebbe Dio a decidere quando un uomo deve morire? Si vuole dire questo con «naturale»? Io presumo che dietro la dottrina ufficiale ci sia questo modo di vedere, che sia Dio cioè che decide la morte. Bene. Anzi male, perché qui si apre una voragine. C’è chi muore travolto da un tir per un colpo di sonno dell’autista: morte naturale voluta dal Cielo? C’è chi muore annegato per una tempesta marina oppure sbranato da un cane impazzito: morte naturale voluta dal Cielo? Sono innumerevoli i casi di come si muoia assurdamente a causa della natura; ogni giorno ne sono pieni i giornali.

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E poi ci sono le malattie, anch’esse «naturali». Quanti sono, lungo i secoli, gli uomini morti di morte naturale a causa della peste, del vaiolo, del colera, della tubercolosi, della difterite, del tetano, della poliomielite e di chissà quali altre malattie, tutte rigorosamente «biologiche»? E se oggi queste malattie sono sconfitte è solo grazie all’intelligenza umana e all’arte «sacra» della medicina (mi permetto di citare un concetto molto caro all’ospedale e all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano e a don Luigi Verzè loro fondatore). Oggi si muore di cancro, di Aids e di altre malattie naturali, ma anche queste un giorno saranno sconfitte. Che cosa pensano al riguardo i paladini della morte naturale? Che i ricercatori di oggi che cercano di sconfiggere tali malattie naturali stanno agendo contro la volontà di Dio?

Dicono che l’uomo non può essere il padrone della propria vita e della propria morte, perché lo è Dio: è lui che pronuncia la prima e l’ultima parola dell’esistenza. Ma ci si rende conto di che cosa comporta dire che Dio è il padrone della vita e della morte terrena?

Sulla morte ho già detto, ora una rapida occhiata all’inizio della vita. Il 70 per cento degli ovuli fecondati (che il documento della Congregazione per la dottrina della fede dell’8 settembre 2008 Dignitas personae invita a trattare come persone) non si impianta in utero e «naturalmente» muore. Se Dio fosse il responsabile diretto della nascita si avrebbe un’ecatombe così mostruosa che Hitler e Stalin al confronto potrebbero concorrere per il Nobel della pace. Non è finita qui. Degli ovuli fecondati che si impiantano in utero e che da zigoti divengono embrioni, il 20 per cento muore a causa di aborti spontanei rigorosamente «naturali». Il discorso fatto sopra si rafforza, ove fosse possibile, ancora di più.

Se Dio fosse veramente il responsabile della vita e della morte degli esseri umani, io sarei ateo, perché non potrei tollerare che si prendesse così malignamente gioco di tanti di noi. Devo confessare[…] che è anche grazie a Darwin, il quale ha mostrato che l’evoluzione della vita avviene mediante selezione naturale e non mediante il diretto intervento della mano di Dio, che io sono in condizione di continuare a credere in Dio quale Padre amorevole del genere umano. Ma le dico anche che se Dio fosse da una parte e l’umanità dall’altra e io dovessi scegliere, non avrei il minimo dubbio nello scegliere l’umanità. Se sono cristiano, è perché so che Dio è sempre e solo dalla parte dell’uomo, e che per questo il bene più grande dell’uomo è incontrare Dio. Il senso di tutto il cristianesimo, e dell’annuncio che ne costituisce il centro (Gesù in quanto incarnazione di Dio), sta tutto qui. […]

Da “Disputa su Dio”, di C. Augias e V. Mancuso – Mondadori

Foto: Rete

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