Il mulino ad acqua

Orsomarso – Mulino di Santo Linardo

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Da Marc Bloch, Lavoro e tecnica nel Medioevo, stralciamo, con lievi ritocchi e adattamenti, alcuni passi riguardanti la diffusione del mulino ad acqua, considerata nelle sue conseguenze prossime e remote. La sostanza del discorso è questa: nessuna macchina può sostituire l’uomo in attività complesse, se queste non vengono prima risolte in una serie di operazioni elementari; pertanto solo quando si cominciò a macinare il grano mediante la semplice rotazione di una mola, si posero le premesse perché alla mola venisse applicato quell’elementare motore ad acqua che è ii mulino. D’allora in poi divenne sempre meno necessario ricorrere agli animali o all’uomo come fonti di energia e iniziò il processo, tuttora in corso, per il quale sostanze minerali, come il carbon fossile, il petrolio, l’uranio eccetera, possono venire usate direttamente per far funzionare dei motori. In tal modo il ciclo che va dalla materia all’energia fu enormemente abbreviato: un tempo esso comprendeva queste fasi: coltivazione di vegetali→allevamento di animali (che si nutrono di vegetali) → energia; poi cominciò a trasformarsi in questa direzione: sostanze minerali → motori → energia (si badi, però, che animali e motori non producono l’energia, ma semplicemente la trasformano).

La prospettiva considerata da Bloch ci sembra particolarmente interessante, perché mostra la relazione, tutt’altro che immediata, che lega il mulino alla nascita dell’industria moderna.

Orsomarso – Mulino di Santo Linardo

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Quando le prime ruote di mulino cominciarono a battere la superficie dei corsi d’acqua, l’arte di macinare i cereali aveva già, in Europa e nelle civiltà mediterranee, un passato assai più che millenario.

Originariamente occorre immaginare il più rudimentale dei procedimenti: i grani erano sfracellati a colpi di pietra. Ma già nella preistoria, in epoche e luoghi che non è nostro compito ricercare qui, un decisivo passo avanti era stato fatto mediante l’invenzione di veri e propri utensili, come il mortaio fornito di pestello, o come il rullo di pietra. Poi apparve la macina girevole. Immaginata nel bacino del Mediterraneo e forse in Italia nel corso dei due o tre secoli che precedettero l’era cristiana, essa era penetrata in Gallia poco prima della conquista romana. Anch’essa poteva esser mossa dall’uomo e, in effetti, lo fu sovente.

[…]

Tuttavia il nuovo strumento permetteva, per la prima volta, di sostituire nella molitura, al lavoro umano quello degli animali, di solito asini e cavalli.

[…] Ma un altro e ben più considerevole progresso fu reso possibile. La semplicità e regolarità del movimento di rotazione, in confronto dei gesti complessi che esigevano i procedimenti precedenti, permisero l’impiego di una forza che, più cieca ancora della trazione animale, è inoltre, per natura, orientata in una direzione sempre uniforme: la spinta dell’acqua corrente. Senza la mola versatilis ( = macina girevole) non vi sarebbe mai stato il mulino ad acqua. […]

È soprattutto nella storia del patrimonio tecnico umano che l’iniziativa dell’anonimo inventore del mulino si inscrive con i caratteri di una grande data. Le generazioni che ci hanno immediatamente preceduti e la nostra hanno assistito, nel campo dei trasporti, a questa prodigiosa rivoluzione: la trazione animale ha ceduto il posto a forme di energia puramente inorganiche. Di questo genere fu, a un dipresso, la rivoluzione che produsse, in un altro ordine di attività, l’avvento del mulino ad acqua. Tuttavia in questa progressiva utilizzazione del mondo inanimato, il cui corso riassume forse l’aspetto essenziale dell’evoluzione tecnica (il ferro si sostituisce al legno, il carbon fossile al carbone di bosco, i coloranti chimici alla cocciniglia e all’indigo¹), in questo controllo sempre più diretto che, senza passare per lo stadio intermedio della trasmissione di energia attraverso l’animale, l’uomo esercita sulle profonde forze naturali, la tappa superata con l’invenzione del mulino fu, in un certo senso, la più decisiva di tutte. La forza che fu allora asservita all’uomo era infatti tra le più familiari e facili da utilizzare e, al tempo stesso, fra le più potenti: quella stessa che oggi viene imprigionata dalle nostre turbine. E l’essere vivente la cui forza veniva così risparmiata era l’uomo, oltre che la bestia.

Infine si trattava del primo passo: né ci si sarebbe più fermati sino ad arrivare alla caldaia a vapore. La ruota fornita di pale poteva infatti trasmettere, senza considerevoli modificazioni, il suo movimento a macchine ben diverse dalla macina per il grano. Frantoi per olive, mulini per conciare non erano altro, in verità, che semplici applicazioni della pietra frantumatrice. Ma ben presto l’influsso dell’invenzione ebbe ripercussioni ben più lontane. La sega idraulica risale per lo meno al III secolo. E le prime gualchiere delle quali i testi ci abbiano conservato memoria facevano risuonare del loro rumore le valli alpestri già nell’XI secolo. […]

Il mantice d’officina e il maglio non sembrano essere apparsi sul corso dei fiumi molto più tardi. Poi fu la volta di sempre nuove applicazioni moltiplicate quasi all’infinito: tanto che, nei secoli XVII e XVIII, le prime manifatture, quelle le cui macchine erano azionate dalla forza idraulica, […] non erano in realtà che dei discendenti dell’antico mulino: in Inghilterra, anzi, esse ne portarono a lungo il nome². […]

(da Lavoro e tecnica nel Medioevo, trad. di G. Procacci, Bari, Laterza, 19744)

NOTE

1. Genere di piante di cui alcune specie forniscono una sostanza colorante azzurra, detta appunto indaco.

2. Mill, in inglese, significa ancor oggi «mulino» ma anche «fabbrica, opificio, stabilimento».

Fonte: “IL MEDIOEVO”, di A. Camera e R. Fabietti – Zanichelli

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