Didone, la leggendaria fondatrice di Cartagine

Didone ed Enea, di Nathaniel Dance-Holland – Londra

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La regina Didone è la leggendaria fondatrice di Cartagine, la più ricca, fiorente e famosa colonia fenicia, costituita dagli abitanti di Tiro verso la fine del sec. IX a.C. (nell’814, secondo lo storico greco Timeo, vissuto nel sec. IV a.C.) sulla costa settentrionale dell’Africa, sull’odierno golfo di Tunisi.

Il suo nome fenicio, Qart Hadasht, significa «città nuova», forse così denominata in contrapposto a Utica fondata, più a nord, prima di Cartagine.

Secondo la versione greca della leggenda, riportata da Timeo e da Giustino, la regina fondatrice si chiamava Theiosso, in fenicio Elissa, era figlia del re di Tiro Muttone, e aveva sposato lo zio Sicheo, ricchissimo sacerdote di Ercole. Ma il fratello di lei, Pigmalione, divenuto re di Tiro, le uccise il marito per impadronirsi delle sue ricchezze; la donna con pochi compagni fuggì per mare giungendo dopo lunghe peregrinazioni in Libia, dove venne chiamata dagli indigeni Didone (parola che secondo Giustino significava «errante», ma l’etimologia è senza fondamento). Qui ottenne dal re Jarbas per sé e per i suoi compagni tanto terreno quanto ne poteva comprendere una pelle di bue. Didone tagliò la pelle in sottilissime strisce e recinse con essa un ampio spazio su cui fondò una città che chiamò Cartagine.

Chiesta in sposa da Jarbas, che minacciò di distruggere la città se ella non avesse acconsentito, piuttosto che tradire la memoria di Sicheo, Didone si uccise gettandosi su un rogo.

Didone ed Enea – Casa del citarista, Pompei

Sulla leggenda greca si inserisce l’ampia elaborazione letteraria romana, che si ritrova già nell’opera del poeta Nevio, vissuto nel sec. IlI a.C.: Didone è posta in rapporto con Enea, che durante il suo viaggio verso l’Italia sarebbe sbarcato a Cartagine dove si sarebbe innamorato di Didone essendone ricambiato; secondo un’altra tradizione raccolta da Servio, Enea avrebbe invece amato la sorella di Didone, Anna. Da Nevio, Virgilio deriva i tratti essenziali per l’episodio famoso nell‘Eneide: Enea, in seguito a una tempesta che ha disperso la sua flotta, viene gettato sulle coste dell’Africa, presso Cartagine; qui si rifugia, in attesa di riparare le navi e di riprendere la navigazione. A Cartagine è accolto da Didone di cui diviene ospite insieme con i compagni. Durante un banchetto nella reggia, Venere, perché la regina sia più benigna verso il figlio, invia Amore che sotto le sembianze di Julo  ispira a Didone un amore appassionato per Enea; l’eroe, invitato dalla regina, narra la distruzione di Troia e le sue avventure; Didone tenta invano di resistere al sentimento che sente sorgere in lei, per conservarsi fedele alla memoria di Sicheo, finché, consigliata anche dalla sorella Anna che pensa sia necessaria la presenza di Enea per difendere la città contro i molti nemici esterni, Didone cede alla passione.

Durante una caccia interrotta da una violenta tempesta, inviata da Giunone che con l’amore spera di tenere l’eroe lontano dall’Italia, in una grotta dove Didone ed Enea si sono rifugiati avviene l’amplesso. Enea sarebbe ormai deciso a fermarsi a Cartagine, se Giove non gli inviasse Mercurio a ordinargli di partire affinché si compiano i fati che lo vogliono nel Lazio; l’eroe non osa annunciare la sua partenza a Didone e cerca di allontanarsi in segreto; tuttavia la regina si accorge dei preparativi, prega, minaccia, implora Enea perché resti, ma invano. La flotta di Enea si allontana e Didone, disperata, dopo avere predetto odio eterno fra Cartagine e la città che Enea va a fondare in Italia, sale sul rogo che si è fatta preparare e si trafigge con la spada donatale da Enea.

Nella poesia di Virgilio, Didone rappresenta il paradigma eterno dell’amore infelice, fatto di una dedizione così assoluta, per la quale, di fronte al disinganno e all’abbandono, alla disperazione non può esservi altra soluzione che la morte.

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Fonte: “LA STORIA” 2 – La Biblioteca di Repubblica

Foto: Rete

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