La storia della Calabria è costellata da grandi e piccoli terremoti

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La storia della Calabria è una storia lunga – molto più lunga di quanto qualunque essere umano possa immaginare, aggiungeremmo noi geologi – di grandi e piccoli terremoti. Catastrofi improvvise e catastrofi parzialmente annunciate, terremoti improvvisi e isolati e sequenze interminabili che sembravano non voler lasciare in piedi nulla di questa regione.

Lo spaventoso livello di sismicità della Calabria, di cui qualunque calabrese è testimone almeno indiretto, è oggi quantomeno ben accertato da ricerche sempre più specialistiche e dettagliate. Due degli elementi fondamentali per descrivere la sismicità calabrese consistono nello studio dei terremoti del passato e nello studio della geologia e tettonica di questa regione, riconosciuta da sempre come uno dei luoghi maggiormente attivi di tutto il Mediterraneo. Questi elementi confluiscono in modelli di pericolosità sismica (Gruppo di Lavoro MPS, 2004; fig. 1), che puntualmente fotografano una propensione di questa terra a dare terremoti più forti e più frequenti di quanto non avvenga in qualunque altra zona della penisola.

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Questa relazione tenta di tratteggiare sinteticamente questa forte propensione alla sismicità, muovendosi tra le caratteristiche geologiche della Calabria e la sua poco invidiabile storia sismica. La relazione si avvale di risultati di ricerche recenti e recentissime, condotte sia presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), sia dalla comunità sismologica nazionale che fa riferimento alle università. La relazione privilegia ampiamente il materiale iconografico basato su tali ricerche. Per ulteriori approfondimenti si raccomandano i lettori di consultare il sito Internet dell’INGV (www.ingv.it), che nelle sue pagine interne offre numerosissime informazioni di facile accessibilità e comprensione.

2. Il contesto tettonico della Calabria centrale

La Calabria centrale è costituita dal blocco della Sila a Nord e da quello delle Serre a Sud, uniti da una lingua di terra nota come la Stretta di Catanzaro, dove il Mar Ionio e il Mar Tirreno si trovano a soli 30 km di distanza (fig. 2). Dal punto di vista fisiografico tale porzione di territorio consiste in una piana interposta tra i massicci igneo-metamorfici (1) della Sila Piccola a Nord e del Dossone della Melia a Sud.

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La Stretta presenta al suo interno settori distinti dal punto di vista morfologico. Il territorio ad Est di Catanzaro si divide in una parte bassa costituita da sedimenti di origine marina del Pliocene medio – Pleistocene e da una parte relativamente più rilevata costituita da sedimenti del Miocene. Il margine orientale delle superfici al tetto di entrambi i depositi segue l’andamento della costa ed è caratterizzato dalla presenza di un fitto reticolo idrografico con aste fluviali ortogonali alla linea di costa. Ad est, questa striscia di terreno è chiusa dal Promontorio di Crotone, costituito da resti di terrazzi marini sollevati.

Il lato tirrenico della Stretta di Catanzaro è invece costituito dalla piana costiera di Sant’Eufemia, caratterizzata da depositi alluvionali e dalla presenza del Fiume Amato, che si snoda circa da est ad ovest. Anche il margine settentrionale della Piana di Sant’Eufemia ha un andamento circa est-ovest ed è associato alla linea tettonica nota come Lamezia-Catanzaro.

Una delle principali particolarità di tutta la Calabria, che ne hanno fatto oggetto di studio da parte di ricercatori di tutto il mondo già a partire dalla fine del XIX secolo, è il veloce sollevamento a scala regionale a cui tutto questo settore è sottoposto (fig. 3). Gran parte della fisiografia della Calabria, a partire dal tipo di sedimenti affioranti per finire alle caratteristiche dell’idrografia, riflettono questo veloce e recente sollevamento. Si tratta comunque di un sollevamento residuale legato a processi geodinamici a grande scala, e solo in piccola parte di movimenti riconducibili all’attività di faglie sismogenetiche.

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I settori a nord e sud della Stretta di Catanzaro sono stati sede di molti dei terremoti più distruttivi della Calabria, tutti con magnitudo superiore a 6.5, […]. Tra questi ultimi, la sequenza del 27 marzo 1638, con epicentro vicino a Platania e magnitudo stimata prossima a 7, è stata di recente associata a una o più faglie sismogeniche nel massiccio della Sila, a sud-est di Cosenza. Per gli altri forti terremoti di questo settore invece ancora non è stata individuata una struttura che li ha originati, come nel caso del terremoto dell’8 marzo 1832, con epicentro nell’entroterra crotonese e magnitudo 6.5, che danneggiò gravemente l’area compresa tra Cutro e Petilia Policastro.

Il versante meridionale della Stretta di Catanzaro ha ospitato tre grandi terremoti che distrussero l’area tra Gasperina, Cortale e Polia il 4 aprile 1626, il 1° marzo 1783 e il 28 marzo dello stesso anno, quest’ultimo con magnitudo pari a 6.9. Più a sud, un altro terremoto interessò la Valle del Mesima, verso Capo Vaticano, il 5 novembre 1659. Infine, il terremoto dell’8 settembre 1905[…] si è probabilmente originato a mare, a nord di Vibo Valentia.

La Stretta di Catanzaro costituisce quindi un effettivo elemento di separazione tra due settori della Calabria la cui sismicità, egualmente distruttiva, si esplica in maniera diversa. La Valle del Crati e la Valle del Mesima sono due domini sismogenetici abbastanza ben conosciuti. Sebbene ancora oggetto di dibattito, nella Valle del Crati le principali sorgenti sismogenetiche sembrano avere un andamento circa N-S, mentre nella parte più orientale del massiccio della Sila avrebbero orientazione variabile tra N-S, NNW-SSE e WNW-ESE. In tutta l’estremità meridionale della Calabria le strutture sismogenetiche si dispongono invece secondo due orientazioni principali NESW e WNW-ESE, definendo una serie di segmenti quasi perpendicolari e apparentemente indipendenti tra loro.

[…] I terremoti della Calabria centrale sono quindi ben noti nei loro effetti e nelle loro localizzazioni epicentrali. Tuttavia molti elementi ancora mancano al completamento di un quadro generale della sismicità della Calabria, tra cui spicca l’esatta ubicazione delle sorgenti sismogenetiche e il loro inserimento nel quadro geodinamico complessivo dell’Italia meridionale. Ad esempio, non si riesce ancora a separare la componente di sollevamento certamente imputabile a un meccanismo regionale da quella eventualmente riconducibile alla tettonica verticale. L’analisi dei meccanismi focali dei terremoti indica una estensione mediamente orientata circa ESE-WNW per la Calabria meridionale, mentre non c’è accordo tra i ricercatori sull’effettivo comportamento della regione della Sila.

A dispetto del suo notevole potenziale sismogenetico, il complesso tettonico della Stretta di Catanzaro è un sistema scarsamente compreso che si viene a collocare tra i due sopra citati, probabilmente fungendo da svincolo tra settori a comportamento differente. Tuttavia, gli studi geomorfologici non sono ancora riusciti a fornire un quadro completo dei processi in atto in quest’area. Risulta pertanto difficile, allo stato attuale delle cose, poter indicare le sorgenti dei terremoti come quello del 1905, sebbene le ricerche in questo senso stiano procedendo attivamente.

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Mara Monica Tiberti, Umberto Fracassi e Gianluca Valensise – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma

Regione Calabria, Assessorato alla Cultura – Dipartimento di Fisica – Università della Calabria

NOTE

  1.  Si dicono ignee le rocce formatesi, come i graniti, dal raffreddamento in profondità, generalmente lento, di materiali allo stato fluido; metamorfiche quelle che nel corso della propria evoluzione vengono a trovarsi in condizioni di pressione e/o temperatura tanto elevate da subire un cambiamento della composizione e/o struttura originaria.

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