Sono tornato al mio paese
e ho ritrovato tutto come prima.
Soltanto non c’era mio padre
né quelli del mondo di prima…
Vennero gli amici a vedermi
coi loro visi di dispiaceri;
io ricordavo i loro piedi scalzi
e le toppe degli abiti di ieri,
e il ventre infantile sotto gli stracci
e il loro parlare di soprassalto,
quando la voce è nuova nel petto
e parla e vibra che l’impeto è tanto.
E non era più il tempo di prima
lungo ed infinito tra tramonti e aurore.
Sul vecchio campanile
un orologio batteva le ore.
Batteva i quarti e uno per uno
ribadiva i rintocchi dell’ora
incalzando senza tregua
il paese che non aveva premura…
La casa s’era consunta
durante la nostra assenza
quando i figli sono partiti
e anche i sogni hanno fatto partenza…
Sempre più piccola era la casa,
più stretta, più chiusa, finita;
e un tempo era stata vasta
e ora ci si muoveva a fatica:
s’era consumata piano piano,
s’erano lacerati i parati
ed era apparso il muro nudo
come quando fu fabbricato.
E all’alba quando partii
la gente andava per la poca luce;
la luna era una larva
come una cicala che ha cantato.
Io partivo non come un tempo
che correvo furtivo alla speranza,
ma come il seme che cade
alla fioritura d’una pianta.
Stavano ferme le montagne,
la luna era quella mia;
ecco laggiù ancora si lagna
il bambino di tanti anni prima.
CORRADO ALVARO
Foto: Orsomarso