HANNO “INTOSSICATO” IL MONDO e il mondo sta a guardare.

A distanza di oltre quattro anni dal crollo dell’industria finanziaria americana, il governo degli Stati Uniti ha finalmente avviato una causa civile contro uno dei principali responsabili del disastro economico. Nella giornata di lunedì, infatti, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato l’apertura di un procedimento legale presso un tribunale di Los Angeles ai danni della più grande agenzia di rating del pianeta, Standard & Poor’s, accusata di avere truffato gli investitori assegnando intenzionalmente valutazioni gonfiate a titoli tossici legati ai mutui subprime.

 

Standard & Poor’s, così come le altre due principali agenzie private operanti in questo ambito, Moody’s Investors Service e Fitch Ratings, non solo ha presentato come sicuri dei prodotti finanziari estremamente rischiosi ma, grazie ad essi, ha incassato ingenti profitti tra il 2004 e il 2008. Queste agenzie hanno fatto a gara nell’ottenere lucrosi contratti con le banche di Wall Street per valutare i cosiddetti RMBS (“Residential mortgage-backed securities”) o i CDO (“Collateralized debt obligations”), complessi prodotti finanziari derivanti da mutui che in gran parte non sarebbero mai stati rimborsati e poi offerti e venduti ad altre banche e investitori in tutto il mondo.

 

In questa competizione per accaparrarsi i clienti più importanti, S&P e le sue omologhe avevano tutto l’interesse ad assegnare la tripla A a questo genere di titoli, dal momento che le istituzioni finanziare da controllare preferivano optare per i servizi dell’agenzia di rating più disponibile ad emettere valutazioni positive per i propri prodotti.

 

L’indagine del Dipartimento di Giustizia che ha portato alla causa contro S&P è stata resa possibile anche grazie alla lettura di un vastissimo numero di e-mail interne che hanno dipinto un quadro chiarissimo della volontà deliberata di frodare gli investitori da parte dei vertici dell’agenzia di rating con sede a Manhattan.

 

Lo stesso ministro della Giustizia americano, Eric Holder, nell’annunciare la causa, martedì scorso ha affermato che “i dirigenti di S&P hanno presentato agli investitori e alle istituzioni finanziarie una realtà falsificata” e, allo stesso tempo, si sono resi responsabili di “altre iniziative volte a manipolare i criteri di rating e i modelli di valutazione, al fine di aumentare i guadagni e la loro fetta di mercato”.

 

Uno degli assistenti di Holder al Dipartimento di Giustizia, Tony West, ha poi aggiunto che, “a partire dal 2007, le maggiori banche si sono adoperate assiduamente per creare CDO dai mutui subprime più problematici, così da scaricarli sugli investitori e toglierli dai loro bilanci”. Secondo lo stesso West, il governo disporrebbe delle prove per sostenere “non solo che S&P sapeva quello che le banche stavano facendo, ma che le ha anche aiutate a farlo”.

 

Infatti, soprattutto tra la primavera e l’estate del 2007, “S&P ha assegnato la tripla A a quasi tutti i CDO valutati, nonostante i suoi rapporti interni mostrassero come le obbligazioni sui mutui, dalle quali dipendeva la qualità di questi stessi CDO, non avrebbero tenuto”.

 

La pubblicazione di svariate e-mail scritte da analisti di S&P contribuisce inoltre a comprendere quale fosse il clima all’interno dell’agenzia poco prima dell’esplosione della crisi nell’autunno del 2008. Già nel dicembre del 2006, ad esempio, un dipendente di S&P scriveva in una comunicazione interna che “le agenzie di rating continuano a creare un mostro sempre più grande, che è il mercato dei CDO. Speriamo solo di esserci tutti arricchiti ed in pensione quando questo castello di carte crollerà”.

 

Nel luglio del 2007, invece, un manager di una banca di investimenti ricordava ad un analista di S&P in una e-mail che “noi vi paghiamo e voi date un giudizio ai nostri prodotti; più il giudizio è positivo più soldi facciamo… Com’è possibile che siate imparziali ?”. Nello stesso anno, infine, un dipendente da poco assunto da S&P rispondeva così ad una persona che gli chiedeva del suo nuovo impiego: “Il lavoro va alla grande. A parte il fatto che il mercato degli MBS [Mortgage-backed securities] sta crollando, che gli investitori e i media ci odiano e noi stiamo tutti cercando di salvare la faccia… non ho di che lamentarmi”.

 

Da altri messaggi interni si evince poi come alcuni funzionari dell’agenzia fossero preoccupati per i metodi utilizzati nel valutare i prodotti finanziari, così che in molti spingevano per cambiarli, non prima però di avere sentito il parere “di un adeguato numero di banche di investimenti” a causa delle implicazioni che una tale modifica dei criteri di rating poteva comportare. Lo scrupolo principale di S&P non era dunque di utilizzare modelli efficaci e imparziali, bensì le reazioni dei clienti e l’impatto che essi avrebbero avuto sui suoi profitti.

 

Una e-mail del maggio 2004, nel pieno del dibattito interno sull’opportunità di cambiare i metodi di valutazione, metteva infatti in guardia da una mossa di questo genere, poiché S&P aveva appena visto svanire la possibilità di assegnare un rating ad un importante prodotto finanziario a causa della sua inflessibilità nel chiedere maggiori garanzie collaterali per esprimere un giudizio positivo. Per Mizuho, la banca giapponese che aveva creato il prodotto in questione, offrire maggiori garanzie avrebbe significato ridurre i profitti, così che il contratto di rating venne alla fine stipulato con Moody’s.

 

La causa intentata dal governo USA contro S&P, in ogni caso, si basa esclusivamente su una quarantina di CDO valutati dall’agenzia tra marzo e ottobre del 2007. Il Dipartimento di Giustizia intende chiedere una sanzione di 5 miliardi di dollari – una somma circa cinque volte superiore ai profitti realizzati dall’agenzia nel 2011 – per compensare le perdite subite da investitori, banche e fondi pensione.

 

Nonostante l’evidenza della condotta criminale di Standard & Poor’s e le durissime parole del ministro della Giustizia nei giorni scorsi, la causa aperta è però soltanto di natura civile e nessun top manager dell’agenzia risulta coinvolto penalmente. Ciò è perfettamente in linea, d’altra parte, con l’atteggiamento tenuto finora dall’amministrazione Obama, ben intenzionata ad evitare che uno solo dei responsabili della devastante crisi finanziaria esplosa nel 2008 paghi per i crimini commessi.

 

Le indagini avviate dal governo in questi anni contro svariate banche di Wall Street, accusate ugualmente di avere truffato i propri clienti, si sono infatti sempre risolte in patteggiamenti e sanzioni irrisorie. Che le cose non andranno troppo diversamente per quest’ultimo caso è confermato anche dal fatto che il Dipartimento di Giustizia ha trascorso gli ultimi quattro mesi cercando un accordo con S&P per evitare il tribunale. I negoziati si sono alla fine interrotti dopo che l’agenzia di rating si è rifiutata di ammettere le proprie responsabilità e di pagare una multa superiore ai 100 milioni di dollari.

 

Il procedimento legale annunciato martedì, inoltre, risulta a dir poco tardivo, visto che le responsabilità di S&P, così come di Moody’s e Fitch Ratings, per le quali non è chiaro se siano in corso indagini federali, erano già state messe in luce da inchieste commissionate dal governo. Il loro ruolo di “facilitatori del tracollo finanziario” tramite la valutazione positiva di titoli tossici per non mettere a rischio i propri profitti era stato scritto nero su bianco nel gennaio e nell’aprile del 2011 con la pubblicazione dei rapporti sulla crisi di Wall Street realizzati rispettivamente da una apposita commissione di indagine del Congresso e da una speciale sotto-commissione del Senato.

 

Anche di fronte alla palese evidenza di un sistema di rating totalmente manipolato e sottratto a qualsiasi regolamentazione, le agenzie come Standard & Poor’s continuano comunque ad incassare compensi milionari per i propri servizi, con ogni probabilità nascondendo tuttora la vera natura di complessi e rischiosi strumenti finanziari che minacciano di fare esplodere una nuova e ancora più rovinosa crisi economica in tutto il pianeta.

di Michele Paris

Da .altrenotizie.org/esteri/5317-il-rating-di-obama-su-sap.html

Foto: web

 

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