“Proprio per questo, a Simone sembra abbastanza immorale che gli offrano soldi per “aggiustare” come si dice in gergo, una partita col Cesena…”

Simone Farina

Simone è un ragazzo sveglio, sa che il suo mestiere comunque lo rende una spanna fortunato rispetto ad altri. Fare il calciatore anche in serie B, in una squadra che lotta per non retrocedere, è già una fortuna da baciare l’asfalto. In Italia i giocatori sono di numero superiore a quello che il bacino di utenza di tutte le serie, dalla A alla terza categoria, può contenere.
Proprio per questo, a Simone sembra abbastanza immorale che gli offrano soldi per “aggiustare” come si dice in gergo, una partita col Cesena in quella che una volta era la coppa Italia e ora viene denominata, per impeto epilettico di esterofilia sponsoristica, “Tim Cup” . Simone fa quello che in Italia è considerato eroico, ma dovrebbe essere la prassi. Denuncia alle autorità il tentativo di combine.
Viene considerato una mosca bianca. Definito un eroe. Appellativo pericoloso in suolo patrio. Perchè da noi eroe è prodromico dell’aggettivo “solo”, toccatevi gli attributi ogni qualvolta qualcuno vi chiamerà così. A Simone danno tutti pacche sulle spalle, lo lodano, lo convocano per un ritiro in nazionale, lo premiano alla cerimonia per il pallone d’oro. Sembra un sogno. Ma è lo stile delle lobby. Ti fanno credere di essere un loro esempio, di essere dalla tua parte. Ma non è così. Mentre Simone è ancora ubriaco di fama, mentre entra negli stadi e vede striscioni che inneggiano a lui, pian piano gli fanno il vuoto intorno. Tipico sistema mafioso d’alto bordo. La solitudine. Non occorre nessuna arma, basta non cercare, non contattare. Simone non è un talento. Per cui che resti senza squadra non può meravigliare nessuno. E così a chiusura dell’ultimo calciomercato l’eroe Simone Farina, difensore del Gubbio, resta disoccupato e praticamente costretto a finire la carriera, ritirandosi e facendo l’allenatore nello staff dell’Aston Villa.
Sembra lontana anni luce la storia del bimbo conteso a Cittadella, da questa immondizia calcistica, certi trascinamenti, violenze, atte a portare via un bambino alla madre e condurlo “amichevolmente” alla casa famiglia, scomodano aggettivi a dir poco volgari e che nulla hanno a che vedere con la competizione. Tra genitori non dovrebbe esserci gara, ma solidarietà, anche da separati. Un bambino che ancora vive inconsapevolmente la sua vita, non c’entra nulla con le beghe di due genitori che se lo contendono dopo il divorzio. Lo trattano come tratterebbero il regalo di nozze di un qualsiasi Zio Egisto, “è mio, no! È mio”. Nessuno chiede al bambino cosa voglia lui, intanto in primo grado in tribunale la spunta la madre, in appello il padre, un bel torneo di traumi e traslochi per il cucciolo.
Non è concepibile che a dieci anni ci si trovi a essere al centro di una contesa tra due genitori che non comprendono che cedere un passo l’uno farebbe la felicità del bimbo. O almeno limiterebbe i danni di una psiche ormai lacerata.
Invece ci si trincera dietro i propri diritti. Che ovviamente sono più importanti dei doveri.
Sembrano storie lontane, ma su un punto le vedo collidere in maniera singolare.
Simone e il bimbo avevano un sogno. Volevano solo giocare, in maniera pulita. Evidentemente, ultimamente, è proibito essere sé stessi.
Da informarexresistere.fr
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